ARCO (Trento) - Si è svolta la cerimonia di solenne commemorazione dei legionari cecoslovacchi Antonín Ježek, Karel Nováček, Jiří Schlegl e Václav Svoboda, catturati e giustiziati ad Arco mentre, nel corso della Prima guerra mondiale, combattevano con l’esercito italiano. La cerimonia è iniziata alle 10 con la santa messa alla chiesa Collegiata officiata dal parroco don Francesco Scarin, presente il coro Castel della sezione di Arco della Sat. A seguire si è formato il corteo, che ha percorso via Segantini e via Caproni Maini fino al monumento a San Venceslao, dono alla città Arco della Scuola artistica di scultura di Hořice, dove si sono svolte le onoranze. Quindi il corteo si è rimesso in marcia alla volta del monumento che si trova in località Prabi, in una stretta via tra gli olivi, nel luogo dove nel settembre del 1918 fu eseguita, per impiccagione, la sentenza di morte dei quattro giovani legionari. E dove si sono svolte le onoranze e si sono tenute le allocuzioni delle autorità.
Per l’amministrazione erano presenti la sindaca Arianna Fiorio e l’assessore alla cultura Massimiliano Floriani con una rappresentanza del Consiglio con il presidente Marco Manzoni; per la Comunità di valle il presidente Giuliano Marocchi; per la Repubblica Ceca c'erano il console generale di stanza a Milano Ivan Počuch con una nutrita delegazione dell'Associazione legionari cecoslovacchi (tra cui la sig.ra Eva Armeanova, il veterano di guerra Vojtech Plesnik e il segretario generale e capo delegazione Jiří Filip) e, per il ministero della Difesa, Pavel Filipek. Presenti anche membri in uniformi storiche con bandiere, nonché una delegazione di studenti del Liceo militare ceco di Moravska Třebová. Presenti anche il Gruppo alpini di Arco, che ha in cura il monumento, con il capogruppo Giorgio Vivori e l'ex capogruppo Carlo Zanoni, oggi consigliere sezionale. Presente anche la polizia locale con il comandante Filippo Paoli, un'ampia rappresentanza delle forze dell'ordine e delle associazioni d’arma, oltre a Giuseppe Ferrandi, direttore generale della fondazione Museo storico del Trentino.

«Come diceva poco fa il parroco -ha detto il capogruppo degli alpini Vivori- oggi non accettiamo di pensare ai fatti nostri e dire “se va bene a noi va bene a tutti”. No, noi vogliamo impegnarci, condividere con chi ci sta vicino, perché soprattutto in questi momenti di estrema difficoltà e di venti di guerra che aleggiano, solo la condivisione, il lavorare per costruire la pace ci permette di vivere in pace».
«Sono più di trent'anni che abbiamo ripreso a celebrare la cerimonia a questo monumento -ha detto il consigliere sezionale Zanoni- una cerimonia importante che assieme a voi abbiamo condiviso. È sempre una grande emozione, un'emozione che che ci fa pensare. Ci fa pensare a quanto hanno sofferto queste persone, questi vostri eroi ma anche tutti caduti di tutte le guerre sotto tutte le bandiere. Ci fa pensare a quanto noi siamo fortunati oggi a essere qui liberi, in pace. Credo che questo sia, almeno per noi alpini, che ci porta a ricordare i caduti: l'augurio che tutto il mondo possano provare queste emozioni per poter capire cosa vuol dire la pace e la libertà».
«Siamo consapevoli che il sacrificio di questi giovani legionari non appartiene solo alla storia di un singolo popolo -ha detto la sindaca Fiorio- ma rappresenta un passaggio fondamentale che ha contribuito a plasmare il volto dell'Europa e con essa quello dell'Italia e dell'attuale Repubblica Ceca. La nostra città è stata testimone di tragici fatti avvenuti in un'epoca in cui la guerra era ancora considerata uno strumento legittimo. A oltre cent'anni di distanza, nel ricordo commosso di quelle giovani vite spezzate, siamo oggi chiamati più che mai a una seria riflessione. Ricordare non è solo un dovere, è un monito e un messaggio universale che ci deve spingere a dire con convinzione che nessuna persona deve morire in guerra, per nessuna ragione. Ogni vita è sacra e merita rispetto.
