CLES (Trento) - La consigliera provinciale Francesca Parolari (Pd) ha depositato un’interrogazione in merito alla rapida diffusione, sul territorio provinciale ma soprattutto in Val di Non, di strutture socio-assistenziali private per anziani autosufficienti o parzialmente autosufficienti.
La consigliera Parolari osserva che "di fronte alla lentezza con cui si affrontano i problemi legati all’invecchiamento della popolazione, al vuoto di soluzioni alternative da parte della Provincia e alla domanda che continua a crescere si sta rapidamente muovendo il privato, sia non profit che soprattutto profit, che costruisce soluzioni destinate ad anziani che possono pagare - in molti casi la retta è piuttosto impegnativa - o per famiglie sulla soglia della disperazione che non trovano alternative. In Trentino il proliferare di strutture residenziali socio-assistenziali private sta interessando in particolare la Val di Non, laddove, guarda caso, la percentuale di posti letto in Rsa pubbliche o private convenzionate è inferiore rispetto alla media provinciale e dove comunque il livello di benessere è mediamente elevato".
Nell’arco degli ultimi anni in Val di Non sono stati acquistati e ristrutturati, con questa finalità, numerosi immobili dismessi. Sembra che in zona siano altre le realtà pronte ad aprire i battenti, grazie anche all’investimento di fondi stranieri, allettati da un business estremamente redditizio.
Si tratta di strutture socio-assistenziali, non sanitarie. Non hanno quindi in organico né il medico né l’infermiere. La consigliera Parolari evidenzia l’impatto sui livelli di assistenza sanitaria territoriale perché se le condizioni di salute dell’anziano ospite in struttura socio-assistenziale peggiorano (evento frequente) a dover intervenire sono l’infermiere del territorio e il medico di medicina generale, con inevitabili ripercussioni sulla qualità e disponibilità di tali prestazioni per l’intera comunità territoriale.
Inoltre, si chiede la Consigliera, "cosa accade nel momento in cui l’anziano ospite di queste strutture si aggrava in via definitiva e diventa non autosufficiente? Dovendo essere dimesso, perché la struttura non eroga prestazioni sanitarie, e non sapendo dove poterlo collocare il rischio è che per questa ragione gli venga riconosciuta la priorità di accesso in Rsa, scavalcando chi è stato assistito a domicilio sino all’ultimo".
La consigliera chiede quindi alla Giunta di avere i dati delle strutture di questo tipo presenti sul territorio e di quante stanno per essere aperte, chiede come la Giunta intende governare questo fenomeno, a tutela degli anziani, delle famiglie che devono sborsare decine di migliaia di euro all’anno e del sistema di welfare complessivo, e come si pensa di gestire la situazione, evitando discriminazioni e ingiustizie, se l’aggravamento della persona richiede il ricovero in Rsa e ci sono liste di attesa.
IL TESTO DELL'INTERROGAZIONE DELLA CONSIGLIERA PROVINCIALE FRANCESSCA PAROLARI
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ggetto: Servizi residenziali privati per anziani in crescita, soprattutto in Val di Non: quali conseguenze per famiglie e territorio?
Il trend di invecchiamento della popolazione trentina è fenomeno ampiamente noto. ISPAT, il mese scorso, ha pubblicato alcuni dati che fotografano la situazione al 1° gennaio 2025.
A gennaio in Trentino risultano 187,1 anziani ogni 100 giovani per una popolazione over 65 pari a 131.499 unità (24,1% del totale e 2.778 unità in più rispetto all’anno precedente).
Gli anziani con 80 anni e più sono 41.806 (7,6% del totale e 869 unità in più rispetto all’anno precedente). Negli ultimi vent’anni le persone con 65 anni e più sono aumentate di quasi 40.000 unità; tra queste, i grandi anziani (con 80 anni e più) sono 16.000 in più; i giovani fino a 14 anni, invece, diminuiscono di 5.400 unità; la popolazione in età attiva conta 17.700 unità in più (ma vent’anni fa risultava pari a due terzi del totale, ossia il 66,2%). Un’evoluzione della struttura demografica, peraltro non limitata al solo Trentino ma di dimensioni tali da oltrepassare anche i confini nazionali ma comunque in Trentino particolarmente evidente, da cui conseguono importanti cambiamenti sociali nonché un sensibile aumento della domanda di servizi per le persone anziane che genera pressione sul sistema socio-assistenziale e socio-sanitario, richiedendo risposte adeguate e profondamente innovative. In Trentino, seppur con ritardo, si sta discutendo in merito all’approccio da adottare per far fronte a questo rimodulato contesto sociale.
