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Sabato 4 ottobre 2025
I messaggi della giornata al Wired Next Fest Trentino
Il cervello non ascolta soltanto, interpreta. Timbro, ritmo e spazio sonoro influenzano profondamente attenzione, memoria, emozioni e perfino la percezione visiva, con effetti concreti sul benessere quotidiano e sulle decisioni che prendiamo.
È questo il cuore dell’incontro “Quel suono nella testa”, ospitato all’interno del WIRED Next Festival di Rovereto, con la partecipazione della professoressa Louena Shtrepi, docente di Fisica tecnica ambientale e acustica applicata al Politecnico di Torino, e del professor Massimiliano Zampini, neuroscienziato del CIMeC – Università di Trento.
Durante il talk è emerso come il suono sia molto più di un semplice stimolo uditivo: è un elemento che dialoga costantemente con tutti gli altri sensi.
Zampini ha illustrato con un esperimento emblematico come il suono possa influenzare la percezione del cibo: “Abbiamo registrato il suono delle patatine durante il morso. Riproducendo quel suono in cuffia con una maggiore amplificazione, le patatine sono state percepite come più fresche e croccanti. Anche se erano fisicamente identiche”.
Shtrepi ha sottolineato quanto l’ambiente sonoro influenzi la nostra percezione e i nostri comportamenti: “In un ristorante rumoroso siamo costretti ad alzare la voce. Questo incide non solo sull’esperienza del pasto, ma anche sullo stress e sul benessere complessivo. Il potere del suono nella vita quotidiana è ancora molto sottovalutato, ma su questo stiamo lavorando con crescente attenzione”.
Il suono nascosto del cibo
La mostra "Food Sound", al MUSE di Trento fino all’11 gennaio 2026, esplora proprio il lato invisibile – o meglio, udibile – del cibo.
“Il cibo – spiega Shtrepi – è un’esperienza multisensoriale che coinvolge gusto, olfatto, vista, tatto… ma spesso dimentichiamo il ruolo fondamentale del suono. Eppure anche questo influisce profondamente sulla nostra percezione”.
Nel progetto Food Sound, ad esempio, il suono del cibo viene esplorato e valorizzato in maniera immersiva: dai rumori della cucina ai suoni della masticazione, tutto è registrato con tecnologie avanzate, come microfoni a 19 capsule e registrazioni binaurali in camere anecoiche (ambienti privi di rumore di fondo), in collaborazione con l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo.
Progettare spazi che suonano meglio
Un altro tema centrale del talk è stato il ruolo del suono nella progettazione degli spazi: ristoranti, scuole, musei, ospedali.
“Lavoriamo per rendere questi ambienti più accoglienti e accessibili a livello acustico – spiega Shtrepi –. Il suono può creare identità, suscitare emozioni e facilitare l’orientamento, soprattutto per chi ha difficoltà uditive”.
Zampini ha richiamato l’attenzione sul tema dell’inquinamento acustico, spesso trascurato: “Viviamo immersi nel rumore senza rendercene conto. E spesso non siamo nemmeno più abituati al silenzio. Questo ha un impatto diretto sulle nostre capacità cognitive e percettive”.
L’invito dei due ricercatori è chiaro: imparare ad ascoltare consapevolmente i paesaggi sonori che ci circondano, e progettare spazi più attenti al benessere sensoriale delle persone, a partire proprio dal suono.
“Nei luoghi che viviamo ogni giorno – conclude Shtrepi – è spesso difficile descrivere il suono a parole. Per farlo, usiamo aggettivi presi da altri sensi: ruvido, dolce, chiaro. Questo ci dice quanto profonda sia l’interazione tra i nostri sensi. Proviamo a farci caso".
L’era dei ChatBot: la società come “laboratorio” per il loro sviluppo?
