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Festival dello Sport, Capello e Floris a confronto

I successi in panchina

TRENTO - Teatro Sociale di Trento tutto esaurito per il dialogo tra Fabio Capello, allenatore che ha scritto pagine indelebili del calcio italiano e non solo, e il giornalista Giovanni Floris che, in futuro, dopo aver conseguito il patentino potrebbe iniziare un’avventura in panchina nelle serie minori. “Ma deve partire dalle giovanili” ha consigliato Capello, con Floris che si è detto emozionato nel ricevere suggerimenti da chi ha scritto la storia della Roma, sua squadra del cuore.

“Al mio matrimonio avevo anche un tavolo dedicato al mister…” ha aggiunto Floris. Un confronto tra risate e riflessioni, in uno degli appuntamenti di punta in questo secondo pomeriggio al Festival dello Sport di Trento.
(Fabio Capello, Gianni Valenti, Giovanni Floris foto credit Alessandro Holneider archivio Pat)

Una panchina per due? Sì e no. C’è chi come Fabio Capello, forte dei suoi nove scudetti ufficiali e coppe internazionali, ormai non allena più ma è costantemente opinionista e commentatore in televisione. E di contro il giornalista Giovanni Floris, grande tifoso della Roma e che recentemente ha conseguito il patentino UEFA B per poter allenare fino alla Serie D o addirittura ricoprire il ruolo di collaboratore tecnico in Serie A. È stato Capello a rompere il ghiaccio, dando qualche consiglio al ‘collega’ Floris: “Comincia dai settori giovanili, è la strada giusta per fare carriera. Prendiamo come esempio Pirlo: gli hanno dato la Juventus subito, appena ha smesso di giocare a calcio, ma non era pronto. E soprattutto, serve avere un piccolo staff per correggere i calciatori dal punto di vista tecnico. In Italia abbiamo fatto solo tattica e poca tecnica, ecco perché oggi la nostra Nazionale fa fatica.

Terzo Mondiale senza l'Italia? Sarebbe un dramma”.
Mister Capello si è poi concentrato sul ruolo dei leader all’interno delle squadre: “Va capita l’importanza di coloro che hai in rosa, chi può trascinare in campo e chi anche nello spogliatoio. Penso a quando ho allenato il Real Madrid: decisi che Ronaldo, pur ricordandolo come il calciatore più forte che abbia mai avuto, doveva andarsene perché era un leader negativo con la sua mentalità. Sono decisioni difficili che però bisogna prendere. Serve sensibilità nel capire che tipo di giocatori si hanno a disposizione”.

Il dibattito si è poi spostato sull’esperienza di Capello a Roma. E su questo, Floris ha parlato della grande pressione: “Bisogna saperla gestire nel modo giusto. Ogni allenatore, nella Capitale, lo ha sempre fatto a modo suo. Penso a De Rossi, che aveva tutti dalla sua parte, oppure a Ranieri che si è circondato dell’amore dei tifosi. Di certo a Roma hanno grande influenza le radio: ce ne sono tantissime che parlano di calcio. Ma i grandi allenatori sanno portare tutto questo a loro favore. E credo che il modo giusto di affrontare la pressione sia dire sempre la verità: meglio ammettere che si ha giocato male piuttosto che dare la colpa all’arbitro”. E il ricordo dello scudetto del 2001 per Floris è ancora nitido: “Quando arrivò Batistuta, iniziai a pensare che potevamo farcela. In quel momento, quella squadra aveva un senso”.

Batistuta che Capello ha ricordato come uno dei migliori giocatori nel calciare il pallone: “Non sapeva dribblare, ma era un centravanti puro. In allenamento si faceva crossare il pallone e gridava ‘gol’ ancora prima di colpire la palla”. Ma il calcio è fatto anche di momenti difficili: “Bisogna sempre tenere un atteggiamento positivo – ha aggiunto Capello. - Anche se alle volte ci sono stati giocatori che mi hanno fatto davvero arrabbiare. Penso a Cassano: un calciatore che sotto alcuni punti di vista era più forte di Totti, eppure a livello comportamentale non era costante”. Ma i fattori sono tanti: “Conta molto il progetto all’interno del quale sei collocato - ha concluso Floris. - Avere la fiducia di chi comanda, il presidente o l’allenatore, è fondamentale. Per raggiungere alti livelli bisogna saper superare le crisi”.
Ultimo aggiornamento: 10/10/2025 22:55:01
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