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Inaugurato a Malonno il Parco della Miniera

Costruiti due spazi da utilizzare come area di ristoro e di servizio

​​MALONNO (Brescia) - E' stato inaugurato ieri pomeriggio a Malonno il​ Parco della miniera, un recupero della miniera Ferromin e la costruzione di due spazi da utilizzare come area di ristoro e di servizio. Il lavoro è stato reso possibile - come ha sottolineato il sindaco di Malonno, Giovanni Ghirardi - grazie ad un finanziamento di Regione Lombardia di 1.750.000 euro e di Acque Bresciane di 105mila euro.

LA CERIMONIA
All'inaugurazione erano presenti, oltre al sindaco Giovanni Ghirardi, gli assessori regionali Giorgio Maione e Simona Tironi, i consigliere Claudia Carzeri e Diego Invernici, l'assessore alla Cultura ed allo Sport della comunità Montana di Valle Camonica Priscilla Ziliani, del sindaco di Edolo Luca Masneri e degli amministratori dell’Unione delle Alpi Orobie Bresciane, di Mauro Olivieri direttore tecnico di Acque Bresciane, del parroco Don Simone Ziliani, della preside dell'Istituto Comprensivo Mina Andreoli, della Casa di riposo Emilio Bianchi.

GLI INTERVENTI
"Con orgoglio e grande emozione - ha spiegato il sindaco Giovanni Ghirardi - viene inaugurato il Parco della Miniera della Ferromin: questo progetto rappresenta un ponte tra passato ed il futuro di questo luogo. Queste miniere, che per secoli hanno rappresentato una fonte di sostentamento, di lavoro e di ricchezza per Malonno, tornano a vivere. Non più come luogo di fatica e sacrificio per l’estrazione del ferro - la cui attività si è conclusa nel lontano 1953 - ma come spazio di memoria e di valorizzazione. Il nostro obiettivo, fin dall’inizio, è stato quello di riaccendere la luce su una parte fondamentale della nostra comunità".
"Le miniere - ha proseguito - non sono soltanto gallerie scavate nella roccia: sono storie di vita, di sudore, di dignità. Sono il simbolo del lavoro dei nostri nonni e bisnonni, che con sacrificio hanno costruito il nostro futuro, quello che oggi conosciamo".


Il primo cittadino di Malonno ha ringraziato Regione Lombardia che ha creduto in questo ambizioso progetto e ne ha sostenuto il finanziamento di 1 milione 750 mila euro, ed Acque Bresciane che ha contribuito con 105 mila euro.
"Permettetemi un grazie particolare a Claudia Carzeri per avermi aiutato sin dall’inizio in questo lungo percorso - ha sottolineato il sindaco di Malonno -. Nel 2020 nasce il progetto di recupero, nella primavera del 2023 partono i lavori di recupero terminati successivamente il 30 marzo 2025. Un grazie sentito e doveroso al Consorzio Forestale, in particolare al Direttore Piergiovanni Cervelli, che con professionalità, passione e due anni di duro lavoro, ha portato a termine le opere necessarie, restituendo alla comunità un luogo completamente rigenerato, sicuro e fruibile. Lo stesso ringraziamento lo porgo a tutti i professionisti che hanno lavorato al progetto in questi anni, ingegneri, architetti, geologici, archeologi e storici, grazie per la professionalità anche a tutte le ditte che hanno lavorato nel cantiere col consorzio".

OSPITE D'ONORE
Presente un ospite d’onore, che nonostante i suoi 96 anni, dopo aver percorso un centinaio di chilometri, ha voluto essere qui con noi; presente Lino Rota e sua moglie Mariuccia Abondio. Lino Rota fu tra primi soccorritori intervenuti durante la tragedia nella miniera di Marcinelle in Belgio nel 1956, dove persero la vita 262 minatori, dei quali 136 italiani.

"Oggi onoriamo la memoria - ha concluso Giovanni Ghirardi -. Far rivivere la miniera è il modo più autentico per ricordare le fatiche, i sacrifici, il coraggio di chi ci ha preceduto.
E al tempo stesso, è anche uno slancio verso il futuro, perché questo parco diventerà un nuovo punto di riferimento per il turismo, l’educazione ambientale e la valorizzazione del nostro patrimonio. Auguro un buon lavoro a tutti i ragazzi della Cooperativa Ferrominers, in particolare a Stefano, Diego e Paolo ringraziandoli per il supporto di questi anni di passione incondizionata per le miniere malonnesi".