L’orientamento condivisibile va verso il potenziamento dei servizi domiciliari, finalizzati a mantenere il più possibile la persona a casa propria, ma questo obiettivo sconta la netta separazione, che sinora non si riesce a 2 ricomporre, fra l’ambito assistenziale e quello sanitario, oltre ad un approccio che utilizza spesso paradigmi datati e strumenti non più funzionali ed è incapace di intraprendere strade nuove in una logica di filiera, di sistema e di innovazione. Detto ciò, l’elaborazione di una gamma di risposte che soddisfi la crescita della domanda si può definire, rispetto all’urgenza di provvedere, se non in sostanziale stallo, comunque notevolmente lenta. Se l’opzione della residenzialità in Rsa non può essere l’unica risposta possibile (le stesse Rsa, peraltro, dovrebbero essere reimpostate verso un modello “domestico”), il vuoto di soluzioni alternative da parte del pubblico e la domanda che continua a crescere rappresentano elementi di attrazione per il privato, sia non profit che soprattutto profit, il quale, in carenza di strumenti di welfare pubblico, trova terreno fertile nel costruire soluzioni destinate ad anziani che possono pagare - in molti casi la retta è piuttosto impegnativa - o per famiglie sulla soglia della disperazione che non trovano alternative.
Stanno così sorgendo rapidamente strutture socio-assistenziali private per anziani aoutosufficienti o parzialmente autosufficienti (quindi non rsa, che sono strutture sociosanitarie destinate a non autosufficienti), molto curate e dotate di ogni comfort, autorizzate e accreditate dalla Provincia la quale, sulla base della legge provinciale 13 del 2007, è tenuta ad autorizzare e accreditare tutti i soggetti che ne fanno richiesta in possesso dei requisiti stabiliti nel Catalogo dei servizi socio-assistenziali, approvato da ultimo dalla Giunta provinciale nel dicembre scorso (Delibera n. 2187 del 23 dicembre 2024). Nel citato Catalogo tali strutture rientrano nell’area “Residenziale - punto 3.2 Accoglienza per anziani” e rappresentano un “servizio residenziale rivolto a persone anziane con diversi gradi di fragilità, che si caratterizza per l’elevato grado di protezione e tutela. È finalizzato alla promozione e al recupero dell’autonomia dell’anziano, a favorire la socializzazione e la vita di comunità, con il coinvolgimento dei familiari e delle risorse formali e informali del territorio. Il servizio garantisce i pasti, la cura e l’igiene della persona, le attività di animazione e di potenziamento delle autonomie personali e relazionali”.
Le figure professionali previste sono: coordinatore, educatore, operatore sociale, operatore socio-sanitario (Oss) e operatore socio-assistenziale (Osa). Fra i requisiti autorizzativi non è previsto in organico né il medico né l’infermiere.
Rispetto alla Rsa, laddove il medico della struttura si sostituisce obbligatoriamente al medico di medicina generale (di base), ognuno mantiene il proprio medico e l’infermiere è, in caso di necessità, quello del territorio. Il discrimine fra una struttura socio-assistenziale e la Rsa (Direttive per l'assistenza sanitaria e assistenziale a rilievo sanitario nelle Residenze Sanitarie e Assistenziali – Rsa – approvate con delibera n. 2253 dd. 23 dicembre 2024) è rappresentato proprio dall’aspetto sanitario. Le Rsa, infatti, sono definite strutture che “garantiscono una presa in carico globale e personalizzata dei bisogni della persona e 3 organizzano servizi socio-sanitari integrati a prevalente valenza sanitaria, graduando l’intensità assistenziale ai bisogni della persona”. Come ben si sa, l'invecchiamento in sé è un processo naturale e universale, non una patologia o un'infermità. Ma sappiamo anche che la vecchiaia è accompagnata da decadimento fisico e aumento del rischio di malattie, per cui lo stato di salute nell’anziano è oggettivamente precario. La linea di demarcazione fra la condizione dell’anziano destinatario di servizi socio-assistenziali e quella di chi richiede servizi socio-sanitari è labile, non è netta (men che meno stabile e definitiva). Ciò ha rilevanza in particolare al momento dell'accesso che nelle strutture socio-assistenziali private avviene su richiesta dell'utente direttamente alla struttura.
