Di fatto ogni ambulatorio si è ritrovato ad applicare un proprio protocollo di cura del paziente, basandosi sull’esperienza empirica del professionista e sulle informazioni che di volta in volta il paziente forniva telefonicamente senza poter essere visitato; a seguire venivano date indicazioni di come curarsi", aggiunge Cia.
"In questo modo, tuttavia, i malati sono rimasti a casa senza essere realmente visitati e senza una terapia adeguata fino a quando le loro condizioni non erano così gravi da richiedere il ricovero ospedaliero urgente (quando ormai poteva risultare troppo tardi). L’abbandono dei malati a domicilio, registratosi da nord a sud, è stato spesso causato – e lo è ancora - dalla paura del contagio vissuta anche dai medici. Risulta chiaro che se si continua a pensare che questa infezione si debba e si possa curare solamente in ospedale, non se ne verrà più a capo.
In tutto ciò l'ossessiva campagna mediatica giornaliera, improntata più a terrorizzare che a informare, non è certo stata d’aiuto. Anche il mondo scientifico si è mostrato diviso e contraddittorio, se non addirittura mendace: sulle origini e sulla natura del virus, sulla diffusione e sulla pericolosità, sulla prevenzione e sulla cura.
Ora siamo di fronte ad un nuovo step di quella che ben si può definire “strategia del terrore” e che pare volerci preparare a nuovi sacrifici. Si parla sempre più insistentemente di nuove varianti del Covid-19 come se queste giungessero inaspettate, quando invece è risaputo che i virus – soprattutto quelli a RNA come il Coronavirus SARS-CoV-2 (ma anche quello che causa l'influenza) – sono soggetti a continue mutazioni.
Mi chiedo: ma se davvero tutto fosse andato come previsto e come ci avevano assicurato, dopo un anno di emergenza sanitaria, saremmo ancora al punto di partenza? Io credo sia necessario avere il coraggio di dire basta. Diciamo basta a chi alimenta una paura che distrugge le vite e le relazioni. Finiamola di farci del male, di privarci della libertà di socializzare. Smettiamola di distruggere la nostra economia che permette di vivere alle nostre famiglie e dalla quale traiamo le risorse per sostenere il sistema sociale che garantisce a tutti i cittadini l'accesso ai servizi, compreso quello sanitario, e alle forme di assistenza fondamentali", sostiene Cia.
"E’ urgente prendere coscienza che la medicina territoriale - così come l’abbiamo vissuta - è inadeguata nonostante il grande impegno dimostrato dai sanitari. E’ chiaro che va necessariamente ripensata per meglio gestire questa e future emergenze sanitarie. A ciò si aggiunga che la vaccinazione di massa in tempi rapidi e certi, ad oggi, è la vera e unica strada sicura per ridurre la diffusione del virus, tutto il resto si è rivelato fallace e a certificarlo sono i dati. Nei Paesi dove la campagna vaccinale si è già concretizzata, si è assistito ad una riduzione dei contagi pari al 90%. Possiamo farcela, impariamo dal passato: ai tempi del colera, nel 1973, Napoli diede una prova di grande efficienza e nel giro di sette giorni furono vaccinati un milione di napoletani. Se sono riusciti nell’impresa nel 1973, perché non riusciamo a farlo oggi?", conclude il consigliere Claudio Cia.