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Valle Camonica: l'esperto Dario Dogali racconta sei funghi autunnali

Artogne (Brescia) - Il sole e la temperatura non tipicamente autunnale di questi primi giorni del mese, uniti alla perdurante scarsità di pioggia e alla poca umidità delle notti non sono state sicuramente utili per la crescita di fruttificazioni fungine tipiche di questo periodo e tra queste anche l’Armillaria mellea (e specie simili, i ricercati chiodini) è stata scarsa e non certo abbondante come negli scorsi anni e se questo ha inciso (in senso positivo) anche sulla non presenza di specie velenose, tossiche e potenzialmente mortali tra le quali l’Amanita phalloides e le piccole Lepiota, ciò non può certo rallegrarci più di tanto (nemmeno i ritrovamenti di ultimi splendidi e freschi porcini, di cui lo scrivente ne è testimone proprio in questi giorni in quel di Montecampione) ma ancora una volta ci deve far riflettere su questo preoccupante cambiamento climatico in atto.


di Dario Dogali


"Come avevo anticipato lo scorso mese oggi vi presenterò sei specie autunnali, tutte potenzialmente reperibili nel territorio della nostra valle; le prime tre sono di ottima e buona commestibilità e sono il Coprinus comatus, il Lyophyllum decastes e la Lepista nuda; le altre sono invece specie tossiche e sono il Coprinus atramentarius, la Clitocybe nebularis e l’Entoloma sinuatum.


Coprinus comatus (Müll. : Fr.) S.F. Gray
Nome italiano: Coprino chiomato
Nome dialettale: Orèce dè legor
Spore ellisoidali -ovoidali
Scheda descrittiva: cappello: 50-150 (220) mm x 20-70 mm di altezza, inizialmente ovoidale-cilindrico, poi campanulato, presto deliquescente al margine; cuticola bianca, sericea, con squamule appuntite bianche-brune chiare su fondo bianco; calotta discale ocracea.
Lamelle: molto fitte, appressate, unite, ineguali, larghe, libere al gambo, bianche, tendenti, a partire dal margine, a divenire rosate e infine nere e deliquescenti.
Gambo: 100-150 (220) x 20-70 mm, prima pieno, presto cavo, rigido, cilindrico, ingrossato e bulboso alla base, spesso radicante, bianco, leggermente fibrilloso, poi liscio; anello bianco, libero, membranoso, presto evanescente.
Carne: non molto consistente, fragile e tenera nel cappello, più fibrosa nel gambo, bianca, con sapore gradevole e odore debole.
Habitat: cresce nei luoghi erbosi, su terreno grasso, lungo le strade, nei giardini, raramente nei boschi, sovente in gruppi di numerosi esemplari gregari, dalla primavera all’autunno.
Commestibilità: commestibile.
Note: è l’unica specie delGenere Coprinus ritenuta commestibile (ottimo) e fa parte della ristretta cerchia dei funghi che si possono consumare crudi e da molti ritenuto migliore del porcino. Da scartare però quando le lamelle iniziano ad avere tonalità rosate-nerastre perché indice di deperimento e disgregazione dello stesso (o almeno eliminare la parte interessata).


Lyophyllum decastes (Fr. : Fr.) Singer Spore: globose - subglobose
Scheda descrittiva: cappello: 40-80 (100) mm, carnoso, inizialmente convesso, a volte gibboso con umbone ottuso più o meno pronunciato, alla fine appianato e anche debolmente depresso; cuticola solitamente fibrillosa, liscia, brillante, lardacea a tempo umido, bruna-grigia, ocracea con tempo secco; margine involuto nei giovani, poi incurvato, sovente un poco ondulato-lobato.
Lamelle: fitte, strette, adnate-uncinate al gambo, intercalate da lamellule di varia lunghezza, biancastre-crema con sfumature rosate.
Gambo: 40-120 x 8-20 mm, cilindrico, a volte clavato, pieno, fibroso, elastico, biancastro, con caratteristica pruina bianca verso l’inserzione con le lamelle.
Carne: consistente, elastica, biancastra, con sapore dolce e odore non ben definito, tra il farinoso-fungino.
Habitat: cresce solitamente cespitoso a gruppi di numerosi individui, tra l’erba ma anche in boschi di conifere e latifoglie, dall’estate all’autunno.
Commestibilità: commestibile.
Note: è specie dalla più che buona commestibilità. Suo simile è Lyophyllum loricatum che però differisce per avere cuticola glabra e carne più tenace; anch’esso buon commestibile.