La società di oggi è diventata un “laboratorio” in cui i ChatBot imparano e si sviluppano a spese della cittadinanza? E se le cose stanno davvero così, come regolarizzare tutto ciò? È stata una discussione tra richieste di intervento e appelli a prestare attenzione all’utilizzo dell’intelligenza artificiale quella tra Giada Pistilli, filosofa e responsabile dell'etica dell'intelligenza artificiale in Hugging Face e l’avvocato Guido Scorza, giornalista e professore nonché componente del Collegio del Garante per la protezione dei dati personali. Al teatro Zandonai di Rovereto si è discusso della “Legge morale delle macchine”, nella seconda mattinata del WIRED Next Fest.
Se da una parte l’intelligenza artificiale (e la tecnologia in generale) sta facendo passi da gigante e in tempi molto rapidi, dall’altra bisogna prestare grande attenzione al modo in cui si sta sviluppando la ‘relazione’ tra esseri umani e macchine. E occorre interrogarsi sul modo di comportarsi di queste ultime ed in particolare dei programmi ChatBot. “Dopo la pandemia di Covid abbiamo visto un vero e proprio ‘boom’ dei ChatBot. Perchè? Semplice: la pandemia più feroce oggi è quella della solitudine – ha spiegato l’avvocato Scorza. – Ecco allora che questi programmi sono arrivati come un vaccino ad un problema molto più ampio. I ChatBot sono gratuiti, aperti tanto ai minori quanto agli adulti, ci sono sempre ad ogni ora del giorno e soprattutto non giudicano gli utenti, cosa che invece spesso fanno le altre persone. Scommettono sul conquistare la fiducia dell’interlocutore per portarlo verso le direzioni più diverse. La capacità manipolativa dei ChatBot è diventata un tema oggi, basti pensare al modo in cui rispondono agli utenti: fanno il possibile per trattenerlo nella conversazione che hanno instaurato, a testimonianza del fatto che si tratta di un prodotto orientato al mercato”.
Dal canto suo, Pistilli si è collegata a questo discorso aggiungendo un altro elemento importante: “È vero che i ChatBot fanno di tutto per tenere l’utente ‘attaccato’ alla conversazione, ma ad un certo punto viene raggiunto un limite tecnico e in quel momento viene richiesto proprio all’utente di pagare per procedere con ulteriori servizi. Ecco allora che si scopre il vero obiettivo del programma. E le persone sono portate a farlo per vari motivi, come ad esempio le lusinghe che i ChatBot scrivono durante le conversazioni. Così facendo, tuttavia, il rischio per l’utente è che si crei una vera e propria dipendenza. Chi utilizza i ChatBot deve prestare grande attenzione ai tempi che trascorre nel chattare con essi. Così come alle tipologie di risposte che vengono fornite: non bisogna dare fiducia al cento per cento al programma”.
C’è poi un altro tema sul quale Scorza e Pistilli si sono detti d’accordo: l’etica e il controllo nei confronti dei ChatBot da parte di chi li gestisce, così come la necessità di trovare strumenti capaci di garantire la sicurezza degli utenti. In particolare di bambini e ragazzi, per i quali si sono registrati casi tragici come il suicidio di un adolescente americano, ‘supportato’ in questo gesto estremo proprio da un ChatBot con cui ha intrattenuto una lunga conversazione. Nonostante questo, hanno aggiunto i due esperti, nessuna comunicazione è arrivata alla famiglia, all’oscuro di tutto. “Abbiamo tradito tutte le regole e soprattutto siamo andati oltre il buonsenso – hanno concluso Scorza e Pistilli. – Purtroppo oggi il mercato è diventato un laboratorio in cui si sperimentano le cose più varie. Stiamo assistendo a progressi sotto diversi punti di vista, è vero, ma a quale prezzo? Non si sta facendo sperimentazione in ambiente sicuro e le 'vittime' sono le persone comuni che, in questo contesto, diventano vere e proprie cavie. E non crediamo a chi ci dice che non conosce le conseguenze di queste azioni. Servono regole, cominciando con l’esclusione di bambini e ragazzi da questa situazione”.
