TRENTO -
“Come allenatore ho sempre cercato di creare un senso di gruppo. Perché quando si riesce a essere amici ci si sveglia un giorno scoprendo di essere arrivati a un livello superiore nel gioco”. Con questa semplice frase,
Luciano Spalletti, intervenendo al Festival dello sport di Trento, ha riassunto la sua lunghissima carriera, frutto di gioie, molti successi e qualche rammarico. Di fronte a un pubblico di tutte le età, arrivato da ogni angolo d’Italia per seguire il suo intervento, l’allenatore si è aperto completamente, ricostruendo attraverso aneddoti e fatti personali il proprio curriculum calcistico.
Il filo rosso dell’incontro, tenutosi all
’Auditorium Santa Chiara e moderato dal giornalista sportivo
Stefano Agresti, è stato i numerosi libri, di settore e non, che hanno avuto un significato simbolico per Spalletti quale allenatore
(Luciano Spalletti foto credit Martina Massetti Pat).
“Per me è sempre stato fondamentale - ha spiegato -
avere un buonissimo rapporto con i miei calciatori. Mi sono sentito un po’ un papà e li ho sempre difesi a spada tratta. Poi però bisogna stare attenti su tante cose ed essere degli equilibratori. In Nazionale ho commesso l’errore di trasferire troppo questo mio amore per il calcio. Ho cercato di trasferire questo modo di vivere la mia professione: forse ho sbagliato. Ai calciatori ora serve di più essere leggeri, perché hanno tante pressioni.
Io ho tentato di far capire loro che il calcio è una cosa seria”.
Sulla sua storia, l’allenatore ha voluto essere chiaro, specificando come, partito dalle case popolari e dalle giovanili della Fiorentina, si sia sempre dovuto scontrare con la realtà. “Nessuno - ha detto - mi ha mai regalato nulla nella mia vita, ma ho sempre conquistato tutto da solo. Ad esempio, non ho mai avuto un procuratore nella mia carriera, né come calciatore, né tantomeno come allenatore”.
Parlando poi del suo amore per la terra d’origine, Spalletti ha voluto far emergere il suo lato più umano. “Sono un grande amante della terra. Penso che ciascuno possa anche essere proprietario di un pezzo di terra, ma non della bellezza che ci sta sopra. Quella appartiene a tutti ed è un dono di Dio. Come gli animali, di cui bisogna prendersi cura”, ha affermato.
Spazio anche all’autocritica e all’analisi delle partite degli Azzurri con Svizzera e Norvegia. “Ho ancora il martellamento nella testa di quelle sconfitte, ma non voglio togliere nulla del dolore che mi generano”.
Sulla Nazionale di Gennaro Gattuso, invece, il parere è decisamente positivo. “A questa Italia non manca nulla, e andrà sicuramente ai Mondiali. Gattuso ha le qualità e le soluzioni innovative per fare la differenza. Tutto può succedere e niente è scontato, ma credo che questa Nazionale abbia le possibilità di diventare forte”.
Infine una carrellata su diverse questioni, anche intime, come il rapporto d’affetto con Francesco Totti, l’amore per il Napoli e le difficoltà nel confrontarsi con il suo presidente, gli anni allo Zenit San Pietroburgo e il piacere della solitudine nella natura.