Lepista nuda (Bull. : Fr.) Cooke
Nome italiano (volgare): Agarico violetto – Tricholoma nudo
Nome dialettale: Sgarzene
Spore ellissoidali
Scheda descrittiva: cappello: 50-125 (150) mm, massiccio, inizialmente subgloboso-convesso, alla fine appianato, a volte con umbone più o meno largo; cuticola liscia, opaca, leggermente untuosa con tempo umido, da viola a lilla-fulvastra, soprattutto nella zona centrale, infine ocra-violacea con l’invecchiamento; margine lungamente involuto, poi disteso.
Lamelle: fitte, larghe, sottili, da adnate-uncinate a leggermente decorrenti, intercalate da lamellule di varia lunghezza, grigie-lilla violette, brunastre a maturità.
Gambo: 50-100 x 10-30 mm, fibroso, elastico, cilindrico, ingrossato alla base che si presenta spesso bulbosa e con presenza di resti miceliari che inglobano parte del substrato di crescita; colore grigio-lilla violetto, soffuso da fine pruina bianca, specialmente alla sommità.
Carne: soda nei giovani, poi acquosa e molliccia con la maturità, da grigia-chiara a violacea, con odore caratteristico, forte, aromatico e sapore gradevole.
Habitat: reperibile sia in boschi di conifere che di latifoglie, specialmente nei terreni umidi e ricchi di humus, in autunno e inverno e, a volte, anche in primavera.
Commestibilità: commestibile.
Note: è specie di buona commestibilità che però potrebbe essere confusa con alcuni Cortinari. Il profumo caratteristico, aromatico, unito alla mancanza della colorazione ocracea (quasi sempre presente all’apice dei gambi nei Cortinari, per effetto dalla deposizione delle spore mature) sono due elementi utili per la sua corretta determinazione.


Coprinus atramentarius (Bull.

: Fr.) Fries
Nome italiano (volgare): Fungo dell’inchiostro
Nome dialettale: Capiline vèlenuse
Spore da ellissoidali -ovoidali ad agmidaliformi
Scheda descrittiva: cappello: 35-65 mm x 30-80 mm di altezza, inizialmente ovoidale poi aperto, conico e infine convesso; cuticola da grigio chiara a grigio topo brunastra con piccole squamule appressate, ocra brunastre alla sommità; margine lobato, corrugato, che si fende e da cui inizia la deliquescenza.
Lamelle: fitte, appressate, ventricose, libere al gambo, prima bianche poi brune-seppia, infine nere e deliquescenti.
Gambo: 60-180 (220) X 10-17 mm, biancastro, pieno, poi cavo, cilindrico, attenuato all’apice, più largo verso la base che si presenta spesso radicante.
Carne: biancastra poi grigiastra, poco consistente, con sapore dolciastro e odore debole, poco significativo.
Habitat: cresce spesso cespitoso soprattutto nei prati e nei luoghi incolti, nei parchi, lungo i canali, specialmente in primavera ma anche in stagione inoltrata, apparentemente terricolo ma in realtà in relazione con detriti legnosi spesso interrati.
Commestibilità: non commestibile.
Note: da considerare non commestibile perché in grado di determinare avvelenamenti più o meno seri se consumato congiuntamente a bevande alcoliche. Si riconosce facilmente per il portamento nella crescita e per la deliquescenza.


Clitocybe nebularis (Batsch. : Fr.) Kummer
Nome italiano (volgare): Agarico nebbioso – Fungo della nebbia
Nome dialettale: Peeruna de montagna - Sgarzena
Spore ellissoidali
Scheda descrittiva: Cappello: 60-150 (200) mm, carnoso, inizialmente convesso poi appianato e anche depresso con la maturità; cuticola non igrofana, fibrillosa, sovente con presenza di fine pruina che presto si dissolve; colore da grigio-bruno a grigio cenere; margine inizialmente involuto poi più o meno disteso.
Lamelle: fitte, piuttosto strette, da adnate a decorrenti, con lamellule di varia lunghezza, crema pallide, poi giallastre, facilmente separabili dalla carne del cappello.
Gambo: 60-90 (150) mm, cilindrico, a volte un poco incurvato, spesso clavato-ingrossato alla base, prima pieno poi cavo e farcito, concolore al cappello, fibrilloso, striato, con feltro miceliare biancastro che ingloba parte del substrato di crescita.
Carne: fibrosa e soda nel giovane poi flaccida, bianca, con odore indefinibile particolare e forte e con sapore poco gradevole. Habitat: cresce abbondante in tutti i tipi di bosco, in autunno anche inoltrato.
Commestibilità: non commestibile.
Note: per lungo tempo considerato commestibile-sospetto, ha creato nel tempo numerosi casi di intossicazione; a tal fine è stato inserito nelle specie “Tossiche” anche se purtroppo da molti viene ancora consumato. Attenzione a non confonderlo con Entoloma sinuatum, specie particolarmente tossica e di aspetto molto simile, che spesso è reperibile nello stesso habitat, che si distingue e differisce per avere lamelle inizialmente gialle poi rosa-salmone e odore gradevole di farina.