Dialogando con le macchine
Al WIRED Next Fest 2025, nella sessione “Dialogando con le macchine” al Palazzo del Bene di Rovereto, Riccardo Gallotti, Science ambassador e responsabile del laboratorio Computational Human Behavior (CHuB) della Fondazione Bruno Kessler, moderato da Philip Di Salvo ha dialogato con Alfio Ferrara, professore ordinario di Informatica all’Università degli Studi di Milano e delegato per l’AI Literacy. Insieme hanno affrontato un tema che non riguarda più solo la tecnologia, ma la qualità stessa del dibattito pubblico: la crescente capacità dell’intelligenza artificiale di persuadere gli esseri umani.
Riccardo Gallotti ha raccontato il lavoro del suo team di ricerca, che indaga come le persone si comportano e interagiscono in contesti complessi, studiando fenomeni come cooperazione sociale, fiducia e disinformazione. “Al CHuB Lab lavoriamo in modo interdisciplinare, fianco a fianco con psicologi, sociologi, economisti, ingegneri dei trasporti ed esperti di IA”, ha spiegato. “Negli ultimi anni l’attenzione si è concentrata in particolare su disinformazione e fake news, in un contesto radicalmente trasformato dall’arrivo dell’IA generativa. Oggi chiunque, senza competenze specifiche, può creare testi, immagini e video realistici: uno strumento potente, che apre a straordinarie possibilità creative ma anche a diversi rischi, dalle campagne d’odio alla manipolazione politica. A questi si aggiungono minacce più sofisticate, come il microtargeting e le campagne di disinformazione online gestite da bots, in grado di amplificare messaggi persuasivi e orientare l’opinione pubblica in maniera mirata e difficilmente controllabile.”
Per misurare concretamente questa capacità persuasiva, Riccardo Gallotti con il suo ed altri team di ricerca hanno condotto un esperimento, pubblicato su Nature Human Behaviour insieme a EPFL e Princeton. Oltre 900 partecipanti hanno preso parte a mini-dibattiti accademici, dove un avversario umano e un modello basato su GPT-4 si confrontavano su temi politici e sociali. Il risultato è stato sorprendente: nel 64,4% dei casi è stata l’IA a convincere di più il pubblico. Inoltre, quando i partecipanti sapevano di parlare con una macchina, tendevano a cambiare idea più facilmente rispetto a quando si confrontavano con un essere umano.
Questi dati mostrano un passaggio critico: la persuasione, un’abilità sociale tradizionalmente umana, è oggi alla portata di algoritmi accessibili a chiunque. “L’IA ha reso la persuasione più facile, veloce e accessibile” ha sottolineato Gallotti. Ecco perché il dibattito non può limitarsi a valutare le potenzialità tecniche: bisogna riflettere su come queste tecnologie influenzeranno la democrazia, l’informazione e la fiducia tra le persone. Un punto centrale è anche la quantificazione del linguaggio: le macchine non fanno altro che mappare i dati di training, ossia ciò che hanno “mangiato” rapidamente negli ultimi anni e che continuano ad assimilare. Il linguaggio che generano è infatti statistico, e può cambiare in base alle informazioni che forniamo loro. “Se la macchina non può essere critica, dobbiamo esserlo noi”, ha aggiunto Gallotti.
A questo punto, il Prof. Alfio Ferrara ha sottolineato l’importanza dell’AI literacy, cioè la capacità diffusa di leggere criticamente i messaggi generati dalle macchine. Ha ricordato come non basti più considerare queste tecnologie un sapere tecnico riservato agli esperti: è necessario renderle comprensibili a tutti, perché i cittadini possano capire come viene prodotto il linguaggio delle macchine e sviluppare strumenti critici per valutarlo. Se gli algoritmi apprendono dai nostri comportamenti e sanno adattare le loro argomentazioni, diventa fondamentale che ognuno possieda competenze per riconoscerne limiti, rischi e potenzialità.
Accanto ai rischi ci sono anche opportunità concrete. Con progetti come AI4Trust, Gallotti e il Chub Lab partecipano allo sviluppo di una piattaforma che integra modelli di intelligenza artificiale con strumenti di analisi dei dati e pratiche di fact-checking collaborativo. L’obiettivo è individuare e tracciare in tempo reale la diffusione di contenuti di disinformazione online, fornendo a giornalisti, policy maker e società civile strumenti affidabili per contrastarne l’impatto.
