TRENTO - Il lavoro, dignitoso, qualificato e sicuro, è un pre-requisito per l’indipendenza dei giovani dalla famiglia di origine e per diventare propriamente “adulti”. L’incertezza lavorativa ed economica che consegue ad un lavoro insicuro e precario invece rappresenta un ostacolo sia alla realizzazione del proprio desiderio di fare famiglia, sia alla gestione della famiglia esistente. Alla situazione concreta delle giovani generazioni si aggiungono gli effetti di una pluralità di crisi (crisi climatica, guerre, incertezza economica globale) che creano insicurezze e preoccupazioni anche fra le coorti più giovani, con rilevanti implicazioni sulla loro vita presente e futura. E' stato il tema del panel "la famiglia tra lavoro, stabilità economica e nuovi progetti di vita", moderato da Marilena Guerra, direttrice di Trentino Tv, che si è tenuto oggi pomeriggio al Castello del Buonconsiglio.
Foto @Veneri - Archivio Ufficio Stampa PAT.

In apertura è intervenuto Achille Spinelli, vicepresidente e assessore allo sviluppo economico, lavoro, famiglia, università e ricerca della Provincia autonoma di Trento che ha dichiarato: “La stabilità economica è prerequisito fondamentale per permettere alle persone di costruire il proprio progetto di vita e quindi è difficile parlare di natalità se non si affrontano i temi del lavoro e del welfare. In tal senso siamo impegnati su più fronti, dalla conciliazione dei tempi vita-lavoro al rafforzamento delle retribuzioni, fino a leve incentivanti come l'Irap per le imprese che decidono di investire sui propri dipendenti, per far si che lavoro e benessere personale e familiare siano sempre meno in antitesi. Crediamo che investire sulla produttività, su modelli di welfare aziendali e sulla qualità del lavoro sia la strada maestra per essere territorio amico della famiglia e davvero conciliativo”.
Ha poi preso la parola Michele Cascarano della filiale di Trento di Banca d’Italia che, relativamente all’occupazione, ha dichiarato: “Emerge un quadro di forte cambiamento, lavorano meno giovani perché studiano per un arco di anni più lungo e lavorano meno anche in fascia 27 - 34 anni, che è quella in cui si crea un nucleo familiare. La situazione occupazionale sia di donne che uomini è comunque migliore in Trentino rispetto al resto d’Italia ed il gap di genere si è ridotto". Infine, ha rilevato alcune dinamiche importanti emerse da recenti studi, ovvero: se le donne lavorano, hanno più figli; le donne dopo la maternità scelgono il part time con riflessi sulla previdenza importanti; i congedi sempre più in capo alle donne che agli uomini; i servizi conciliativi sono più efficaci dei salari per le donne.
Elisa Brini, ricercatrice presso il Dipartimento di Statistica dell’Università di Firenze, ha ribadito che l’occupazione femminile è inscindibilmente legata alla voglia di maternità e che tale occupazione conta di più rispetto a quella del partner. Ha inoltre evidenziato che nelle famiglie odierne sono ormai indispensabili due redditi e, infine, ha presentato un dato relativo al desiderio di maternità che permane lo stesso nel corso dei decenni, anche tra i più giovani, ma che non si realizza per la mancanza del raggiungimento di traguardi quali l’occupazione stabile e la casa. 1 persona su 5 vede al ribasso il proprio desiderio di fecondità e le motivazioni in Provincia di Trento, secondo recenti indagini, sono per la maggior parte dovute al lavoro e alla conciliazione famiglia-lavoro e per questioni economiche.
Riccardo Salomone, professore ordinario di Diritto del lavoro dell’Università di Trento e Presidente di Agenzia del Lavoro ha sottolineato che "i bonus servono, così come gli assegni familiari e i congedi, ma occorre cambiare paradigma. È necessario accogliere giovani anche da altri Paesi fuori dall’Italia e la demografia potrebbe aiutarci a ottenere vantaggi in termini di minori costi energetici e climatici. Dal punto di vista politico, serve dare spazio anche a soggetti che vengono da fuori Paese. Le persone giovani che si laureano e vanno via portano a un rafforzamento delle povertà educative, servono politiche strutturali e di lungo termine".