Chi stabilisce il livello di autosufficienza/parziale autosufficienza/non autosufficienza del richiedente? Lo staff della struttura. Solo nel caso di struttura convenzionata con il Servizio sociale, quindi finanziata dal pubblico, l’accesso avviene su invio del Servizio sociale territoriale a seguito di un processo di valutazione. In Trentino il proliferare di strutture residenziali socio-assistenziali private (autorizzate ma non convenzionate) sta interessando in particolare la Val di Non, laddove, guarda caso, la percentuale di posti letto in Rsa pubbliche o private convenzionate è inferiore rispetto alla media provinciale e dove comunque il livello di benessere è mediamente elevato. Nell’arco degli ultimi anni in Val di Non sono stati o stanno per essere acquistati e ristrutturati, con questa finalità, numerosi immobili dismessi. I posti attualmente messi sul mercato sfiorano il centinaio ma sembra che in zona siano altre le realtà pronte ad aprire i battenti, grazie anche all’investimento di fondi stranieri, allettati da un business estremamente redditizio. Ovviamente si tratta di iniziativa lecita e disciplinata, come visto sopra, dalla legge. Ciò che induce ad alzare il livello dell’attenzione è l’impatto che queste proposte generano o possono comunque generare sulle famiglie e a medio-lungo termine sul sistema sociosanitario-assistenziale pubblico, quindi sulla comunità, quando non sono governate e sono lasciate alla libera iniziativa privata. Sulle famiglie l’impatto, come detto, è rilevante. La retta può essere, infatti, di qualche migliaio di euro al mese (a parte assistenza medica e infermieristica i servizi, in alcune strutture, sono ampi, completi e analoghi a quelli offerti in una Rsa). Se c’è indubbiamente chi può sostenere questi costi senza problemi, c’è anche chi fa fatica ma non ha alternative e si trova così costretto a sborsare ogni anno decine di migliaia di euro. A meno che non intervengano, ad un certo punto, i Servizi sociali territoriali attraverso la convenzione dei posti accreditati. Ciò che potrebbe anche essere, ma solo se a conclusione di una seria analisi dei bisogni e di una conseguente programmazione territoriale (anche alla luce del ruolo svolto o che potrebbe essere svolto in questo ambito 4 dalle Aziende Pubbliche di servizi alla persona - APSP), e non certo in esito a pressioni quando i giochi oramai sono fatti. Ma ci sono conseguenze anche sui livelli di assistenza sanitaria territoriale perché se le condizioni di salute dell’anziano ospite in struttura socio-assistenziale peggiorano e richiedono cure appropriate, a dover intervenire sono l’infermiere del territorio e il medico di medicina generale, con inevitabili ripercussioni sulla qualità e disponibilità di tali prestazioni per l’intera comunità territoriale. La questione più delicata sorge, però, nel momento in cui l’anziano si aggrava in via definitiva e diventa non autosufficiente.
Sappiamo che con gli anziani ciò può accadere anche improvvisamente e repentinamente. Cosa accade in questi casi? Se la struttura che lo ospita non è sanitaria, quindi non può garantire i servizi di una Rsa, la persona deve essere dimessa. Ma se questa non può rientrare in famiglia (se non stava in famiglia quando era solo parzialmente non autosufficiente, a maggior ragione non potrà starci quando non autosufficiente), dovendo trovare una soluzione in tempi rapidi il rischio, tutt’altro che remoto, è che nella stesura delle liste di attesa per le Rsa, che sono dinamiche, venga data priorità a queste situazioni rispetto a chi è assistito a domicilio. Così facendo si finirebbe per penalizzare proprio quelle famiglie che si sono assunte l’onere della cura del proprio caro durante tutto il percorso evolutivo della malattia fino alla non autosufficienza rispetto a chi, potendoselo permettere, ha usufruito dei servizi socio-assistenziali in condizione di autosufficienza anche parziale della persona anziana. La disparità di trattamento generata sarebbe eclatante ed ingiustificata.
Tutto ciò premesso si interroga la Giunta provinciale per sapere
1. qual è l’orientamento di Assessorato alla Salute e Dipartimento provinciale competente in relazione al rapido diffondersi sul territorio provinciale di strutture socio-assistenziali private che rientrano nell’area “Residenziale - punto 3.2 Accoglienza per anziani” del Catalogo dei servizi socio-assistenziali, approvato da ultimo dalla Giunta provinciale nel dicembre scorso (Delibera n. 2187 del 23 dicembre 2024), se e come si intende intervenire per governare il fenomeno, a tutela degli anziani, delle famiglie che si trovano a sostenere oneri economici importanti e del sistema di welfare trentino in generale;
2. quante e quali sono le strutture socio-assistenziali ad oggi autorizzate e accreditate nell’area “Residenziale - punto 3.2 Accoglienza per anziani”, con indicazione dell’ente gestore, del Comune in cui hanno la sede operativa, del numero di posti 5 letto, della retta giornaliera applicata e dei servizi erogati (compresi e non ricompresi nella retta);
3. quante sono le strutture socio-assistenziali dell’area di cui al punto 2. in corso di autorizzazione e/o accreditamento, in quale Comune/Comunità hanno sede e per quanti posti letto;
4. se fra le strutture di cui al punto 2. ci sono strutture convenzionate con i Servizi sociali territoriali di competenza o per le quali è in corso il convenzionamento ed eventualmente quali sono gli importi riconosciuti;
5. se è a conoscenza che in Val di Non sono in corso acquisti/ristrutturazioni di immobili da destinare a strutture socio-assistenziali per anziani attraverso importanti investimenti di fondi stranieri;
6. se ed eventualmente quali sono le riflessioni che si stanno operando a livello di Servizi sanitari territoriali per affrontare la gestione delle richieste di intervento di tipo sanitario da parte di queste strutture socio-assistenziali, in relazione anche all’impatto generato sull'organizzazione e sui livelli di erogazione dei servizi;
7. se ed eventualmente quali sono le riflessioni che si stanno operando a livello di Unità di valutazione multidisciplinare di APSS - UVM - per gestire il passaggio dell’anziano dalla struttura socio-assistenziale privata, in cui è ospite, alla Rsa specie quando l’aggravamento delle condizioni di salute è improvviso o repentino.