TRENTO -
"Tra radici e futuro", secondo panel di oggi al
Festival della Famiglia di Trento, ha affrontato un tema sempre più centrale: quello delle seconde generazioni, giovani di origine straniera cresciuti in Italia, spesso sospesi tra due culture. Il loro contributo è determinante nella vita sociale, economica e sportiva del Paese; eppure, molti non sono ancora riconosciuti pienamente come italiani e vivono in un vero e proprio limbo istituzionale e culturale. Comprendere i loro percorsi significa capire quali difficoltà incontrano, come immaginano il proprio futuro e quali condizioni possono favorire la loro piena integrazione. Esperti e studiosi, moderati da
Enrico Franco (Corriere del Trentino), hanno analizzato il fenomeno da più angolazioni: dati statistici, interpretazioni sociologiche, cambiamenti territoriali e modelli familiari
(foto credit Juliet Astafan Pat).
Vincenzo Bertozzi, dirigente presso ISPAT - Istituto di Statistica della Provincia autonoma di Trento, ha descritto l’evoluzione del fenomeno migratorio in Trentino, necessario per comprendere la situazione delle seconde generazioni.
Prima del 1997 gli stranieri erano pochissimi, mentre negli anni ’90 si assiste ad una rapida crescita, con circa 10.000 residenti stranieri nel 1998, per arrivare al 2013 con 51.000 presenze (pari al 10% della popolazione).
Successivamente si verifica una stabilizzazione dovuta al calo delle nuove immigrazioni e alla fase economica meno favorevole, mentre in parallelo molti stranieri, a partire dal 2013, acquisiscono la cittadinanza italiana, trasformando la composizione della popolazione.
Cambia nel tempo anche la provenienza di questi stranieri, in origine in prevalenza da Africa, Marocco e Tunisia, con tassi di natalità più che doppi rispetto agli italiani, mentre oggi i flussi migratori provengono in particolar modo dall’est Europa e Asia (Romania, Albania, Pakistan), con tassi di natalità più bassi.
Passando, dunque, alle seconde generazioni, (circa 1300 attualmente in Trentino) rispetto all’inserimento scolastico, si vede una presenza in tutti i livelli scolastici, dall’infanzia alle superiori, con una preferenza per istituti economici e percorsi di formazione professionale. Per quanto riguarda il mercato del lavoro, questo appare relativamente favorevole e si allinea a quello dei coetanei, con un’ampia presenza nei settori industriali e manifatturieri. Il modello familiare prevalente è quello delle coppie sposate con figli.
Francesca Decimo, professoressa associata in Sociologia dell’ambiente e del territorio dell’Università degli Studi di Trento, ha approfondito le dinamiche sociali e culturali che modellano le scelte familiari. “Le seconde generazioni non sono ancora statisticamente decisive, ma mostrano dinamiche di convergenza legate alla composizione delle migrazioni, non a semplice assimilazione. È utile andare verso una terza via, dal momento che queste non guardano necessariamente al modello italiano come riferimento unico, ma potrebbero costruire una nuova via familiare, a metà tra i modelli di origine e il contesto italiano".
Giuseppe Sciortino, professore ordinario in Sociologia generale dell’Università di Trento, ha offerto una lettura sociologica delle seconde generazioni, evidenziando la complessità dei percorsi migratori italiani, che non permette di individuare un modello migratorio unico.
Per offrire un quadro corretto e coerente, bisognerebbe confrontare i modelli demografici dei migranti con modelli sociali equivalenti. “Le differenze – spiega Sciortino - emergono nel tempo, anche per motivi economici che limitano l’accesso ad attività culturali e sportive, elemento interessante, anche l’ottica della costruzione delle politiche future”.