-

Trentodoc Festival: il vino raccontato dagli scrittori

Confronto tra Massimo Donà, Isabella Bossi Fedrigotti, Alberto Toso Fei e Pietro Bortolotti

TRENTO - Il vino raccontato dagli scrittori, gli scrittori che ispirano le cantine Il vino è un’espressione d’arte e fin dall’antichità lo si beve e lo si celebra nella scrittura. In una corte di Palazzo Roccabruna davvero gremita, Divina Vitale ne ha parlato insieme a Massimo Donà, scrittore, filosofo e musicista jazz, Isabella Bossi Fedrigotti, scrittrice e giornalista; Alberto Toso Fei, scrittore e saggista, e Pietro Bortolotti, produttore di Cantina Salim, nell’ambito del Festival Trentodoc (foto credit Daniele Mosna).

Massimo Donà, nel suo intervento, si sofferma subito su una delle tante citazioni letterarie sul vino proposte da Divina Vitale, ovvero quella di Mario Soldati che afferma che “il vino è vivo e mai uguale a sé stesso”. In effetti, commenta scherzosamente il filosofo, "il vino è un po’ come Trump: imprevedibile". Un elemento per sua natura metamorfico che, come un’opera d’arte, nasce da un progetto ma poi il suo sviluppo e il risultato finale dipendono da una serie di variabili. È inoltre quella sostanza che ci rallegra e, un po’ come lo specchio attraversato da Alice, ci mostra quello che non sappiamo di noi stessi.

Isabella Bossi Fedrigotti racconta la propria infanzia profondamente legata al mondo del vino, in cui il momento della vendemmia influenzava l’umore della famiglia per tutto l’anno. Nelle sue parole si intrecciano le immagini dei carri che portavano l’uva in cantina e il divieto di mangiarla durante la raccolta, impossibile da rispettare.
Una storia di famiglia che racconta con orgoglio, soprattutto quando accenna alla scelta del padre di emigrare in Uruguay dopo che le bombe avevano devastato i vigneti e al suo ritorno per rimettere in piedi l’attività agricola.

Alberto Toso Fei ci porta invece in un viaggio virtuale a Venezia che può essere letta come un libro e offre moltissimi collegamenti con il mondo del vino, sia storici che artistici o toponomastici. A partire dalla probabile genesi del termine “ombra” per indicare il bicchiere di vino. Pare infatti che i mescitori di vino di Piazza San Marco seguissero l’ombra del campanile per tenere il vino fresco. E poi le locande, importantissimo luogo di incontro e di scambio di informazioni, soprattutto in una città di mercanti e navigatori, e spesso ritratte nei dipinti. Quelle indicate con il nome “Malvasia”, che davano il nome anche alle “Calle” in cui sorgevano, servivano in particolare solo vino di importazione e nessun cibo.

Pietro Bortolotti presenta il progetto di famiglia, Cantina Salim, profondamente connesso al mondo dell’arte e della letteratura, nella convinzione che non esistano confini netti tra i vari ambiti ma che le contaminazioni siano una ricchezza. Una visione espressa fin dalla realizzazione della cantina, costruita nel rispetto del territorio ma anche della funzionalità. E poi nel percorso di visita, in cui le varie fasi sono accompagnate da citazioni di grandi autori. “Mi ha sempre colpito – spiega – la capacità degli scrittori di raccontare e tramettere valori ed emozioni concrete che tutti sperimentano almeno una volta nella vita. Ed è quello che cerco di fare anche io, affidandomi alle loro parole per raccontare il nostro progetto”.

Conclusione affidata a Massimo Donà nella sua veste, questa volta, di musicista. Come nel jazz, in cui si parte dalle note per arrivare all’improvvisazione, così per salvaguardare la nostra tradizione non dobbiamo fermarci ad uno sguardo nostalgico del passato ma usarlo come trampolino di lancio per disegnare il futuro.
Ultimo aggiornamento: 27/09/2025 21:52:17
POTREBBE INTERESSARTI
ULTIME NOTIZIE