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55esimo Pellegrinaggio in Adamello: oggi la Messa alla Lobbia Alta, domani il clou a Passo Tonale

Passo Tonale - Il 55esimo Pellegrinaggio in Adamello entra nel vivo. Oggi alle 4.30 da Passo del Tonale sono partiti oltre 200 alpini per raggiungere la Lobbia giusto in tempo per la Santa Messa che verrà celebrata dai cardinali Giovanni Battista Re e Walter Kasper alle 11. Dalle 13 ci sarà il rientro al Passo Tonale, dove è allestito il tendone della Protezione Civile ANA Trento per la cena e il pranzo della domenica. Alle 21 - nella Sala polifunzionale di Passo Tonale – si terrà una serata curata da Serena Filippini, con la partecipazione del Coro Presanella di Vermiglio, dal titolo: "Luca Comerio. Da fotografo del re a reporter sull’Adamello". Sono esposte al Tonale pregiate opere dello scultore Timo Bortolotti.


Domani - domenica 29 luglio - invece la manifestazione prevede la sfilata accompagnata dalla fanfara Sezionale ANA Trento, dalla fanfara di Pieve di Bono e dalla banda di Demo della Vallecamonica. Seguiranno gli onori alle bandiere, la deposizione della corona in memoria di tutti i defunti presso il Sacrario militare di Passo del Tonale e la Santa Messa. Il programma si svilupperà a partire dalle 9 con l’ammassamento, quindi alle 9.30 l’inizio della sfilata, alle 10.15 gli onori ai Caduti e alle 11.15, dopo le allocuzioni delle autorità, la Santa Messa celebrata dall’arcivescovo Metropolita di Trento, monsignor Lauro Tisi e dal Vescovo di Brescia, monsignor Pierantonio Tremolada. Al termine il rancio alpino.


Nella giornata festiva ci sarà il clou del Pellegrinaggio in Adamello e la statale 42 nella zona centrale del Tonale, dove via circonvallazione si immette sulla statale di fronte alla biglietteria di Adamello Ski e fino al Monumento ai Caduti, rimarrà chiusa al traffico in entrambe le direzioni, dalle 9.30 alle 10.15 per consentire il passaggio della sfilata. Dopo il passaggio la strada verrà riaperta ma ci sarà la deviazione su via San Bartolomeo.


GLI ORGANIZZATORI - Il pellegrinaggio in Adamello è organizzato dalla sezione Ana di Trento, in collaborazione con i gruppi della Val di Sole e il sostegno di quelli camuni, che lo scorso anno avevano organizzato l’evento di fine luglio a Ponte di Legno (Brescia). Negli ultimi anni sono stati toccati due luoghi simbolo della Grande Guerra: nel 2016 il Pellegrinaggio in Adamello venne organizzato a Vermiglio (Trento), lo scorso anno a Ponte di Legno e quest’anno al Passo Tonale. In questo luogo si svolse anche una delle prime adunate Nazionali degli alpini nel 1924, in occasione della inaugurazione del “monumento ossario”, successivamente trasformato in sacrario nel 1936.


DISPERSI DELLA GRANDE GUERRA IDEALIZZATI DAL MILITE IGNOTO - Numerose sono le stime circa i caduti della Grande Guerra, con diversi gradi di attendibilità e variabili in funzione dei criteri di conteggio: in definitiva i morti sono compresi in un numero che oscilla tra i 15 e i 17 milioni. Tra questi sono annoverati i dispersi, ovvero quei caduti di cui era stato impossibile verificarne l’identità per svariate fatalità: lo smarrimento della piastrina o l’irriconoscibilità causata da orrende ferite.


A questi si devono aggiungere i soldati realmente dispersi, scomparsi senza lasciare alcuna traccia: numerosi casi proprio nella guerra in montagna e quindi anche tra quelle dell’Adamello. Il destino funebre per questi soldati fu la tomba anonima, la fossa comune, il fondo di un dirupo, l’abisso di un crepaccio.


Al termine del conflitto tutti gli stati belligeranti si erano trovati a dover elaborare un lutto nazionale di proporzioni epocali e a dover rendere conto a molte famiglie, quelle dei dispersi, ulteriormente prostrate dalla negazione di un sepolcro presso cui piangere il proprio caro.