Il nostro agire, il nostro pensare devono essere rivolti alla pace, alla cooperazione dei popoli, alla costruzione di un futuro condiviso. Eppure oggi il discorso pubblico a livello nazionale e internazionale mi sconcerta e mi preoccupa: sembra che il nastro della storia si stia riavvolgendo. La guerra, che sembrava essere divenuta un tabù per l'Europa dopo la tragedia dei due conflitti mondiali, viene evocata sempre più spesso con una narrazione che giorno dopo giorno sembra volerci preparare all'inevitabile. Ma il futuro non è già scritto, siamo noi con le nostre scelte, i nostri pensieri e le nostre parole a determinarlo. Siamo noi che non dobbiamo accettare un linguaggio pubblico che contempli ancora la violenza e la distruzione come strumenti di risoluzione dei conflitti. Nessuno deve più morire in guerra perché se la guerra riprende allora anche il ricordare perde valore. Ricordiamo per commemorare, certo, ma anche per imparare, per correggerci, per migliorarci come esseri umani. Sono per questo orgogliosa di aver giurato all'inizio del mio mandato sulla Costituzione italiana, un documento straordinario ricco di valori che all'articolo 11 tra i suoi principi fondamentali afferma che l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. E consente, in condizioni di parità con altri Stati, limitazioni della propria sovranità se necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni, e promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. Ogni parola della nostra Costituzione è stata scelta con cura, l'espressione “ripudia la guerra” è forte, chiaro e inequivocabile. È una scelta consapevole nata dal desiderio di superare il terrore, la morte e la distruzione delle guerre mondiali, e sottolinea l'impegno dell'Italia, almeno del suo popolo, per la pace, la cooperazione e la giustizia. Chi oggi parla di riarmo ci sta accompagnando verso l'orlo di un baratro. Sono persone che sembrano aver dimenticato la storia, incapaci di immedesimarsi nel dolore dei singoli».
La sindaca ha concluso con rivolgendo un pensiero speciale al dramma del popolo palestinese, «sperando che il silenzio assordante dei governi cessi al più presto. Quello che sta accadendo è inumano e intollerabile».
«Oggi ci siamo ritrovati per ricordare quanto sia importante la pace -ha detto il segretario generale dell'Associazione legionari Jiří Filip- solo le persone che hanno conosciuto la guerra riescono a capire davvero quanto sia è importante la memoria di questa vicende. Sono molto grato per questo evento che il Comune e gli alpini di Arco organizzano ogni anno, grazie per onorare la pace e grazie perché capite il valore di questa celebrazione e della pace».
«Questa celebrazione non è solo il ricordo dei caduti -ha detto il console Počuch- è un'espressione di profondo rispetto per il coraggio e la dedizione all'idea e ai valori che i legionari portavano nel cuore, in un periodo in cui l'Europa era sconvolta dalla guerra, quando decisero di combattere per la nascita della Cecoslovacchia libera, uno Stato che allora non esisteva ancora, che però viveva nella loro fede e nella loro speranza. L'Italia è diventata per molti di loro il luogo dell'ultima battaglia e dell'ultimo respiro, e anche qui ad Arco la loro storia è entrata a far parte della memoria comune europea». Quindi il console ha ringraziato la città di Arco e l'Associazione nazionale alpini per la cura del monumento e della memoria dei legionari, che «ci ricorda che la libertà non è scontata, ma il risultato del coraggio di coloro che erano disposti a combattere. Oggi, mentre affrontiamo nuove sfide, l'eredità dei legionari è più attuale che mai e ci insegna che l'orgoglio nazionale può andare di pari passo con la solidarietà internazionale; che il coraggio dei singoli può cambiare il corso della storia; che la memoria è un ponte tra il passato e il futuro».
In conclusione, lo storico e documentarista arcense Mauro Zattera ha consegnato all'Associazione legionari cecoslovacchi tre calchi di altrettanti incisioni realizzate da legionari cecoslovacchi e recentemente rinvenuti sul Baldo.