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Questioni "croci" sulle montagne trentine

L'intervento di Alessandro Giacomini

MADONNA DI CAMPIGLIO (Trento) - Sulla vicenda delle "croci" e la polemica del consigliere provinciale Claudio Cia, interviene Alessandro Giacomini:

"L'iniziativa non è un attacco alla storia o alla cultura, ma una legittima e, per certi versi, doverosa provocazione volta a innescare quel dibattito che il consigliere Claudio Cia sembra tanto auspicare.​ L'argomento che "le religioni hanno plasmato comunità e creato scuole e ospedali" è, francamente, un pretesto debole. Nessuno nega il ruolo storico della Chiesa, ma questo non può essere un assegno in bianco per giustificare l'occupazione simbolica e permanente di spazi pubblici e, in questo caso, naturali. Gran parte delle opere sociali menzionate sono nate in un contesto in cui la Chiesa deteneva un potere quasi assoluto, e oggi molte di esse sono sostenute con denaro pubblico, di tutti i cittadini, credenti e non. Un patrimonio storico non può essere usato come scudo per rivendicare un privilegio simbolico nel presente.​La tesi secondo cui "le croci sono segni popolari e non imposizioni" è, a sua volta, insostenibile. Per un non credente, un ateo, o una persona di un'altra fede, la croce non è un simbolo universale di memoria o ritualità, ma un potente simbolo di una religione specifica.
In un'epoca di crescente laicità e pluralismo, apporre un tale simbolo su una cima che appartiene a tutti è un atto che, per quanto mosso da buona fede, crea una distinzione tra chi si riconosce in quel segno e chi ne è escluso. Non è la provocazione di un singolo a dividere, ma la pretesa di un gruppo di marcare con la propria simbologia uno spazio comune.​Dunque, dove sta il dialogo che Cia tanto reclama? Il dialogo vero non è difendere uno status quo, ma riconoscere che i tempi sono cambiati. Richiedere la neutralità delle cime non è "impoverimento culturale", ma la necessaria evoluzione verso un rispetto più ampio e inclusivo. La storia non si difende con simboli immobili, ma con la capacità di adattarsi e accogliere la pluralità. Siamo stanchi di discorsi vuoti sul "rispetto" e sul "dialogo" quando questi si traducono nel difendere la supremazia di una simbologia a discapito di tutti gli altri. Il vero rispetto non è accettare in silenzio, ma chiedere che le vette, patrimonio di tutti, tornino a essere uno spazio neutro, dove ogni escursionista, a prescindere dal suo credo, possa sentirsi a casa. Ridurre questa richiesta a un atto di maleducazione o a uno "slogan" è una scelta retorica, non un argomento. L'unico dialogo che sembra interessare è quello che non mette in discussione l'egemonia. E questo non è dialogo, ma un'imposizione che non possiamo più tollerare. Concludendo sull'accusa di voler "visibilità", si tratta di una critica che suona vuota se pronunciata da un pulpito politico. Mentre il consigliere Cia ha per ruolo istituzionale quello di essere costantemente sotto i riflettori il sottoscritto è un semplice cittadino che usa gli unici strumenti a sua disposizione per sollevare una questione di principio. Definire la mia azione come una ricerca di protagonismo significa non voler affrontare il merito del problema, ma delegittimare l'interlocutore stesso".
Ultimo aggiornamento: 24/08/2025 01:22:23
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