TRENTO - Una tre giorni di incontri, attività, eventi e laboratori aperti a tutta la cittadinanza per indagare questa cellula fondante della nostra società che è quanto mai a rischio per via dei cambiamenti globali a livello economico, sociale e demografico.

È la “mission” del Festival della famiglia 2025 inaugurato oggi al Muse di Trento in una veste nuova e rinnovata. Un momento condiviso con i rappresentanti dei partner della manifestazione e dei cittadini, a cui hanno partecipato il ministro alla famiglia, pari opportunità e natalità
Eugenia Maria Roccella, intervenuta in diretta video, assieme al vicepresidente della Provincia
Achille Spinelli, al rettore dell’Ateneo trentino
Flavio Deflorian, al direttore del Muse
Massimo Bernardi, al presidente di TSM
Francesco Barone, al sindaco di Trento
Franco Ianeselli, al capo ufficio stampa della Provincia
Giampaolo Pedrotti che ha moderato il dibattito. Presenti in sala anche il presidente del consiglio provinciale
Claudio Soini, numerosi consiglieri provinciali, oltre alla direttrice dell’Agenzia per la coesione sociale
Miriana Detti.
“
È importante tornare a parlare di famiglia, non a livello ideologico ma partendo dal bisogno di famiglia che c’è, un microcosmo fondamentale del nostro vivere quotidiano che è antidoto alle tante solitudini che creano disagi e dipendenze - così il ministro
Eugenia Maria Roccella -.
La sfera familiare si lega profondamente alle diverse dimensioni in gioco, demografia, natalità, pari opportunità. Fin dal primo momento, come governo e ministero abbiamo cercato di offrire alle famiglie strumenti, occasioni e possibilità, intervenendo soprattutto a favore delle fasce più fragili della popolazione. I nuovi stili di vita, i bisogni delle donne e la libertà femminile devono essere accompagnati con provvedimenti adeguati. La questione demografica è centrale e deve essere affrontata a livello europeo. Se vogliamo produrre cambiamenti, concreti e a livello culturale, serve il coinvolgimento di tutti gli attori in gioco”.
Il vicepresidente
Achille Spinelli ha ringraziato tutti i partner e ha portato la visione della Giunta provinciale che ha investito sulla famiglia:
“Un percorso rinnovato, per il quale ringrazio tutti gli attori coinvolti, Agenzia per la coesione sociale, Tsm, Muse, Università, Castello del Buonconsiglio. Il nostro territorio si prende una responsabilità forte, quella di interrogarsi su come valorizzare questo nucleo centrale fondamentale della società. Quando nasce un figlio, specialmente il primo figlio, nascono anche dei genitori, persone che si mettono a confronto con qualcosa di nuovo. Questa grande esperienza dobbiamo cercare di accompagnarla con investimenti di aiuto. Per invertire l’inverno demografico occorre ragionare su tutti i livelli, come abbiamo provato a fare anche con le misure adottate nella manovra finanziaria. L’abbattimento del costo degli asili nido sulla base dell’ICEF, l’avvio delle attività estive nelle scuole elementari e medie, l’assegno di natalità per il terzo figlio vanno in questa direzione. Ci sono politiche nazionali ma il Trentino ha un orgoglio di lavorare in modo ancora più forte su questo tema e così continueremo a fare”.
Per il direttore del Muse
Massimo Bernardi il Festival della famiglia è un’alleanza, tra enti e realtà del territorio, nel quale anche i musei sono protagonisti. Il Museo delle scienze, il Castello del Buonconsiglio, la Fondazione Museo storico del Trentino: “Siamo uno dei partner di questa preziosa manifestazione, che accompagna l’evoluzione contemporanea dei musei, oggi sempre più luoghi di esperienza, aggregazione, coesione sociale e famigliare. Il nostro museo partecipa offrendo attività elaboratori a bambini e ragazzi per la comunità educante. Con i genitori, ad esempio, cerchiamo di parlare del valore della noia, che è anche uno spazio di libertà in cui può nascere la possibilità di vivere appieno il tempo delle nostre esperienze”.

Per il presidente di TSM
Francesco Barone si apre
“un festival nuovo, nella formula rinnovata con la partecipazione di Trentino School of Management e dell’Università di Trento, che parla di costruire il futuro: un Festival che guarda avanti. Come si costruisce il domani? Per dare risposte, servono le occasioni di confronto e di dialogo vero che solo un festival plurale può regalare.
Per riflettere sulla famiglia, che è l’elemento fondante delle nostre comunità, profondamente interconnesso con ogni altra componente della società, è necessario partire dal presupposto che occuparsi della famiglia significa mettere la persona al centro; mettere al centro i bambini, gli anziani, le fragilità e soprattutto i genitori che sono gli interpreti della complessità e su cui gravano le difficoltà. Significa avere consapevolezza, sulla via tracciata da San Giovanni Paolo II, che ‘l’avvenire dell’umanità passa attraverso la famiglia’, che è quindi interprete e specchio del mutamento della società rimanendo l’ancora nella tempesta”.