A seguire è intervenuta Stefani Scherer, professoressa di Sociologia dell’Università di Trento che ha esordito affermando che “è impossibile parlare di famiglia senza parlare di lavoro: la famiglia è una cooperazione economica. La realtà odierna vede in una famiglia due genitori che lavorano e hanno bisogno di conciliazione. A livello demografico, ha aggiunto, la realtà odierna vede la crescita di famiglie monoparentali con donne anziane o single e, parallelamente, il declino delle famiglie con figli, con ripercussioni sull’economia e sulla previdenza e rischi di diseguaglianze e povertà. La piramide demografica si sta quindi ridimensionando e servono urgenti interventi statali per invertire la rotta”.
Festival della Famiglia al Castello del Buonconsiglio
Nella magica atmosfera natalizia del Castello del Buonconsiglio è iniziata la due giorni del Festival della Famiglia: oggi e domani laboratori, attività e divertimento per tutti. Nel corso del pomeriggio numerose famiglie e bambini sono state accolte dai trampolieri, dalla musica medievale e rinascimentale, da attori comici ed artisti di strada.
Grandi e bambini hanno potuto partecipare liberamente a letture condivise dove storie di draghi, cavalieri e principesse hanno incuriosito le famiglie e hanno potuto vivere in autonomia la visita al maniero con i Kit famiglia ovvero libretto-gioco e pagine gioco pensate per scoprire il castello in autonomia.
Oltre a queste attività continuative sono state proposte anche quattro attività per famiglia ad orario fisso che saranno ripetute anche sabato 22 novembre. Castello indovinello, è una visita esplorativa del Castello attraverso divertenti indovinelli ed enigmi in programma ad ore 10.00 e 14.30. Non è la solita storia (sabato ad ore 10.30; ore 15.00 e ore 16.00) vede invece protagonista Luna, la detective dell’arte, ispirata all’albo illustrato Luna Detective dell’Arte, l’esperienza si apre con la lettura del racconto e continua tra le sale del Castello, dove bambini e famiglie incontrano la magia della “polvere di stupore” e scoprono un modo nuovo e curioso di vivere il museo. Il percorso si conclude con la consegna del diploma di Detective dell’Arte. Il mese che non c’è è invece il laboratorio in Torre Aquila, previsto anche sabato ad ore 10 e 14.30 dove si vive un percorso tra le immagini del Ciclo dei Mesi, con un laboratorio conclusivo in cui i bambini potranno inventare e realizzare il “mese mancante”, dando sfogo alla loro immaginazione. Dal ritratto di famiglia al selfie di gruppo: è la quarta proposta ( sabato alle 10,30, 15 e 16) un viaggio tra le sale del Castello per scoprire come è cambiata la rappresentazione di sé e della famiglia, dall’antico ritratto al selfie di oggi, attraverso i racconti di uno storico dell'arte e di una consulente di immagine.
Al termine, chi lo desidera, potrà realizzare un moderno “ritratto di famiglia” insieme a un fotografo (consigliata la prenotazione su www.smartbooking.it).
Le trasformazioni nelle relazioni familiari al Festival della Famiglia
La trasformazione delle strutture familiari in Italia procede rapidamente, con nuclei sempre più piccoli, un aumento delle persone che vivono sole e relazioni tra generazioni che mutano profondamente. In questo scenario, la sfida per il futuro è capire come garantire sostegno, coesione sociale, servizi e reti relazionali capaci di accompagnare famiglie sempre più diversificate. È la riflessione emersa oggi al Castello del Buonconsiglio nel panel “Intrecci di relazioni familiari”, nell’ambito del Festival della Famiglia.