In conclusione, come hanno ricordato Gallotti e Ferrara, la capacità persuasiva dell’intelligenza artificiale non è più una curiosità tecnologica, ma un fenomeno con implicazioni dirette sulla qualità dell’informazione, sul funzionamento della democrazia e sulle relazioni di fiducia tra le persone. Per questo, accanto all’analisi dei rischi, la ricerca e le istituzioni stanno lavorando a strumenti e iniziative che possano utilizzare le stesse tecnologie per contrastare la disinformazione e sostenere un dibattito pubblico più consapevole e inclusivo.
Il calendario completo degli appuntamenti è disponibile al sito https://eventi.wired.it/nextfest25-trentino/programma-completo
Generazione Z e boomers a confronto nell’era dei social
Le relazioni sociali e il sesso nell’epoca dei social. Complici la diffusione degli smartphone, l'accesso ai social e la facilità del reperimento delle informazioni i giovani d’oggi hanno un approccio alla società e alla sessualità completamente differente rispetto alle generazioni precedenti. Il direttore della Trentino Film Commission nonché host del podcast “Boomer si nasce?” Luca Ferrario e la psicoterapeuta Chiara Maiuri, hanno analizzato il gap generazionale tra le nuove generazioni e i cosiddetti "boomers" nel talk “Boomer si nasce? Comprendere la Gen Z” nelle sale di Palazzo del Bene a Rovereto, nell'ambito di WIRED Next Fest Trentino.
“Assistiamo, oggi, a un grosso scontro tra generazioni – ha spiegato Ferrario – nel quale gli adulti accusano i giovani di essere dipendenti dagli smartphone e di perdere tempo. Quello che non tutti sanno, però, è che la Gen Z ha una grande consapevolezza di quello che sta succedendo, è consapevole delle opportunità derivanti da internet e dai social ma allo stesso tempo anche dei rischi, dei pericoli e delle dinamiche che generano.
Il loro approccio alle relazioni e ai rapporti sociali è molto diverso da una volta. Oggi, per esempio, è considerato normale svolgere diverse attività con gli amici “a distanza” oppure chiudere una relazione con un messaggio, questo perché le nuove generazioni sono cresciute abituate all’utilizzo dei telefonini e di internet, al contrario di quelle precedenti. La differenza sostanziale rispetto a qualche anno fa è che un tempo i genitori avevano i mezzi per capire quello che i loro figli stavano vivendo, mentre ora non hanno un’idea chiara delle loro dinamiche di vita. Questo si riflette sui giovani che se da una parte vogliono essere indipendenti, dall'altra hanno voglia di essere capiti e lo si capisce quando spiegano ai genitori cos’è un meme o come utilizzare TikTok”.
La psicoterapeuta Maiuri ha ribadito come ormai le tecnologie digitali siano una protesi degli adolescenti e una parte della loro identità. Gli adulti devono informarsi riguardo ai social ed essere curiosi ma senza risultare impiccioni, cercando di cogliere i loro messaggi anche se non immediatamente comprensibili senza pregiudizi di sorta. “Grazie ai social – ha concluso - i giovani hanno grandi possibilità di informarsi e questo ha influito sul loro approccio alla conoscenza degli altri, alle relazioni e alla sessualità come per esempio l'amicizia stretta partendo dai social o il sexting. Comportamenti che non sono né migliori né peggiori di quelli di una volta, sono semplicemente diversi. Il rischio è quello di generare dipendenze e, fidandosi ciecamente del mondo pressoché infinito del web, è quello di trovare informazioni sbagliate”.
Beijing caput mundi: la Cina avanza, l’Europa deve reagire
Al WIRED Next Fest Trentino 2025, nella cornice del Palazzo del Bene di Rovereto, si è svolto l’incontro “Beijing caput mundi”, che ha messo a fuoco la trasformazione dell’ordine mondiale e il futuro ruolo dell’Europa. Sul palco Giuliano Noci, prorettore del Politecnico di Milano ed esperto di trasformazione digitale, e Silvia Menegazzi, docente di politica internazionale e relazioni sino-europee all’Università Luiss, hanno tracciato un quadro netto: la Cina non è più soltanto la fabbrica del mondo, ma un attore tecnologico e strategico capace di imporre standard e regole globali. L’Europa, ancora lenta nella transizione digitale e divisa nelle scelte politiche, deve definire rapidamente una strategia autonoma per restare competitiva. In un contesto di protezionismo crescente e minore sostegno statunitense, il rischio è di scivolare ai margini della competizione tra grandi potenze.
