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Trento: Palazzo Roccabruna e il suo patrimonio artistico

Trento – Palazzo Roccabruna celebra l’anniversario dei vent’anni dalla sua inaugurazione (2004), presentandosi al pubblico in una veste rinnovata, grazie ad un accurato lavoro di ricerca storica e di restauro che ne valorizza il prestigioso patrimonio artistico e ne accresce l’interesse culturale.


Nell’ambito di una conferenza stampa tenutasi questa mattina, l’Ente di via Calepina - proprietario della nobile dimora, oggi sede delle attività di rappresentanza e di promozione del territorio - ha illustrato l’esito di un’ampia collaborazione istituzionale che oggi consente ai visitatori non solo di scoprire aspetti inediti dell’apparato decorativo del Palazzo, ma anche di ammirare le copie di due opere di epoca conciliare che sono parte integrante della sua storia, e della storia del nostro territorio: il campanello di Gerolamo II Roccabruna (il cui prezioso originale è conservato presso il Castello del Buonconsiglio) e il “San Gerolamo penitente”, dipinto di Giovan Battista Moroni, il cui originale è perduto.


L’evento è stato aperto dal saluto dell’Assessore provinciale alla cultura, Francesca Gerosa: “Palazzo Roccabruna – ha esordito la Vicepresidente della Giunta provinciale - è uno dei palazzi più belli della città dove storia, cultura ed enogastronomia si incontrano all’insegna delle eccellenze del territorio. Come assessore alla cultura sono lieta di poter partecipare a questo evento frutto di una virtuosa collaborazione fra le istituzioni del territorio”.


Alberto Olivo, segretario generale della Camera di Commercio di Trento, ha sottolineato la volontà dell’Ente di mantenere vivo l’interesse per la nobile dimora di via S. Trinità non solo attraverso eventi ed iniziative culturali o enogastronomiche, ma anche tramite un’attenta opera di valorizzazione del suo pregevole patrimonio artistico. “Tale attività – ha concluso il Segretario generale – culmina oggi con la presentazione dei recenti interventi di restauro, della copia del Campanello di Gerolamo II Roccabruna e di quella del quadro perduto del Moroni”.


Come Soprintendente ai beni e alle attività culturali della Provincia autonoma di Trento – ha osservato Franco Marzatico - non posso che rilevare la perfetta sintonia che ha caratterizzato la collaborazione fra Soprintendenza e Camera di Commercio nel corso del restauro. Il fatto che ci sia chi, come l’Ente camerale, si prende cura di questi luoghi con interventi di valorizzazione anche onerosi dal punto di vista economico, non può che essere motivo di soddisfazione”.


L’architetto Manuela Baldracchi, responsabile del progetto di restauro, ha illustrato gli aspetti salienti dell’intervento con particolare riferimento all’integrazione delle parti mutile della decorazione parietale della Sala conte di luna, e della pulitura e del consolidamento dei soffitti lignei policrimi: “L’esempio della Camera di Commercio – ha sottolineato l’architetto - sta dimostrando che col tempo si va affermando una buona pratica: non basta solo recuperare i palazzi storici, bisogna anche sottoporli a periodica manutenzione. Un restauro non può essere eseguito e poi abbandonato per decenni, come spesso succede, ma va seguito con un monitoraggio costante fatto anche di piccoli interventi, come in questo caso”.


Laura Dal Prà, direttrice del Castello del Buonconsiglio - che su autorizzazione della Soprintendenza provinciale - ha messo a disposizione il campanello per la copia, ha ripercorso la biografia di Gerolamo II Roccabruna focalizzando il suo ruolo nell’entourage della famiglia dei principi-vescovi Madruzzo. Il campanello, la cui pregevole decorazione ripropone i motivi araldici di casa Roccabruna, “non fa solo luce sulla rilevanza della figura del Canonico nella Trento dell’epoca, ma permette anche di aprire uno squarcio sul dibattito culturale di quel periodo in merito al ruolo della Fortuna intesa, come sorte, caso, forza in grado di assecondare o ostacolare l’agire umano, la cui presenza viene evocata dal motto inciso sul campanello: “Nec sorte movebor” (“neppure la sorte riuscirà a distogliermi”).


Il ruolo del Laboratorio Bagolini, Archeologia, Archeometria e Fotografia (LaBAAF) dell’Università di Trento, che ha realizzato il modello digitale del campanello per la stampa 3D, è stato illustrato dalla professoressa Annaluisa Pedrotti, docente associata di Preistoria e Protostoria della Facoltà di lettere che ha sottolineato l’attività della struttura da lei diretta nel campo della scansione fotogrammetrica dei reperti archeologici. Paolo Chistè, responsabile della sezione fotografica del LaBAAF, ha descritto la tecnica utilizzata per creare il modello digitale del manufatto: “Sono state scattate oltre 700 fotografie che hanno consentito di creare una nuvola di minuscoli poliedri che descrive nello spazio la morfologia del campanello in tutti i suoi dettagli con circa 16milioni di punti.

Ne è seguito un lavoro al computer di oltre 40 ore che ha consentito di creare un modello virtuale fedele al decimo di millimetro”. La stampa in 3D del manufatto è stata successivamente eseguita da Prom Facility di Trentino Sviluppo. La Prom Facility ha realizzato non una, ma due copie del campanello, una delle quali -successivamente decorata a mano- destinata alla cappella gentilizia del Palazzo, l’altra al Castello del Buonconsiglio per le attività didattiche a favore dei non vedenti. Matteo Perini, ingegnere responsabile del settore “manifattura additiva” di Prom Facility e artefice della stampa in 3D dell’oggetto, ha citato anche la recente realizzazione da parte della sua organizzazione “di un software che crea oggetti utilizzando il linguaggio Braille” come supporto alle attività di manipolazione e lettura dei non vedenti.