LA STORIA
Malonno vanta una lunga tradizione legata all’estrazione di rame, cadmio e ferro. La storia della Feromin è raccontata da Angelo Moreschi: "La più praticata è quella riferita al ferro, la cui attività alcuni storici fanno risalire all’epoca romana. Indubbiamente l’estrazione e lavorazione del ferro ebbe sviluppi ulteriori a partire dal 1400, con l’attivazione nel 1500 del nuovo forno fusorio. Per Malonno la lavorazione del ferro e la sua commercializzazione costituì un importante tassello nell’economia locale con l’impiego di numerosi addetti nell'escavazione del materiale, nel trasporto al forno fusorio, nella fusione del materiale, nella lavorazione del ferro nelle officine, nella commercializzazione nei mercati di Pisogne, Brescia e Bergamo. Non dimentichiamo l’opera preziosa dei carbonai nel fornire il combustibile per il forno fusorio".

Alla fine del 1800 il ferro ricavato a Malonno non era più competitivo nei confronti di quello ricavato in altre parti d’Europa e il forno fusorio venne spento. Ne risentì l’occupazione locale ed in quegli anni iniziò l’emigrazione in Europa e nei paesi oltre oceano come l’America e l’Australia.

In pieno regime fascista, in nome di una dichiarata autarchia economica, a Malonno si riprende l’attività estrattiva del ferro. Già nel 1932 l’Ilva aveva chiesto la concessione estrattiva per la miniera Petazza Coste, ma nel 1937 subentrò la Ferromin (Società anonima mineraria siderurgica), istituita a Roma nel 1939, con la Direzione a Genova e riaprì la miniera collocata in località Radel. Vengono esplorati e sfruttati i cunicoli abbandonati ormai da un cinquantennio e allargandoli opportunamente si estrae ancora materiale ferroso. La Ferromin realizza vicino alla ferrovia un complesso impianto di torrefazione del materiale ferroso: tre forni a tino di cui uno per la cottura (ancora visibile), 2 silos per il materiale, montacarichi, uffici, magazzino e alloggio per il guardiano.

All’inizio la roccia sminuzzata, utilizzando il trasporto ferroviario, viene trasportata direttamente a Genova o Trieste dove è fusa per ricavare ferro. L’attività mineraria era tecnicamente seguita da un ing. sardo, Melis, che alloggiava nel centro storico del paese, in una casa privata.

Per Malonno il ripristino dell’attività estrattiva del ferro, pur in una zona limitata, rappresentò una boccata d’ossigeno per l’occupazione. Infatti furono impiegati un centinaio di minatori, quasi tutti malonnesi. Il loro lavoro era faticoso e rischioso per la salute. All’inizio l’attività era principalmente manuale, successivamente furono introdotte perforatrici meccaniche prima ad aria e poi ad acqua.

Nel corso della guerra gli operai addetti nella miniera trascorsero momenti di apprensione e paura. Il costituito esercito italiano con la creazione della Repubblica di Salò (fine 1943) aveva continuamente bisogno di arruolare soldati. Il 5 aprile 1944, nel pomeriggio, soldati tedeschi, comandati da un ufficiale, si presentarono agli uffici della miniera Petazza Costa, sfruttata dalla Ferromin. Controllati i registri prelevarono 33 operai; di questi ne scelsero 6 e furono portati a Bergamo. Sottoposti a visita, due di essi furono arruolati nell’esercito fascista.

L’attività mineraria fu sospesa nel 1947 per la concorrenza spietata di altri Paesi europei e africani. Nel 1951 i lavori di estrazione del materiale ferroso furono ripresi. Si continuò ancora per alcuni anni, ma ormai cavare a Malonno non era più competitivo e non c’erano più i contributi statali. La Ferromin cessò l’attività nel 1953".​
Ultimo aggiornamento: 23/08/2025 13:35:25
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