L’incontro, moderato da Francesco Terreri, caposervizio de il T Quotidiano, ha messo a fuoco i cambiamenti in atto attraverso dati, analisi e letture pedagogiche e demografiche del fenomeno, grazie agli interventi di Martina Lo Conte (Istat), Jessica Magrini (pedagogista), Elena Pirani (Università di Firenze) e Roberto Impicciatore (Università di Bologna).
Nel suo intervento, Lo Conte ha illustrato l'evoluzione delle famiglie italiane: se nel 2002-2003 quattro famiglie su dieci erano costituite da coppie con figli, oggi la quota è scesa sotto il 30%, mentre le famiglie unipersonali sono aumentate dal 25% al 36%. Le proiezioni indicano che entro il 2050 i nuclei familiari cresceranno in numero, ma saranno sempre più piccoli e composti da persone sole. Dinamiche - è stato detto - che influenzeranno sistemi fondamentali come welfare, pensioni, sanità, bisogni abitativi e consumi. Da qui la necessità – ha evidenziato – di monitorare costantemente queste trasformazioni per orientare politiche efficaci a livello nazionale e locale.
Sul valore delle reti familiari e intergenerazionali è intervenuta Elena Pirani, che ha ricordato come la famiglia non sia un’istituzione statica, ma parte di un sistema di legami in evoluzione. Oggi gli italiani possono contare mediamente su cinque parenti nell’arco della vita, un dato in diminuzione rispetto al passato e che riflette riduzioni nel numero di fratelli e sorelle, compensate in parte dalla presenza più prolungata di nonni. Questo mutamento, unito alla longevità crescente, porta a mantenere più a lungo i rapporti con la generazione ascendente ma a ridurre quelli con quella discendente, rendendo – ha osservato Pirani – il sostegno familiare una sfida sempre più complessa anche per le fasce adulte e anziane.
Jessica Magrini ha portato l’attenzione sui primi mille giorni di vita, momento delicato in cui non solo nasce un bambino, ma prende forma una nuova famiglia. Ha ricordato come i servizi educativi per la prima infanzia svolgano un ruolo cruciale non solo nella conciliazione vita–lavoro, ma anche nell’equità educativa e nella riduzione delle disuguaglianze, specie per i nuclei più fragili. In questo senso, ha citato come esempio positivo la misura regionale toscana “Nidi gratis”, che garantisce accessibilità universale ai servizi e pari opportunità formative. Per Magrini, sostenere le famiglie significa creare contesti di fiducia, inclusione e connessione, contrastando isolamento e solitudine attraverso un sistema di servizi in grado di accompagnare i genitori nelle fasi più sensibili della vita familiare.
Roberto Impicciatore ha ricordato come la preoccupazione che i figli possano avere un futuro peggiore dei genitori abbia storicamente alimentato la cosiddetta “transizione demografica”, rafforzando un modello familistico in cui la casa rappresenta un luogo di protezione e sicurezza. Il problema – ha spiegato – emerge quando tale rete familiare è fragile, distante o meno abbiente, perché viene meno un presidio essenziale in assenza di un welfare collettivo capace di supplire. Questa condizione riguarda non solo i giovani ma anche gli anziani, con il rischio di un doppio carico di cura che accresce le disuguaglianze.
Genitorialità al bivio: rendere possibile il desiderio di avere figli
Di fronte a un Paese che invecchia e a una natalità ai minimi storici, la sfida per il futuro è rendere possibile, per le giovani generazioni, realizzare il proprio desiderio di genitorialità.
Se da un lato cresce infatti il numero di chi non vede i figli come parte del proprio progetto di vita, dall’altro aumenta la quota di coloro che vorrebbero diventare genitori ma si scontrano con ostacoli economici, sociali e organizzativi. È il quadro disegnato oggi al Castello del Buonconsiglio di Trento nel panel “Fare figli oggi tra valori, aspettative e vincoli”, proposto nell’ambito del Festival della Famiglia.
