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Moioli e Bormolini, sognano il podio a Milano-Cortina 2026

Nelle gare di Livigno

TRENTO - Moioli - Bormolini, sognando Milano-Cortina 2026. Non hanno dubbi, immaginando se stessi a febbraio, a Livigno, nell’Olimpiade di casa che per loro è davvero di casa, Michela Moioli e Maurizio Bormolini: comunque andrà, sarà bellissimo.

“Mi immagino quel momento ogni singolo giorno, quando salgo in montagna” – afferma la campionessa olimpica e campionessa del mondo – “E non vedo l’ora di provare tutte queste emozioni su cui oggi sto fantasticando”. Una sensazione che anche il campione iridato conferma: “Sono motivatissimo.
In più, in quel periodo, ci sarà un’ulteriore motivazione a darmi la carica, perché ci sarà un tifoso in più: mio figlio che sta per nascere”. Una famiglia che anche Moioli, spostando lo sguardo più in là, a fine carriera, sogna e desidera, accanto a un futuro da maestra, che Bormolini condividerebbe volentieri.
Nella foto credit Michele Lotti - Pat - da sinistra Andrea Fanì, Maurizio Bormolini, Michela Moioli, Carlo Mornati

Si è parlato tanto di infanzia, adolescenza e sport, all’evento del Festival dello Sport di Trento che ha visto protagonisti Michela Moioli, prima campionessa olimpica italiana di sempre nello snowboard e nella sua specialità, lo snowboard cross (a Pyeongchang 2018) e da quest’anno anche prima campionessa del mondo per l'Italia, Maurizio Bormolini, che in Polonia nella Coppa del Mondo ha collezionato nove podi e da poco, ai Mondiali 2025, è diventato anche campione del mondo di slalom parallelo a squadre miste, e Carlo Mornati, segretario generale del Coni.
“Se mi immagino tra dieci anni, so che vorrei lavorare con i giovani.” – afferma Moioli – “Di recente ho iniziato a collaborare con una scuola sci di Bergamo e ho capito chiaramente che vorrei poter trasmettere tutto quello che io ho imparato ai bambini e ai ragazzi. Essere un punto di riferimento”. Una vocazione che Bormolini conferma: “Dobbiamo mirare ad aumentare il numero di ragazzini nell’agonismo. È importante”.
Del resto anche per il rappresentante del Coni, la cultura dello “sport che educa” non sta andando – in questo tempo storico – di pari passo con la partecipazione: “L’Italia è il secondo Paese più vecchio dopo il Giappone. Questo significa che ci sono meno giovani rispetto al passato. In più, un’ulteriore aggravante per il mondo agonistico, è che quei giovani non fanno sport. Gran parte di questo risultato è dovuto al fatto che a scuola, da noi, non si fa attività sportiva”.
I campioni nascono dunque tardi o “modellati” dalle Federazioni e da ottimi mentori: “Appena ho messo lo snowbord ai piedi, a 7-8 anni, grazie al supporto dei miei genitori, me ne sono innamorata. È stato un rapporto mai interrotto da allora, anche se fatto di amore e odio, di alti e bassi, di immense gioie e di grandissime tristezze e arrabbiature.” – racconta la campionessa - “Per me lo snowbord è stato un antidoto all’irrequietezza adolescenziale, è stato un mezzo per fare delle cose che i miei coetanei non facevano. Ma ho avuto anche la fortuna di avere sempre accanto due straordinari allenatori, che mi hanno saputa capire, spronare e dare spazio a seconda di ciò di cui avevo bisogno”. Uno stimolo “esterno” importante che anche Bormolini riconosce, riguardando indietro: “Ho iniziato grazie a un gruppo di cugini e amici, e sono stato, soprattutto all’inizio, molto spesso stimolato anche dal contesto di condivisione e divertimento. Poi, in terza media, al momento della scelta della scuola superiore e del futuro da intraprendere, ho avuto la fortuna di incontrare un professore che mi ha fatto capire che avrei potuto sia studiare che allenarmi, senza rinunciare a una 'vita' o all’altra. Altrimenti avrei abbandonato lo snowboard; altrimenti non sarei qui”.
Ultimo aggiornamento: 11/10/2025 00:00:37
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