In conclusione lo storico dell’arte Ezio Chini, ripercorrendo le tappe della storia del dipinto perduto del Moroni, il “San Gerolamo penitente”, esposto fino agli inizi del Novecento nella cappella del Palazzo, ha ricordato come nei primi anni del secolo scorso il patrimonio artistico trentino abbia patito una ferita di grandi proporzioni: “Ben quattro capolavori della pittura, tre Moroni e un Tiziano, che erano presenti in città fin dalla metà del Cinquecento emigrarono all’estero per sempre. Tra questi c’era anche “Il san Gerolamo penitente” di Palazzo Roccabruna. Di quel quadro è rimasta solo una fotografia di Gino Fogolari degli inizi del Novecento in bianco e nero che la Camera di Commercio di Trento è riuscita a recuperare e da cui è partita per una riproduzione a dimensioni originali dell’opera, oggi tornata alla sua originaria sede nella cappella gentilizia del Palazzo”.


SCHEDA QUADRO - SAN GEROLAMO PENITENTE - Olio su tela (211 x 110cm)- di Giovan Battista Moroni
Nato ad Albino (Bergamo), in Val Seriana, tra il 1521 e il 1524, Giovan Battista Moroni si è formato nella bottega d’arte di Alessandro Bonvicino, detto il Moretto, uno dei grandi maestri del Rinascimento bresciano assieme al Romanino e al Savoldo. Dal suo maestro egli riprende l'intonazione severamente devozionale visibile nei dipinti di soggetto religioso. Famoso soprattutto per la sua attività di ritrattista, con dipinti che possono essere definiti “ritratti in azione”, presenta i personaggi nell'attimo in cui stanno compiendo un gesto, evitando in questo modo l'arida fissità del ritratto ufficiale. La data di morte non è certa: viene collocata presumibilmente fra il 1578 e il 1579.


A quanto risulta dagli studi di Simone Facchinetti (SIMONE FACCHINETTI, Giovan Battista Moroni. Opera Completa, ed. La Grande Officina, 2021, p. 120 sqq.), il dipinto dal titolo “San Gerolamo penitente” - che raffigura il Santo con il petto scoperto, genuflesso davanti ad un crocefisso, circondato da libri - era così descritto dal podestà di Trento, Benedetto Giovanelli: “San Gerolamo nel deserto al naturale, già nella cappella dei Roccabruna, opera sovra ogni dire bellissima e squisitissima”.


Entrato a far parte della Collezione Salvadori per donazione degli eredi dei Roccabruna, il quadro è stato venduto alla Galerie Trotti a Parigi nel 1906 ed è passato nel 1907 alla collezione di James Stillman a New York. Georges Lafenestre, storico dell’arte francese, racconta che i responsabili del Museo del Louvre avevano avviato trattative per acquisire l’opera, ma il loro emissario diretto a Trento ricevette all’altezza di Verona un dispaccio in cui si comunicava che le disposizioni della famiglia Salvadori erano cambiate e che il viaggio a Trento sarebbe stato inutile. L’opera era già stata venduta.


La prima riproduzione fotografica in bianco e nero è stata pubblicata da Gino Fogolari. La sua ultima attestazione risale al 1925 quando è stato venduto all’asta di Lepke (Katalog Lepke 1925, p.18, n. 111) proveniente dalla collezione di Marcel Nicolle. Da quel momento se ne sono perse le tracce.


Secondo la storica dell’arte e accademica dei Lincei, Mina Gregori, il quadro sarebbe un’opera del giovane Moroni, ancora strettamente legato alle morfologie del Maestro. La studiosa precisa: “Al tarchiato San Gerolamo penitente, oggi (ndr 1979) irreperibile - ma che fu eseguito su commissione del Madruzzo – conviene, per le strette relazioni con i disegni datati, una collocazione non lontana dal 1544-1545, quando furono avviati i lavori del Concilio”.


Con l’ausilio della computer grafica l’Ente camerale ha commissionato un ingrandimento in scala 1:1 della fotografia superstite all’agenzia PLUS di Trento, al fine di poter esporre al pubblico una copia del quadro nella sua sede originaria (“la cappella dei Roccabruna”). L’intento dell’Ente camerale è quello di mostrare al pubblico l’immagine di un’opera pittorica che rientrava fra i beni del Palazzo e di cui negli anni la comunità trentina è stata privata.


La copia del quadro è stata riprodotta da Digital Carton di Trento su pannello Dibond di 3mm mediante stampa diretta UV con protettivo opaco e fissata alla nicchia con distanziali. La riproduzione in scala 1:1, partendo da un’immagine di piccole dimensioni, come la foto superstite, ha comportato la necessità di accettare una risoluzione finale di compromesso che a distanza ravvicinata evidenzia, in alcuni punti, i pixel della grafica. Per evitare l’effetto si sarebbe dovuto sovrascrivere il tratto pittorico del Moroni, scelta per la quale si è deciso di non optare nel rispetto dell’originale.

Ultimo aggiornamento: 10/01/2024 23:48:33
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