L’incontro, moderato dal direttore del quotidiano “l’Adige”, Pierluigi Depentori, ha offerto una riflessione sul mutamento del rapporto tra giovani e genitorialità, confrontando la situazione italiana con due contesti europei molto differenti: la Scozia, che negli ultimi anni ha investito in modo significativo nel sostegno alle famiglie, e la Francia, tradizionalmente considerata un modello di riferimento per le politiche sulla natalità, ma che a sua volta sta iniziando a registrare un calo della fecondità.
A portare le proprie analisi e prospettive sono stati Agnese Vitali (Università di Trento), Alessandro Rosina (Università Cattolica di Milano), Francesca Fiori (Università di Strathclyde, Glasgow) e Giulia Ferrari (INED, Parigi), che hanno evidenziato dati, tendenze e possibili leve di intervento per riportare la scelta di avere figli al centro dei percorsi di vita senza che essa diventi motivo di rinuncia o penalizzazione.
Rosina ha sottolineato come l’Italia registri un livello di natalità molto basso da oltre quarant’anni, con un progressivo ridimensionamento della popolazione potenzialmente genitoriale. Una tendenza che, se non invertita, avrà conseguenze significative sul sistema sociale, economico e previdenziale del Paese. Sottolineando la grave incapacità della politica di capire le scelte da fare, Rosina ha richiamato la necessità di “ripensare il modello di sviluppo”, superando un approccio solo quantitativo ed investendo in capitale umano e ed in politiche che permettano ai giovani di progettare il proprio futuro, mettendo al centro i progetti di vita ed il benessere delle nuove generazioni. Senza questo cambio di passo – ha ricordato – l’Italia rischia di non riuscire a cogliere le sfide socio-economiche del prossimo futuro.
La professoressa Vitali, ha evidenziato come il calo della natalità sia un processo di lungo periodo, i cui effetti si avvertono con anni di distanza (meno studenti, chiusura di scuole, riduzione della popolazione attiva e squilibrio generazionale). Vitali ha individuato nella difficoltà dei giovani a raggiungere autonomia economica e abitativa una delle criticità principali del nostro Paese, dove un giovane di età tra i 25 ed i 35 anni vive ancora con i genitori. Un quadro che rende più difficile compiere scelte familiari in modo libero e consapevole, rispetto a contesti europei dove l’ingresso nella vita adulta avviene più precocemente. È qui che si inserisce la questione del divario crescente tra desideri di genitorialità e possibilità concrete di realizzarli.
Uno sguardo al modello francese è stato proposto da Giulia Ferrari. Oltralpe si investe il 2% del PIL , il doppio rispetto all’Italia, in misure a sostegno della famiglia e della conciliazione vita-lavoro (l’Italia l‘1%), con strumenti universali e strutturali nel tempo. Questo approccio ha consentito per anni di mantenere tassi di fecondità più elevati rispetto alla media europea e di ridurre le differenze tra famiglie con e senza figli. Al centro delle politiche – ha spiegato Ferrari – non solo trasferimenti economici, ma servizi diffusi e universali: sostegno all’accesso alla casa, congedi regolati, copertura dei servizi educativi e misure per favorire un ingresso più stabile dei giovani nel mondo del lavoro. Elementi, ha contribuiscono ad abbattere l’incertezza e ridurre la precarietà percepita e lo scarto di opportunità tra chi ha figli e chi non ne ha.