Entrambi i relatori hanno approfondito i temi affrontati durante l’incontro anche nei loro ultimi libri. Giuliano Noci, in "Disordine. Le nuove coordinate del mondo", analizza la nuova geografia del potere globale e la “partita a poker” tra Stati Uniti e Cina, con Pechino avvantaggiata dal controllo delle terre rare. Silvia Menegazzi, in "La Cina e la politica globale. Tra cambiamento e continuità" spiega invece le logiche interne del potere cinese e la sua proiezione internazionale.
«Il baricentro dell’economia e della geopolitica mondiale si sta spostando verso l’Asia» ha osservato Noci. La Cina non si limita più a produrre a basso costo: oggi punta a stabilire regole globali facendo leva su tecnologia, infrastrutture strategiche, controllo dei dati e delle materie prime rare, risorse cruciali e spesso soggette a rischio di approvvigionamento, oltre che sulla creazione di nuove rotte marittime e artiche. Questo slancio, però, non è privo di vulnerabilità. «La Cina – ha ricordato Noci – deve affrontare crisi del debito, fragilità del mercato immobiliare e un rapido invecchiamento demografico. Il passaggio più delicato sarà la transizione da un’economia basata sull’export a una sostenuta dai consumi interni, un cambiamento che richiede trasformazioni profonde non solo economiche, ma anche culturali e politiche». Mentre Pechino accelera, l’Europa resta ancorata a un modello manifatturiero tradizionale e in ritardo nella trasformazione digitale. «Siamo legati a un modello obsoleto – ha avvertito Noci –. Senza una politica industriale forte, investimenti comuni e una maggiore integrazione su sicurezza e tecnologia, rischiamo di restare ai margini». Il contesto internazionale, segnato da protezionismo crescente e dal progressivo disimpegno degli Stati Uniti, impone un cambio di passo. «Quel mondo pacifico che sognavamo dopo la caduta del Muro di Berlino non esiste più – ha sottolineato –. Gli Stati Uniti non sono più disposti a sostenerci: o l’Europa diventa una vera potenza autonoma, oppure rischiamo di diventare una colonia economica e tecnologica di qualcun altro».
Un punto centrale della discussione ha riguardato il modello di pianificazione cinese. Il Partito Comunista pianifica tutto: definisce la direzione con i piani quinquennali, orienta gli investimenti, poi lascia competere gli imprenditori in un processo darwiniano in cui sopravvive il migliore. Questa strategia ha permesso a Pechino di crescere rapidamente nei settori tecnologici con l’obiettivo dichiarato di diventare leader globale entro il 2040. Tuttavia, il sistema ha limiti, soprattutto un settore finanziario fragile e rischi legati a un’eccessiva concentrazione di potere. «La Cina non pensa in termini di equilibrio tra potenze come facciamo in Occidente – ha spiegato Menegazzi – ma si considera uno Stato-civiltà, con una storia millenaria e una visione globale che non è mai stata eurocentrica. Comprendere questa prospettiva è fondamentale per capire le sue scelte di politica estera e il modo in cui cerca di influenzare il nuovo ordine mondiale». Accanto all’industria e alla tecnologia, Pechino sta puntando anche sul soft power, cioè la capacità di influenzare altri Paesi attraverso cultura, diplomazia e scambi internazionali. «La Cina sta crescendo su questo fronte – ha osservato Menegazzi – ma deve ancora colmare il divario con Paesi come Giappone e Corea del Sud, già radicati nell’immaginario globale». Dalla discussione è emersa una visione realista e senza ideologie: la Cina non è più soltanto un gigante manifatturiero, ma un vero hub tecnologico e strategico capace di orientare commercio e innovazione a livello mondiale. Il futuro sarà segnato da interdipendenze sempre più strette. «Le economie resteranno connesse – ha concluso Noci – ma il controllo delle tecnologie chiave e delle catene del valore diventerà il nuovo terreno di scontro strategico». L’Europa, dunque, ha davanti una scelta chiara: «Continuare a muoversi in ordine sparso, accettando un ruolo secondario, oppure trovare la volontà politica di agire come una vera potenza capace di difendere i propri interessi e negoziare alla pari con Cina e Stati Uniti».