Per il rettore Flavio Deflorian “l’Università partecipa con piacere al Festival, offrendo un contributo di analisi e dati su un’esperienza che sembra alla portata di tutti ma che, allo stesso tempo, è complessa, perché mescola elementi emozionali e diverse concezioni valoriali. Sulla famiglia - aggiunge - occorre costruire una riflessione tutti assieme, partendo da ciò che ci unisce e non da ciò che ci divide, a supporto delle politiche e dei decisori pubblici. Le buone domande sono già un buon punto di partenza, per poi provare a costruire spunti utili al dibattito collettivo”.
Secondo il sindaco di Trento Franco Ianeselli “in Trentino c’è da anni un consenso forte sulle politiche a favore della famiglia, e il festival mostra la complessità del tema. Tra la famiglia che vorremmo e la realtà - che spesso ci parla di tanti nuclei unipersonali, magari formati da anziani soli – il festival aiuta ad accompagnare desideri e bisogni. Se vogliamo interrogarci sul fatto che ‘l’Italia sta scomparendo’, come dice qualcuno, non basteranno pochi anni di buone politiche familiari: l’invecchiamento e la transizione demografica richiedono di affrontare tutti i temi salienti, anche l’immigrazione e la fuga dei giovani all’estero. Con il Festival abbiamo una grande occasione per ragionare non solo sulle famiglie che vogliamo ma sulle su situazioni reali in cui siamo cercando sviluppare politiche migliori per i tempi in cui siamo chiamati a vivere”.
Genitori, gli errori educativi, il carattere dei figli, il senso di colpa
Con il suo stile tagliente, ironico e profondamente umano, Osvaldo Poli, psicologo e psicoterapeuta, autore di numerose pubblicazioni, ha guidato il pubblico del Festival della Famiglia in una riflessione sul ruolo genitoriale, tra aspettative irrealistiche e il bisogno di autenticità. Per Poli essere buoni genitori non significa essere perfetti, significa smettere di sentirsi in colpa.
"Abbiamo delle debolezze affettive che ci condizionano - ha detto - che taroccano il "software" della condizione genitoriale e non realizzano il bene educativo dei figli. Lo facciamo incosapevolmente, quindi la prima cosa da fare è diventare consapevoli degli errori che facciamo".
"Il vero errore? Credere che i figli siano perfetti e che basti amarli per renderli felici. Invece i figli nascono difettosi, come tutti noi. Hanno un temperamento, un software preinstallato con dentro dei virus. Non tutto è responsabilità dell’educazione. Oggi i genitori vivono nel panico: temono che il figlio si senta poco amato, che perda l’autostima, che diventi, scherza Poli, come lo zio degenere, ovviamente del marito. Ma educare vuol dire accettare anche il rischio del dolore. Non si può evitare tutto. I genitori devono accettare che l'educazione abbia dei limiti".
Secondo Poli bisogna ricordare ai figli che anche loro hanno dei doveri e non avere paura di dirgli la verità. Invece, dire la verità è fondamentale. Il troppo amore, senza misura, è dannoso. La virtù dimenticata è la temperanza: come una medicina, l’amore va dosato. Stare sempre addosso al figlio, sostituirsi a lui nei compiti lo rende fragile, non lo aiuta a crescere.
"I genitori sbagliano spesso in buona fede, senza accorgersene, perché condizionati da paure, sensi di colpa e convinzioni distorte sul loro ruolo. Questi “virus” educativi li portano a fare troppo o troppo poco, a proteggere o controllare eccessivamente, o a sentirsi sempre responsabili di tutto. A complicare le cose c’è l’idea errata che i figli siano il risultato diretto dell’educazione, mentre hanno un temperamento e dei limiti propri fin dalla nascita. Riconoscere i propri automatismi, i difetti dei figli e la non onnipotenza educativa è il primo passo per essere genitori “sufficientemente buoni”, non perfetti.
"Stare sempre addosso al figlio, pomparlo di lodi, non c’entra con l’amore ha detto ancora Poli. Il problema numero uno delle famiglie è la mancata di distinzione fra l’aiuto dovuto e il rimpiazzo nei compiti a casa. Incontro madri - ha aggiunto suscitando le risate del pubblico - che studiano a memoria i fiumi della Basilicata".
"Non tutto dipende dalle nostre capacità pedagogiche - ha concluso Poli - come se il figlio fosse un foglio bianco su cui scriviamo la sua storia. Invece no. Ogni individuo nasce con un software preinstallato. Si chiama temperamento e dobbiamo sapere che contiene dei virus, come quelli che infettano i pc. Non tutto è dovuto allo scarso amore, alla scarsa comprensione e alla scarsa vicinanza emotiva dei genitori. Più dei figli dobbiamo amare la verità e la giustizia".