In questa dimensione la scelta della domiciliarità delle persone anziane resta l’obiettivo strategico, come quello di promozione di nuovi modelli di politiche abitative e di interventi per l’adeguamento a standard di sicurezza delle abitazioni pubbliche e private.
Purtroppo questo percorso di riforma ha subito una pesante battuta d’arresto con l’insediamento nell’autunno 2018 dell’attuale Giunta che ha evidentemente ritenuto non prioritario occuparsi del tema, rinviando di oltre un anno l’avvio dello Spazio Argento, escludendo di fatto da subito il sindacato dalla concertazione di merito sulle problematiche della riforma.
Eppure relazioni sindacali responsabili ed una cultura del rispetto del dialogo e delle regole, ha garantito al Trentino nel periodo della grande crisi lo sviluppo di politiche sociali innovative soprattutto verso le famiglie, gli anziani, la non autosufficienza e la definizione di nuovi strumenti del welfare inclusivo e sostenibile a vantaggio delle fasce più deboli, frutto di un dialogo sociale che ha sostenuto e valorizzato la partecipazione sociale e favorito una diffusa rete di solidarietà ed accoglienza.
Una società complessa non si governa senza il coinvolgimento e la partecipazione dei cittadini, dei soggetti della rappresentanza sociale e. in particolare del lavoro.
Solo da poco, dopo una richiesta formale e diversi appelli, la Giunta provinciale ci ha finalmente informato del varo della delibera che avvia la sperimentazione, della durata di 12 mesi, di Spazio Argento in tre territori della provincia: il Territorio della Val d’Adige, la Comunità delle Giudicarie e la Comunità del Primiero, i quali dovranno individuare il modello organizzativo di Spazio Argento, le azioni da realizzare, predisporre i relativi progetti che dovrebbero contestualmente partire entro il 1 aprile 2020. Infine, entro 4 mesi dalla conclusione della sperimentazione saranno adottate le linee di indirizzo per la costituzione in ogni comunità del modulo organizzativo. Quindi la riforma sarà attuata in via generalizzata, ben che vada, non prima dell’autunno del 2021!! Sempre scongiurando il rischio che la possibile ridefinizione dell’assetto istituzionale della Provincia e delle sue articolazioni, da tempo annunciata (vedi peraltro lo smantellamento delle gestioni associate ) e la scadenza elettorale che a maggio 2020 vedrà il rinnovo di gran parte delle amministrazioni comunali della provincia, non rinvii a tempi indefiniti la messa regime della nuova governance dei servizi agli anziani.
Resta quindi importante e strategico per il cambiamento dell’approccio all’invecchiamento che anche la fase sperimentale parta con il piede giusto, coerente con gli obiettivi della riforma che sono prevenzione e domiciliarità.
Investire nel campo della prevenzione è una sfida alla quale non possiamo sottrarci sia perchè rende sostenibile e riduce in prospettiva il costo della cura e della non autosufficienza, sia perché mantenere l’anziano in stato di bisogno a casa propria fa bene alla persona sia autosufficiente che non.
Ma questo passaggio non può essere fatto a costo zero, l’assistenza agli anziani ha bisogno di risorse aggiuntive. Si tratta non solo di modificare i processi di natura organizzativa del sistema pubblico ma anche di investire nella crescita degli standard minimi di qualità dei servizi e delle competenze delle persone. Di promuovere e sostenere la formazione continua, verificare l’adeguatezza degli organici sia dal punto quantitativo che dei profili professionali, comprese le competenze professionali degli operatori dei soggetti accreditati. Ciò va attuato anche attraverso il confronto con le categorie sindacali che rappresentano gli operatori del settore socio-assistenziale dei soggetti pubblici e del terso settore. Ridefinire i regimi tariffari dei servizi socio-assistenziali affidati ai soggetti accreditati sulla base dei livelli qualitativi delle prestazioni offerte e delle dinamiche contrattuali tempo per tempo vigenti.
Ci rendiamo conto delle difficoltà di bilancio che sta attraversando la finanza pubblica nazionale, compreso il bilancio della PAT, ma come detto in precedenza va fatto uno sforzo aggiuntivo a tutela e sostegno delle famiglie e delle persone più fragili che sempre più numerose corrono il rischio di essere lasciate sole e scivolare lentamente verso l’area della povertà.
A questo fine ci siamo mossi anche sul piano nazionale a sostegno di una legge quadro sulla non autosufficienza, una legge di civiltà non più rinviabile, per un’emergenza nazionale di cui nessuno parla. Siamo ancora fermi al paradosso che a un paziente allo stadio terminale della malattia venga richiesto il pagamento di servizi di degenza nella RSA, servizi che dovrebbero rientrare nei livelli essenziali di assistenza garantiti dal servizio sanitario pubblico, pur in presenza di numerosi pronunciamenti della magistratura che ne confermano l’obbligo.
Nella nostra Provincia, con le competenze primarie in materia non siamo all’anno zero, anzi. Il fatto è che su questa materia non si vuole avviare una seria riflessione sulla necessità del suo adeguamento, se non accampando le solite lamentazioni sul fatto che le risorse non ci sono e magari poi investire le risorse disponibili sulla base di mere logiche di scambio.