Donne e tecnologia: un binomio che funziona (e informa)
Raccontare una tecnologia in costante mutamento ed evoluzione non è semplice. Comprenderne i cambiamenti è altrettanto complesso. Ecco perché il ruolo dei divulgatori è ad oggi fondamentale. Lo sanno bene Fjona Cakalli, tech reporter, content creator e conduttrice TV, così come Lucia Cenetiempo, formatrice ed esperta di AI generativa. Sullo sfondo, inoltre, un altro tema molto attuale: le disuguaglianze di genere in un comparto, quello della tecnologia, ancora a forte composizione maschile. Se ne è discusso nel talk "Come ti spiego la tecnologia", durante il secondo pomeriggio del WIRED Next Fest di Rovereto al Palazzo del Bene.
In un periodo storico in cui la tecnologia sta prendendo piede con sempre più forza e in modo ogni giorno più ampio, spesso viene messo in secondo piano un elemento fondamentale: la comprensione della tecnologia stessa. Comprendere infatti la sua evoluzione non è scontato. Spesso è complessa, con molti elementi tecnici e scientifici che sfuggono alla conoscenza dell’utente medio ed ecco perché spiegarne le diverse sfaccettature oggi è fondamentale.
“Ho iniziato con il racconto dei videogiochi e con la ‘missione’ di fare questa cosa al meglio, oggi vivo allo stesso modo il racconto della tecnologia: va resa accessibile a tutti e nessuno deve essere lasciato indietro – ha spiegato Cakalli. – Dal canto nostro, come divulgatori, abbiamo la fortuna di poter parlare e confrontarci ogni giorno con persone che trattano quotidianamente il tema della tecnologia. Le difficoltà sono anche legate al fatto che bisogna essere in grado di utilizzarla con consapevolezza: ogni strumento, a partire dallo smartphone, può renderci la vita più semplice ma allo stesso tempo non dobbiamo essere solo dei fan della tecnologia, altrimenti non riusciamo a comprenderla nel modo giusto”.
Di pari passo, ha aggiunto Cenetiempo, sebbene la tecnologia debba essere democratica, accessibile e disponibile a tutti, occorre ricordarsi di fare grande attenzione e di non ‘subirla’ semplicemente: “L’intelligenza artificiale oggi ha grandi potenzialità di crescita, ma dobbiamo procedere con cautela. In Italia, ad esempio, vedo ancora molta paura e direi che l’IA oggi è più una questione socio-culturale e non tecnologica. Di contro, ci sono molte persone che la utilizzano con entusiasmo e aziende che, tuttavia, alle volte decidono di investire su questo settore senza una logica. Magari lo fanno solo perché vedo altre realtà farlo, ma non hanno una vera motivazione o strategia alla base”.
Raccontare la tecnologia resta comunque un tema fortemente attuale, anche nell’ottica della differenza di genere. Un argomento questo su cui le due esperte si sono dette concordi: “Il settore tecnologico viene ancora inteso come un mondo prettamente maschile e all’interno del quale le donne vengono viste come quelle ‘strane’. Purtroppo, all’interno dei percorsi Stem, incontrano troppi ostacoli che ne limitano le possibilità di crescita. E una volta raggiunto un certo ruolo, sono costrette a lavorare e dimostrare il doppio rispetto agli uomini. Serve prendere consapevolezza del fatto che le donne, oggi, possono lavorare nella tecnologia al pari dei colleghi maschi e che non c’è alcuna diversità di genere. Inoltre, dobbiamo lavorare su noi stesse e convincerci che se occupiamo un ruolo, anche di coordinamento, lo facciamo perché lo meritiamo. Le donne non devono farsi condizionare da fattori esterni di insicurezza”.