Francesca Fiori ha raccontato il caso scozzese, che a partire dal 2019 ha costituto una task force governativa sul tema della denatalità, avviando un percorso strategico e trasversale alle politiche sociali, volto a garantire pari condizioni di partenza a tutti i bambini, contrastare le disuguaglianze economiche e sostenere le famiglie nel lungo periodo. Pur con tassi di fecondità in calo – 1,25 figli per donna, con punte ancora più basse nelle grandi aree urbane – la Scozia ha introdotto misure mirate nel welfare, nella prima infanzia e nel sostegno ai nuclei a basso reddito, con un approccio che guarda non solo alla natalità ma alla qualità della crescita sociale e demografica. Tra gli esempi citati: strumenti di supporto universale alle famiglie, 1500 ore di scuola dell’infanzia gratuita a partire dal terzo anno d’eta dei figli, misure economiche aggiuntive rispetto al Regno Unito per sostenere le fasce a basso reddito.
Il documentario "Vita di famiglia"
Nell’ambito del Festival della famiglia è stato presentato questo pomeriggio presso la Cittadella della Famiglia il documentario “Vita in famiglia” di Giacomo Santini, che ripercorre la storia dei Villaggi SOS. Un filmato del 1971 recentemente restaurato dalla Cineteca della Fondazione Museo storico del Trentino.
La nascita dei Villaggi SOS affonda le sue radici in Austria, nel 1949, all'indomani della fine della seconda guerra mondiale. Quattordici anni dopo, nel 1963 il primo Villaggio del Fanciullo Sos nel nostro Paese fu costruito a Trento grazie alla lungimirante intuizione di Nilo Piccoli e Zita Lorenzi. Nello stesso anno nasceva l’Associazione Nazionale Sos Villaggi dei Bambini, oggi presente in Italia con cinque Villaggi Sos (Trento, Vicenza, Saronno, Mantova, Ostuni) e tre Programmi (Calabria, Torino e Milano).
In questi oltre 60 anni, centinaia di bambine e bambini rimasti orfani hanno trovato nel Villaggio Sos un ambiente in cui poter crescere.
«Nel 1970 mi telefonò il dottor Edo Benedetti, allora sindaco di Trento e presidente dell’Associazione Amici dei Villaggi SOS; mi chiese di realizzare un documentario per far sapere com’era nata questa idea e perché era stato costruito a Trento un Villaggio, ormai molto diffuso: nel centro del Parco di Gocciadoro 7-8 casette con un centinaio di ospiti, tutti bambini senza famiglia, che vivevano una vita normalissima, in casette unifamiliari: avevano una mamma, i fratelli e le sorelle di sangue non venivano separati, andavano a scuola, giocavano in cortile, facevano passeggiate». Racconta così Giacomo Santini, l’inizio dell’avventura che lo porterà a realizzare “Vita in famiglia”, girato nel 1971 e restaurato nel 2024 da Lorenzo Pevarello della Cineteca della Fondazione Museo storico del Trentino. Un viaggio dall'Austria fino in Puglia passando per Trento, che racconta la storia di questa organizzazione che conta ormai più di 500 villaggi sparsi in tutto il mondo. Sicuramente un'importantissima testimonianza storica.
Al talk che ha seguito la proiezione - moderato da Sara Zanatta - è intervenuto anche Andrea Rudari presidente del Villaggio del Fanciullo di Trento. Rudari ha riportato l'attenzione sulle caratteristiche del Villaggio oggi e sulle sfide che dovrà affrontare nel futuro. "Architettonicamente il villaggio di Trento non è cambiato molto, ma sono mutati i contenuti: oggi le "mamme" e le "zie" volontarie non ci sono più, ma ci sono persone che hanno seguito un percorso di formazione apposito per svolgere questo lavoro. I bambini piccoli sono molto meno rispetto ad una volta; l'età media al giorno d'oggi è attorno ai 15 anni; ci sono molti stranieri provenienti da zone di guerra e le situazioni che vivono gli ospiti sono legate ai principali disagi "moderni", soprattutto quello psichico" - queste le sue parole.
Rudari, pur evidenziando le complesse problematiche che il Villaggio si trova ad affrontare al giorno d'oggi, ha concluso sottolineando un aspetto molto positivo e cioè la grande vicinanza tra la città di Trento e il Villaggio, che può godere delle numerose donazioni fatte da parte dei cittadini.
