ROVERETO (Trento) -
"Senza più acqua"”: ripensare la gestione idrica nell’era della scarsità Al WIRED Next Fest Trentino 2025 il
geografo Filippo Menga ha avvertito che l’I
talia e il Mediterraneo stanno entrando in un’era di scarsità idrica. Servono pianificazione e giustizia sociale, non solo soluzioni tecniche. Ha proposto un nuovo “patto idrico” e avvertito che le attuali crisi geopolitiche rischiano di far dimenticare l’emergenza ambientale, aggravando la competizione per l’acqua.

L’incontro “
Senza più acqua” ha messo in evidenza un dato ormai innegabile: stiamo entrando in un’era di scarsità idrica.
Ghiacciai in ritirata,
siccità sempre più lunghe ed eventi di
pioggia estrema stanno cambiando la disponibilità d’acqua e mettendo sotto pressione città, agricoltura e industria.
«Non possiamo continuare a trattare un fenomeno strutturale come se fosse un’emergenza», ha ammonito
Menga, sottolineando che servono strategie di lungo periodo, non soluzioni tampone.
Menga ha ricordato come il ciclo dell’acqua sia stato a lungo descritto secondo un modello positivista che teneva separati natura e società. Ma oggi è evidente che l’azione umana lo modifica in profondità: l’acqua viene deviata, estratta e consumata per l’agricoltura, l’industria e persino per le nostre scelte alimentari.
"Dobbiamo iniziare a parlare di un ciclo idro-sociale – ha spiegato –
capace di intrecciare i ritmi naturali con quelli delle nostre economie e culture». Esempi concreti non mancano. Ad esempio, tra il
2021 e il
2022, nel
Regno Unito alcune aree hanno vissuto oltre due mesi senza piogge significative, trovandosi impreparate per mancanza di infrastrutture di irrigazione.
In Italia, nonostante la qualità dell’acqua potabile sia elevata, siamo il secondo Paese al mondo (dopo il Messico) per consumo di acqua in bottiglia – un paradosso che evidenzia la distanza culturale dal valore di ciò che sgorga dai rubinetti.
Nel suo ultimo libro, Thirst (Verso, 2025) – pubblicato in Italia come Sete (Ponte alle Grazie) – Menga racconta come la quantità complessiva di acqua sulla Terra sia rimasta sostanzialmente invariata, ma siano cambiate distribuzione e qualità. L’uso idrico globale cresce tre volte più velocemente della popolazione, mentre falde e bacini vengono contaminati da processi industriali e chimici.
"Per estrarre il litio, ad esempio, si consuma e si inquina una quantità enorme di acqua che poi diventa inutilizzabile", ha ricordato. Se da un lato i cittadini possono compiere scelte più consapevoli – ad esempio informandosi sull’impatto idrico dei prodotti che acquistano, dalle coltivazioni di avocado agli elettrodomestici – dall’altro Menga avverte che la responsabilità non può essere scaricata solo sui consumatori.
Servono politiche pubbliche, strumenti di regolazione e incentivi che spingano filiere e imprese verso modelli produttivi sostenibili. «Abbiamo etichette energetiche sugli elettrodomestici, ma non esistono indicatori chiari sul consumo d’acqua dei prodotti che acquistiamo», ha osservato. Dal confronto è emersa la necessità di costruire un nuovo patto idrico basato su tariffe eque, solidarietà tra territori e accordi internazionali, ma anche su un cambiamento culturale che riporti l’acqua al centro del contratto sociale. Menga ha avvertito che in un periodo segnato da nuove tensioni geopolitiche e da guerre che catalizzano l’attenzione dei governi e dell’opinione pubblica, il rischio è che le emergenze ambientali e climatiche vengano relegate in secondo piano. «Non possiamo più limitarci a reagire alle emergenze - ha concluso -: l’acqua deve diventare una priorità politica e collettiva, perché garantire l’accesso equo e sostenibile sarà una delle sfide decisive del futuro».