Gli agricoltori quindi erano allettati non tanto dalle supposte proprietà fertilizzanti del prodotto quanto piuttosto dal risparmio sulle spese di lavorazione dei propri terreni.
Un business criminale che ha fruttato alle sette società coinvolte oltre 12 milioni di euro di profitti illeciti: per recuperare tali somme, i militari del Gruppo Carabinieri Forestale di Brescia stanno procedendo in queste ore a sequestrare decine fra conti correnti ed altri rapporti bancari riferiti alle 15 persone indagate – tra le quali figurano due soggetti recidivi, già condannati dal Tribunale di Milano per analogo reato – nonché ad apporre i sigilli su fabbricati, terreni, autovetture e mezzi agricoli di loro proprietà, come disposto dal Giudice per le Indagini Preliminari.
Il traffico di rifiuti non è però l’unico illecito emerso dalle indagini: vi è anche il reato di molestie olfattive, denunciato anche dalle centinaia di esposti e segnalazioni presentati nel tempo da Comitati e da cittadini costretti ormai da anni a vivere barricati in casa con porte e finestre chiuse a causa dei miasmi ammorbanti prodotti durante il trasporto e lo spandimento dei fanghi, con pesanti ripercussioni sia sulla salute che sulla qualità della vita della popolazione.
E’ stato contestato inoltre il reato di discarica abusiva, in riferimento a tre lotti di terreno ubicati nel comune di Lonato del Garda, appositamente affittati dalla società e sistematicamente destinati all’accumulo dei finti “gessi di defecazione” quando non erano disponibili terreni su cui effettuare il loro spandimento come “ammendanti agricoli”.
Infine vi è il delitto di traffico di influenze illecite contestato ad un importante dirigente pubblico che, sfruttando le proprie relazioni con politici e funzionari apicali della Pubblica Amministrazione, si prodigava per favorire la condotta criminale dell’azienda bresciana oggi sequestrata, ottenendo in cambio incarichi di consulenza e altre regalie da parte del titolare di quest’ultima.
Il quadro emerso dalle indagini appare ancor più allarmante se si considera che l’omesso trattamento di igienizzazione dei fanghi ed il loro successivo spandimento sui terreni ha potenzialmente esposto ad un pericolo, oltre che l’ambiente, anche la salute pubblica: sin dall’inizio della pandemia dovuta al Covid-19, infatti, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha evidenziato come il virus possa sopravvivere fino a 96 ore nei fluidi corporei e pertanto ha raccomandato che si intensificassero le attività di vigilanza sulla corretta esecuzione dei procedimenti di inertizzazione dei fanghi provenienti dagli impianti di depurazione, che invece in questo caso venivano completamente disattesi.
IL COMMENTO DI LEGAMBIENTE
"Un efferato traffico illecito di rifiuti è stato individuato dai Carabinieri Forestali del Gruppo di Bresci: 150mila tonnellate di fanghi tossici rilasciati nei campi agricoli con la connivenza degli agricoltori. Per massimizzare i profitti, la ditta ometteva di sottoporre i fanghi al trattamento previsto e anzi vi aggiungeva ulteriori inquinanti, come l’acido solforico derivante dal recupero di batterie esauste. I fanghi venivano spacciati per fertilizzanti e smaltiti su circa 3.000 ettari di terreni agricoli nelle regioni Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna.
Quello dello spandimento di fanghi da depurazione e gessi di defecazione è una delle pratiche che più sta mettendo a dura prova la vita dei residenti nei territori della bassa bresciana – dichiara Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia –. Troppo spesso vengono segnalate dai cittadini situazioni al limite a cui però spesso non seguono fatti concreti per limitare i danni alla salute dei cittadini. Una situazione insostenibile, che ha generato situazioni al limite come questa, un vero e proprio sistema criminale. Più volte in questi anni abbiamo denunciato le pratiche illegali presenti nel territorio bresciano, ma frequenti ovunque anche nel resto della Lombardia. Per questo serve urgentemente un cambio di passo con controlli più puntuali e stringenti, alimentare un circuito agricolo virtuoso e la definizione di un percorso di economia circolare del sistema della depurazione. Nel ringraziare le Forze dell’ordine per l’attività di indagine svolta, auspichiamo un intervento anche di Regione Lombardia, affinché limiti la pratica dello spandimento al suolo e promuova un maggiore rigore nella concessione delle autorizzazioni.
In questo caso i proprietari dei terreni venivano convinti ad accettare lo spandimento sui propri terreni dei fanghi inquinati classificati come “gessi di defecazione” con l’offerta a titolo gratuito delle sostanze, compresa la successiva aratura dei campi di cui si faceva carico la società di recupero dei rifiuti, rendendo di fatto gli agricoltori ignari complici di un danno ambientale di notevole portata.
Si tratta di un ciclo produttivo fraudolento pericoloso, sviluppato intorno alla svendita del territorio. Un business criminale ai danni dell’ambiente e della salute dei cittadini dalla portata enorme. Il mancato trattamento di igienizzazione dei fanghi ed il loro successivo spandimento sui terreni, infatti, è anche un pericoloso potenziale veicolo di malattie, compreso il virus covid-19 che è riscontrato possa sopravvivere fino a 96 ore nei fluidi corporei, condizione che rende i procedimenti di inertizzazione dei fanghi provenienti dagli impianti di depurazione ancor più cruciali. È un problema annoso che affligge il territorio quella della gestione illecita dei rifiuti e che rende la necessità di controlli a tappeto e sistematici ancor più necessaria. Infatti è notizia di oggi anche un’indagine dei carabinieri del Noe di Milano sul traffico illecito di 2.700 tonnellate di rifiuti metallici e sulla gestione di rifiuti non autorizzata nel lecchese».