Sono le 10:30 circa e, siccome il sole va e viene, prima di rifocillarci trovo necessario fare le prime foto-ricordo davanti al bacino e poi alcune specchiate, sempre suggestive, con distese di slavati eriofori un po’ ovunque.
Scruto il discreto moloch davanti a noi e, da poco esperto alpinista del lunedì-martedì, decido di approcciare il versante a destra guardando, dove c'è un canalino verde che porta a una selletta tondeggiante, dalla quale salire poi alla cima. L'unica donna del gruppo è invece attratta dalle crestine del lato opposto. Mi avvio verso la meta, passando abbastanza facilmente di sasso in sasso, confortato anche da un paio di ometti di pietra che trovo quasi subito.
Il lago di Pisa rimane progressivamente più in basso alla sinistra della mia salita. Superata la pietraia di base e il successivo ghiaione, entro nel canalino erboso, lungo il quale si sale a zig-zag in relativa sicurezza, anche per frequenti appoggi del piede tra le zolle, segno di precedenti salite. L'erba però è bagnata e allora trovo più prudente scegliere il filone roccioso a sinistra, tra il canalino e il ripido ghiaione che scende a cono dalla cima. Mi fermo per scattare qualche foto e rassicurare con gesti i giovani compagni rimasti a bordo del lago a patire un po’ il freddino. Miriam è nel frattempo rientrata alla base, scoraggiata - mi dirà - dall'erba scivolosa.
Entro nel bel terreno di gioco fatto di grandi massi e qualche roccetta; dopo non molto arrivo all’anticima, dalla quale appare, un poco arretrata, la vetta con la croce.
Mi vengono in mente Giacomo Salvadori e compagni del CAI Santìcolo, che l’hanno forgiata, portata e posata quassù nel 1989. Poi le immancabili foto al paesaggio circostante: il Pasò, la Valle di Campovecchio e il Padrio a nord; le cime delle Orobie cortenesi e la Val Rosa a nord-est, Palone del Torsolazzo, Torsoleto, Castèl di Pìcol e Culvègla a est; Borga, Torsoleto e Largone con in secondo piano Camino e Presolana a sud-est; Teglio, Bernina, Torsolazzo, Pasò e Val Poschiavo a nord-ovest.
Inizio della discesa dalla cresta nord-est, dove ci sono evidenti tracce di passaggio nel pietrame mosso, poi giro a sinistra per rientrare nella conca di Pisa, scendendo con circospezione qualche muretto verticale. Il lago di Pisa rispecchia bei pennacchi e si avvicina sempre più, sebbene la discesa nello sfasciume sia lunga e a suo modo faticosa. Biancheggiano qua e là, tra la maggioranza di quelli scuri, massi erratici contenenti quarzi.
Ancora qualche foto specchiata con protagonisti i ritrovati compagni d’escursione e nuvole rococò, poi giù verso il gruviera nel pascolo, disseminato dalle tane di marmotta del Foppo Alto. Traversata di rientro per il medesimo sentiero 326 Magnolta – Veneròcolo, allo stesso tempo adatto alle due-ruote e alle due-scarpe. Favorevole visione pomeridiana del ruscello che precipita con una profonda cascata in Val di Campo, fiori confortati dal sole e finalmente riaperti, frutti di bosco intiepiditi e addolciti dal tepore.
Infine, ecco alcuni nuovi, bei passaggi iniziali (per noi finali) nel bosco del percorso mtb, poco prima della Magnolta. Abbiamo riconosciuto, tra le piante: felci come la Huperzia selago, l’Astranthia in fase di maturazione e dispersione dei semi, la Gentianella insubrica (dubbio con la germanica), la Saxifraga bryoides, la Saxifraga stellaris, l’Erica carnea accanto alla Calluna vulgaris, l’Astranthia minor, qualche Sempervivum gigante, l’Eriophorum latifolium (o vaginatum), lo Helianthemum e qualche altra più comune.
Non c'era fila, in ogni caso per ammirare il multiforme e multicolore spettacolo al nostro vero stadio delle Alpi. Forse è stato meglio così.