Da influencer a creator: chi sono e cosa fanno i lavoratori del mondo online
Quello dei creator oggi è diventato un lavoro vero e proprio, con i contenuti online che sono sempre più vari e si rivolgono ad un pubblico vasto ed eterogeneo. Ma diventare una figura di riferimento nel vasto mondo di internet non è facile come sembra e anzi, dietro le quinte c’è un grande lavoro spesso sconosciuto. Ne hanno discusso, durante il WIRED Next Fest di Rovereto, Andrea Girolami (autore della newsletter Scrolling Infinito) e il giovane corista trentino Luca Baz.
Una volta erano gli influencer, oggi invece si chiamano creator. Sono coloro che creano un contenuto, che realizzano una performance e la diffondono online. Il "nome" della professione è cambiato, ma l’attività è rimasta sostanzialmente sempre la stessa. “Il denominatore comune di ogni creator è proprio quello di dare vita ad un contenuto che può piacere o non piacere, ma crea attorno a sé una community ed un seguito – ha spiegato in prima battuta Girolami, autore del libro Rivoluzione Creator in cui ha intervistato diverse figure di questo mondo che, proprio attraverso internet, hanno ottenuto una forte popolarità –. Devo dire che c’è molta mala-informazione attorno a quelli che sono gli influencer o i creator. In tanti pensano che siano persone che non hanno voglia di lavorare. Ciò che fanno sembra semplice, ma se poi si analizzano tutti i procedimenti che portano alla realizzazione e pubblicazione di un contenuto ci si rende conto che c’è un grande lavoro che spesso non si vede. Parliamo di preparazione, strategia, sponsorizzazioni, costruzione di un pubblico che si crea attorno alla figura del creator. Non sono solo ragazzi prodigio, ma imprenditori a tutti gli effetti. E smuovono parecchi soldi”.
Mettersi in gioco con un contenuto online significa però anche esporsi pubblicamente ad eventuali critiche. Ed è ciò che in parte è successo a Baz il quale, all’inizio e alla fine del talk, insieme al proprio gruppo ha catturato l’attenzione dei presenti con un canto in dialetto trentino: “Al momento di pubblicare il mio primo video, lo devo ammettere, ho avuto un po’ di paura di ricevere critiche ed anche odio da parte delle persone. Ma sono testardo e, sostenuto dalla mia famiglia, alla fine ho deciso di pubblicarlo lo stesso. E devo dire che, al netto di qualche critica tutt’altro che costruttiva, molti giovani hanno apprezzato quello che ho fatto”.
C’è poi un’altra questione interessante, ovvero il legame di "fiducia" che può crearsi con i creator online: “Parliamo di un rapporto para-sociale, ovvero un rapporto di fiducia che si costruisce però solo da un lato – ha aggiunto Girolami –. Pensiamo di essere amici di queste persone anche se non le abbiamo mai conosciute. Questo perché ci viene data la possibilità di commentare, dare consigli, insomma ci sentiamo coinvolti. Così al giorno d’oggi si è arrivati ad un punto in cui le persone si fidano più delle persone stesse rispetto ai marchi o ad altri canali di comunicazione tradizionali”.
Per un content creator tuttavia la cosa più importante è riuscire a centrare le esigenze degli utenti social e guardarsi le spalle dall’evoluzione della tecnologia: “Pensiamo per esempio alla soglia dell’attenzione, ormai attorno ai venti secondi e non di più – ha concluso Baz. – Ecco perché, per esempio su Tik Tok, bisogna adattarsi a questo e fare video brevi. Ogni social è diverso e in questo senso è fondamentale sperimentare. Le mie canzoni con l’intelligenza artificiale? Spero proprio di no e che vengano sempre cantate da cori di persone vere”.
Il calendario completo degli appuntamenti è disponibile al sito https://eventi.wired.it/nextfest25-trentino/programma-completo
Ultimo aggiornamento:
04/10/2025 18:52:28