Il generale Giulio Douhet (1869-1930), nei primi anni del conflitto presente a Edolo con incarichi di responsabilità dei reparti di fanteria in alta val Camonica e considerato il padre dell’aviazione tattica italiana, fu colui che prese a cuore la delicata questione dei caduti nel primo dopoguerra. Sua fu dunque l’idea di creare un sacrario con i resti di un disperso, quindi un militare senza nome, che idealizzasse la tomba di tutti i caduti: nasceva l’idea del Milite Ignoto.


Il progetto del Douhet venne interamente approvato il 4 agosto del 1921 all’unanimità dal Parlamento e divenne legge, con l’unica variante del luogo: alla iniziale proposta del Pantheon come sepolcro nazionale, si preferì il Vittoriano, l’altare della patria, con un sacello esterno, perennemente visibile al popolo e costantemente vigilato dalla guardia d’onore.


La cerimonia che ne seguì fu un trionfo di retorica. Si istituì una commissione che fu incaricata di recarsi presso undici luoghi del fronte dove più aspramente si era combattuto e recuperare una salma di un soldato ignoto. Tra i luoghi scelti figurava anche il Passo del Tonale.


Le undici bare furono poi traslate nella basilica di Aquilea, dove Maria Bergamas, madre di un soldato disperso (austroungarico in quanto triestino ma disertore ed arruolato volontario tra le file italiane!), fu incaricata di scegliere la salma destinata a Roma. Il 28 ottobre iniziò la pietosa cerimonia: la madre simbolo di tutte le madri che avevano perso un figlio in guerra, si accasciò di fronte alla decima bara.


Ecco. Il Milite Ignoto era stato ufficialmente individuato ed il suo mito creato. La bara fu quindi posta sull’affusto di un cannone e trasportata in treno a Roma. Il viaggio durò cinque giorni e si svolse in un’apoteosi di fiori e sventolio di bandiere tricolori, labari e stendardi presso ogni stazione di sosta. Il 4 novembre 1921, nel terzo anno dalla fine della guerra, la gigantesca cerimonia finale di tumulazione.


Ma la storia non finisce qui. C’è un piccolo mistero finale.

Come abbiamo visto, la zona del Tonale era stata indicata per il recupero di un disperso, quindi, si può legittimamente ipotizzare che a Roma nel sacello del Milite Ignoto ci sia un caduto dell’Adamello (non importa se italiano o austriaco perché regola della commissione che si occupò della riesumazione delle salme ignote, rigorosamente provvide affinché si attingesse a poveri resti di cui fosse impossibile risalire non solo all’arma di appartenenza ma anche alla nazionalità). Però tutto ciò è impossibile. Infatti, per motivi ancora oscuri, la famosa commissione mai si recò al Tonale e quindi nessuna salma fu qui recuperata: in sostituzione fu preferito il Pasubio.


Fugato ogni dubbio ed ipotesi di presenza adamellina presso il Vittoriano dunque, il Milite Ignoto dell’Adamello pensiamolo ancora lassù, tra la roccia o il ghiaccio. Forse è proprio questo il sepolcro più bello, più alto, più puro con il picchetto d’onore più maestoso e pacifico: le vette dell’Adamello e della Presanella.


LA STORIA


L’ALTARE ALLA LOBBIA
Fu durante uno dei Pellegrinaggi in Adamello che nacque l’idea di ricordare in qualche modo la visita di Papa Giovanni Paolo II sui ghiacciai dell’Adamello, e fu Martino Zani, gestore del rifugio Lobbia, parlando con Bortolo Pedretti e Remigio Righi, che pensò di ricordare l’evento realizzando un altare di granito da porre vicino al passo della Lobbia Alta.


L’idea fu subito accolta e gli Alpini si prepararono a realizzarla. Si tornò in valle, in breve tempo si delinearono le procedure attuative per il progetto e si cominciò l’opera. L’altare granitico venne realizzato dalla ditta Pedretti Graniti di Carisolo e con l’aiuto del grande elicottero bipala ch-47 Chinook, venne trasportato e installato dagli Alpini a passo Lobbia. Anche questa volta una grande impresa aveva chiamato in causa gli Alpini, un’impresa complessa e faticosa, ma che diede grandi soddisfazioni. Su quel granitico altare venne incisa una dedica: “A PERENNE RICORDO DELLA VISITA DI PAPA GIOVANNI PAOLO 16-17 LUGLIO 1984 - GLI ALPINI”.


Poco dopo la sua realizzazione, l’11 febbraio 1987, una delegazione di Alpini fu accolta, in udienza privata, dal Santo Padre. Durante il breve colloquio il Sommo Pontefice scrisse una dedica agli Alpini delle due Valli e augurò loro ogni bene. Prima di congedarsi gli Alpini invitarono il Santo Padre a tornare sul biancore delle nostre nevi... un breve sorriso, un “arrivederci” e i pensieri di Karol Wojtyla erano già tornati tra i ghiacciai.