Famiglie in bilico tra amore e regole
"Le famiglie sono impegnative, quelle di provenienza e quelle che costituiamo. La famiglia può essere un sogno, mantenerla nel tempo diventa un impegno. Non esiste una famiglia perfetta, non c'è una ricetta per non fare errori". Così la psicologa e autrice Ameya Gabriella Canovi, intervistata dalla direttrice di Radio Dolomiti, Michela Baldessari, nel panel che ha concluso la seconda giornata del Festival della Famiglia.
Ameya Canovi ha raccontato le tesi esposte nel volume "Di troppa (o poca) famiglia" in cui ha messo in guardia sugli estremi. La famiglia che stritola, che controlla troppo, oppure quella che è troppo permissiva, che non è presente. "Entrambi - ha detto - producono lo stesso effetto negativo sui figli. Una carenza o un eccesso causano la stessa stortura che porterà ad una richiesta di “risarcimento” nella relazione adulta"
"Tutte le famiglie - ha spiegato Ameya Canovi - hanno o hanno avuto qualche problema. Dal confronto nascono le soluzioni. Io non ho la ricetta, ci serve restare in ascolto, osservare, fare del nostro meglio, dirci le cose e confrontarci. Si tende, invece, a rascondere la nostra paura di essere genitori inadeguati. Fingere che non ci siano problemi. Ad esempio, i disturbi alimentari sono un campanello d'allarme. A volte certe mamme mi scrivono: "mio figlio non vuole andare dallo psicologo". Ma forse sono loro che dovrebbero andarci. Ci portiamo dietro delle zavore, la tristezza di mamma, il dolore di papà, ma come giovani alchimisti possiamo trasformare il carbone in oro. I miei genitori erano rabbosi? Ne devo prendere atto e trasformare la rabbia in forza, rinunciando alla parte di aggressività".
"Non dobbiamo impedire ai figli di crescere - ha spiegato - non dobbiamo opporci al divenire. L'esempio che diamo è molto importante. Se insegnamo ai nostri bambini a togliersi le scarpe prima di entrare in casa, lo faranno sempre. Noi replichiamo quello che è successo per anni, quindi anche le cose negative. Se sento il papà dire "cretina" alla mamma, penserò che sia normale. Come si spezza questa catena? Con la consapevolezza. Bisogna dire che così non si fa. Ci vuole coerenza dentro la famiglia. Il bambino impara quello che vede fare".
Ameya Canovi nel suo libro parte dal presupposto che ogni nucleo familiare è come un albero: le radici, forti oppure fragili, lo nutrono e lo sostengono e i rami crescono dando origine, in alcuni casi, a foglie e frutti. Insieme a coloro che sono venuti prima, quest'albero forma una foresta che può essere prospera e rigogliosa o, al contrario, poco accogliente. Trovare il coraggio di prendere il proprio vissuto e addentrarsi in quel bosco alla scoperta delle tracce di chi ci ha preceduto non è facile. Spesso, però, è l'unico modo per conoscere davvero se stessi.
"Perché è proprio da quest'accettazione che nascerà una forza nuova, la paura del giudizio degli altri lascerà spazio all'autenticità che solo chi può permettersi di essere se stesso fino in fondo conosce. Perché non c'è felicità se non impariamo la difficile arte di amarci. Riportare ordine nel sistema è possibile, riconoscendo i difetti e rientrando ognuno nel proprio ruolo, senza prevaricare gli altri elementi della famiglia. Si diventa individui - ha concluso - attraverso un "taglio emotivo" con la famiglia. Un nodo sciolto senza rabbaia, accettando l'imperfezione e l'umanità dei genitori, che hanno fatto quelo che potevano. Riuscire a perdonare il troppo dolore o il troppo amore e andare avanti".