Concludo questo mio intervento con un appello alla Giunta, alla politica locale, alla società civile, all’associazionismo, ai rappresentanti del terzo settore, non prima di manifestare apprezzamento per la sensibilità e l’attenzione con la quale il Comune di Trento, qui rappresentato dall’assessora alle politiche sociali Maria Chiara Franzoia, ha inteso coinvolgere anche un rappresentante indicato dal Sindacato unitario dei pensionati al Tavolo Territoriale della sperimentazione. Al momento non abbiamo analogo riscontro da parte delle altre due Comunità di Valle interessate. E’ ormai una necessità improrogabile riprendere un confronto a tutto campo per pianificare soluzioni e risposte adeguate alla crescente domanda di tutela e di inclusione sociale che viene dalle persone e dalle famiglie. Per un rafforzamento del welfare locale all’altezza dei tempi e dei profondi cambiamenti in atto anche nella nostra comunità (basti pensare alla forte costante crescita dei nuclei familiari composti da una sola persona, la gran parte anziani) ritengo prioritario e utile riaprire un confronto di merito su alcuni temi che sono:
- Fondo regionale per la “non autosufficienza”: per quanto riguarda le risorse perché non recuperare il vecchio progetto regionale di un fondo a carattere universalistico per la realizzazione di “progetti volti al finanziamento e/o alla copertura di misure in caso di non autosufficienza anche per il tramite del risparmio previdenziale o attraverso enti ed organismi, anche associativi o mutualistici”.? Oppure agevolare e sostenere l’introduzione di tutele specifiche ed interventi in caso di non autosufficienza, a favore degli aderenti, da parte dei fondi di sanità integrativa, a partire da Sanifonds Trentino, integrando i sistemi in particolare sul lato dell’assistenza in caso di non autosufficienza.
- Aggiornare gli strumenti di sostegno al welfare locale arrivando gradualmente ad una modalità di voucherizzazione progressiva dell’assegno di cura (oggi per lo più si tratta di un assegno cash) e rivedere la disciplina ICEF per la compartecipazione alla spesa per i servizi di assistenza domiciliare (ad esempio per portare la detrazione dei costi per le badanti dall’attuale 60 al 100%) concorrendo, in quest’ultimo caso, a rendere anche maggiormente trasparente il settore.
- Migliorare l’assistenza a domicilio delle persone anziane o non autosufficienti, anche in funzione dell’invecchiare a casa propria, promuovendo l’adozione e la diffusione, nell’ambito delle nuove tecnologie informatiche e digitali, di strumenti più avanzati e innovativi, quali il telesoccorso e la telemedicina.
- Sostenere e promuovere nuove politiche abitative, sia attraverso l’adeguamento degli alloggi pubblici e privati per renderli rispondenti ai migliori standard di sicurezza e agibilità interna ed esterna, sia favorendo esperienze di un abitare condiviso, anche nell’ottica di un recupero e di riqualificazione a fini sociali del patrimonio pubblico dismesso".
LA RICERCA - Il quadro che ne emerge dalla ricerca è particolarmente articolato e sicuramente richiederà approfondimenti.
Pochi dati rendono chiaro quanto appena detto. Nella provincia a fronte di 113.496 anziani al 2016 abbiamo, 95.414 pensionati e 158.115 pensioni, con un rapporto pensioni/pensionati di 1,7 superiore a quello di area e nazionale.
Per quanto riguarda il reddito abbiamo nella provincia un reddito lordo annuo pro capite di 18,623 euro, se riferito al numero di pensionati e, invece, di 11.238 euro se riferito al numero di pensioni. A livello di Nord Est questi dati sono rispettivamente 18.965 euro e 12.779 euro mentre a livello nazionale sono 18.939 euro e 12.784 euro.
Nel complesso i pensionati in provincia sono lo 0,8% del totale nazionale, circa la stessa percentuale per quanto riguarda il numero di pensioni (0,9%) e l’ammontare del reddito lordo annuo da pensioni provinciale (0,9%).
Nel Nord Est i pensionati sono il 20,2% del totale nazionale, la stessa percentuale per le pensioni e per il reddito da pensione. Riguardo al genere il numero di pensionati uomini in provincia è il 44,7% mentre le donne il 55,3%. Nel
Nord Est il numero di uomini è il 44,5% il 55,5% le donne. In Italia la percentuale maschile è di 45,7 e quella delle donne di 54,3
Il numero delle pensioni degli uomini in provincia è il 40,9% e il 59,1 le donne. Nel Nord Est le pensioni maschili sono il 41,6% e quelle delle donne sono il 58,4%. In Italia le pensioni maschili sono il 42% mentre le donne il 58%.
Riguardo il reddito in provincia quello percepito dagli uomini è il 56,1% e quello delle donne il 43,9%. Nel Nord Est la quota di reddito degli uomini è del 55,2% e il 54,8 quello delle donne. In Italia il rapporto è del 54,9% per gli uomini e il 45,1% per le donne.