Non passò molto tempo da quell’udienza in Vaticano quando, il 15 luglio 88, durante il pellegrinaggio degli Alpini in Adamello, la visita del Papa si ripeté di nuovo e le bianche nevi del passo Lobbia fecero un’altra volta da morbido tappeto a Sua Santità. Dopo aver fatto visita agli amici del rifugio, la Famiglia Zani, il Pontefice si recò all’altare eretto dagli Alpini e celebrò la Santa Messa.
Chi ha avuto la fortuna di poter assistere a quell’evento straordinario ne capisce il valore perché ne ha assaporato ogni istante.


IL MONUMENTO-OSSARIO AL PASSO DEL TONALE
Al termine della Prima guerra mondiale prese avvio in tutti gli stati coinvolti nel conflitto la costruzione di una memoria pubblica della guerra, spesso artificiosa e retorica, con l’organizzazione di cerimonie commemorative, pellegrinaggi sui campi di battaglia, costruzione di monumenti ai caduti. Nella rincorsa all’enfasi celebrativa non poteva mancare un monumento alla vittoria sui luoghi della Guerra Bianca, ormai avviata a divenire un mito. Il 3 settembre del 1922, alla presenza del re Vittorio Emanuele III, fu dunque posta la prima pietra del monumento alla vittoria al Passo del Tonale, sui luoghi della memoria sulla linea del vecchio confine.


L’opera venne inaugurata nel 1924 in occasione di una delle prime adunate nazionali dell’Associazione Nazionale Alpini, simbolicamente convocata sul teatro di guerra che più di ogni altro aveva visto coinvolti gli alpini. Il monumento consisteva in un “recinto sacro” con al centro una copia in bronzo della celebre Vittoria alata di Brescia, con lo sguardo rivolto al Trentino. Nel 1933 il monumento fu ampliato e trasformato in ossario, con la traslazione di 847 salme di soldati riesumati dai cimiteri della zona. L’edificio è a pianta quadrata con abside semicircolare all’ingresso, sui lati della quale due scalinate


salgono alla terrazza panoramica, dove è collocato il gruppo scultore originario della Vittoria alata. All’interno la cripta custodisce nello spessore delle pareti i loculi con le spoglie dei caduti e due lapidi in bronzo che ricordano le vittime della 5^ Divisione Alpina.


CARLO EMILIO GADDA
Carlo Emilio Gadda, celebre esponente della letteratura italiana del Novecento, arruolato con il grado di sottotenente degli alpini prestò servizio in alta Val Camonica durante il conflitto. Scrisse Diario di guerra e di prigionia, nel quale tra le altre, è narrato un episodio significativo legato alla storia dell’ospizio San Bartolomeo al Tonale e l’occasione sembra opportuna per una breve rivisitazione. La secolare struttura era stata realizzata al fine di dare alloggio ai viandanti che numerosi (specie nel Medio Evo) si impegnavano in lunghi ed estenuanti viaggi a piedi verso sedi di pellegrinaggio (Roma in primis). Realizzata presso l’antica strada del Tonale, durante il conflitto, giaceva proprio nel mezzo di quella fascia di terra compresa tra le due avverse trincee. Il 2 Dicembre del 1915 un drappello di ricognizione italiano si avvicinò all’edificio presso il quale era nascosta una pattuglia austroungarica che proprio li aveva trascorso la notte. Lo scontro a fuoco che ne seguì provocò la morte di quattro alpini ed il ferimento di parecchi altri. Quasi per rappresaglia il destino dell’edificio fu segnato ma lasciamo direttamente a Gadda la descrizione degli eventi.


"Io arrivai in trincea quando già vi era il colonnello, che aveva autorizzato noi a venirvi: e assistei alla trasmissione degli ordini, a una nostra batteria, di demolire S. Bartolomeo. Il primo colpo da 149 si abbatté a 10 metri dalla casa […]La batteria sparava da Ponte di Legno. Dopo pochi colpi una valanga di sassi si sollevò dal suolo; poi un’altra; poi ancora.Pare che la casa sia stata colpita”. (Carlo Emilio Gadda, Diario di Guerra e di prigionia, Einaudi, Milano 1965).


di Chiara Panzeri

Ultimo aggiornamento: 28/07/2018 05:28:55
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