Entoloma sinuatum (Bull. : Fr.) Kummer
[sin: Entoloma lividum (Bull.) Quélet)]
Nome italiano (volgare): Agarico livido
Spore poligonali, a 6 lati
Scheda descrittiva: cappello: 40-80 (200) mm, carnoso, inizialmente campanulato, poi convesso, alla fine appianato, a volte con umbone ottuso più o meno pronunciato; cuticola liscia, da grigia a grigia-brunastra con riflessi sericei in senso radiale e con minute fibrille grigio-argentate.
Lamelle: ampie, spaziate, da smarginate a quasi libere al gambo, un poco ventricose, inizialmente gialle, poi giallo-rosate, infine salmone-ocracee, intercalate da lamellule di varia lunghezza; filo concolore, seghettato.
Gambo: 40-150 (200) x 15-35 mm, sodo, carnoso, pieno, farcito a maturità, cilindrico, slanciato, sovente flessuoso, con base a volte bulbosa ma anche attenuata, di colore bianco, ornato longitudinalmente da fibrille sericee, pruinoso verso l’apice.
Carne: soda, compatta, non igrofana, bianca, con odore farinoso e sapore disgustoso.
Habitat: cresce in gruppi spesso numerosi nei boschi di latifoglie, specialmente presso querce e faggi, da fine estate all’autunno inoltrato.
Commestibilità: tossico.
Note: specie robusta, carnosa, con odore farinoso invitante e che può invogliare il raccoglitore (traendolo in inganno) a consumarlo con conseguente grave avvelenamento gastroenterico. Potrebbe essere confuso con Clitocybe nebularis, il “fungo della nebbia”, specialmente quando questa è decolorata (vedere foto e scheda) e che con la quale condivide sia il periodo di crescita che l’habitat e che purtroppo da molti è ancora raccolta e consumata nonostante siano stati accertati numerosi casi di avvelenamento e che è considerata, allo stato attuale, anch’essa specie tossica.


Novembre-dicembre, mesi che solitamente portano giornate di pioggia, neve e nebbia e che ci ricordano che l’anno sta per volgere al termine e la natura si prepara al giusto riposo invernale. Ora solo pochi irriducibili si inoltreranno ancora nei luoghi conosciuti, alcuni tra i sentieri di montagna ad ammirarne la maestosità delle nostre montagne e sicuramente sperare che la neve torni abbondante a ricamare le nostre cime e a ricolmare i nostri ormai scarni ghiacciai (e a ripopolare le nostre località sciistiche), altri invece percorreranno sentieri meno impegnativi ma altrettanto suggestivi tra i quali quelli golenali del fiume Oglio o quelli alberati dei campi assaporandone gli splendidi colori e gli ultimi raggi del sole. Ma per alcuni (sicuramente pochi ma buoni intenditori) la stagione dei funghi non è ancora finita ed è proprio lungo i boschi golenali del nostro fiume Oglio o dei campi e fossi alberati specialmente da pioppi e platani che si possono ritrovare le due ultime e buone specie commestibili dell’anno che Madre Natura ci dona e che sono la Flammulina velutipes (il “fungo dell’olmo”) e il Pleurotus ostreatus, (le “peerune”). E sarà proprio con queste e con il prossimo articolo (che anticiperò ai primi giorni del prossimo mese) che termina questa mia rubrica dedicata ai funghi del nostro territorio, rubrica con la quale ha cercato di far conoscere ai miei conterranei quante altre importanti, gradevoli e pregiate specie fungine sono presenti nel nostro territorio che potrebbero entrare a pieno titolo nella nostra conoscenza e perché no, anche nel nostro utilizzo non solo personale ma anche nella nostra tradizione gastronomica locale (come già avviene per esempio e da molti anni nel Trentino - Alto Adige)".

Ultimo aggiornamento: 12/11/2022 04:38:19
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