BRESCIA - Nel Secondo trimestre dell’anno, l’attività produttiva nel settore manifatturiero bresciano ha registrato un
incremento (+0,3%) sullo stesso intervallo del
2024 (tendenziale), andando così a interrompere una serie di ben otto rilevazioni caratterizzate da segni negativi.
A evidenziarlo è l’i
ndagine congiunturale del Centro Studi di Confindustria Brescia sui dati relativi al periodo aprile-giugno 2025.
Dopo due anni, quindi, il settore industriale locale torna a crescere (sebbene marginalmente), ma il quadro di fondo rimane tutt’altro che soddisfacente e non appare molto diverso da quello evidenziato nel recente passato: l’indice PMI manifatturiero rilevato a livello globale si è infatti attestato intorno alla soglia dei 50 punti (segnalando una crescita nel complesso stagnante) per tutto il periodo di osservazione, mentre i continui annunci, rettifiche e proroghe sul versante dei dazi USA hanno alimentato un inedito senso di incertezza fra gli operatori economici.
La produzione ha mostrato un nuovo incremento (+2,8% grezzo) nei confronti del trimestre precedente (congiunturale), che va a consolidare il percorso iniziato nei primi tre mesi dell’anno e, allo stesso tempo, andrebbe a certificare la capacità di reazione da parte del Made in Brescia di fronte alla complessità del quadro ciclico.
“I segnali di ripresa emersi nel secondo trimestre 2025 sono, in questo momento, di difficile lettura – commenta
Paolo Streparava (
nella foto), presidente di Confindustria Brescia
–. Certamente, le imprese bresciane hanno saputo muoversi con pragmatismo, soprattutto nell’incerta questione dazi USA, in molti casi anticipando consegne e adottando soluzioni tattiche per proteggere quote di mercato. Ma è una timida ripresa che poggia su basi incerte, minacciata da squilibri strutturali e tensioni internazionali. Il nuovo assetto dei dazi USA stessi al 15%, accompagnato da una forte svalutazione del dollaro, rende più costosa e difficile la competizione oltreoceano, come ho avuto modo di sottolineare recentemente. Le nostre imprese, già penalizzate da un costo dell’energia significativamente superiore a quello dei competitor europei, si trovano quindi a operare in una condizione di crescente svantaggio competitivo. Anche la domanda interna, mai veramente ripartita, continua a pesare sull’industria, mentre la carenza cronica di manodopera non è più un ostacolo contingente ma strutturale alla crescita. In sintesi, il sistema sta tenendo, ma non possiamo illuderci che bastino l’adattamento o il rimbalzo tecnico. Occorre un cambio di passo deciso su più fronti: energia, politiche del lavoro, attrazione di investimenti e diplomazia commerciale.”
Nel 2° trimestre del 2025 il 44% degli operatori intervistati ha dichiarato una crescita dell’attività rispetto al periodo precedente, a fronte del 35% che si è espresso per il mantenimento dei volumi prodotti e del 21% che invece ha segnalato una flessione degli stessi.
La disaggregazione della variazione della produzione per classe dimensionale mostra andamenti particolarmente differenziati: -0,4% per le imprese micro, +3,8% per le piccole, +4,4% per le medie e +1,1% per le grandi.
Con riferimento alla dinamica congiunturale per settore, l’attività produttiva ha evidenziato una forte eterogeneità delle dinamiche.
Consuntivi positivi provengono dalle realtà del legno e minerali non metalliferi (+6,4%), del chimico, gomma e plastica (+4,9%), della meccanica (+2,9%), della metallurgia (+2,9%) e dell’alimentare (+1,3%). Per contro, le aziende del sistema moda hanno dichiarato una contrazione dei livelli produttivi (-1,8%).
Il tasso di utilizzo della capacità produttiva si è attestato al 77%, in crescita di due punti rispetto alla rilevazione precedente, e in diminuzione dell’1% nei confronti di quanto misurato nel 2° trimestre del 2024 (78%).
Le vendite nel mercato italiano hanno evidenziato una dinamica nel complesso stagnante: sono aumentate per il 33% delle imprese, rimaste invariate per il 35% e diminuite per il 32%. Quelle verso i mercati esteri sono state relativamente più brillanti: le vendite verso i Paesi comunitari sono cresciute per il 35% degli operatori, calate per il 20% e rimaste stabili per il 45%; quelle verso i Paesi extra UE sono aumentate per il 35%, diminuite per il 16% e rimaste invariate per il 49% del campione. A riguardo va segnalato che, di fronte all’imminente introduzione delle barriere tariffarie da parte dell’amministrazione Trump, una quota non marginale di imprese bresciane attive negli USA si è mossa in questi mesi in modo “tattico”, attraverso l’anticipo delle vendite e delle consegne nel Paese.
I costi di acquisto delle materie prime sono rilevati in crescita dal 25% delle imprese, con un incremento medio pari all’1,5%. I prezzi di vendita dei prodotti finiti sono stati rivisti al rialzo dal 17% degli operatori, per una variazione complessiva pari a +0,1%. Le recenti evoluzioni dei prezzi delle commodity e dei semilavorati utilizzati nei processi industriali confermano la fase di assestamento degli stessi, su livelli storicamente elevati e ampiamente superiori rispetto alla situazione pre-pandemica.
Anche nel periodo considerato, la bassa domanda proveniente dai mercati domestici e internazionali è stata indicata come il principale fattore di freno alla produzione: ciò ha riguardato il 50% delle realtà intervistate, una quota in aumento rispetto al 43% riscontrato nel trimestre precedente e al 46% sperimentato l’anno scorso. Il secondo elemento maggiormente segnalato dalle aziende (molto distanziato) riguarda la scarsità di manodopera (11%) che, anche in un momento poco brillante per l’industria locale, si conferma un elemento di fragilità per le imprese del territorio, a certificazione del fatto che il mismatch nel mercato del lavoro ha oramai assunto tratti strutturali e, per certi versi, irreversibili.
Le previsioni per i prossimi mesi sono prevalentemente orientate per un sostanziale mantenimento dei livelli produttivi riscontrati nel 2° trimestre dell’anno. Il saldo netto tra operatori ottimisti (20%) e pessimisti (21%) è assolutamente in equilibrio, a fronte della maggioranza assoluta (59%) degli intervistati che propende per la sostanziale stabilità dei volumi di produzione. Lo scenario in cui le imprese saranno chiamate a lavorare si confermerà complesso: il mercato domestico stenta a ripartire, come pure la domanda proveniente dalla Germania, dove le condizioni operative del settore manifatturiero rimangono depresse. In questo contesto, non va dimenticato l’elevato differenziale relativo al costo dell’energia fra l’Italia e i principali partner europei. Infatti, nei primi sei mesi del 2025, l’energia elettrica è costata alle nostre il 32% in più rispetto alle realtà tedesche, il 78% in più di quelle francesi e addirittura il 92% in più di quelle spagnole.
La domanda è attesa stabile. Gli ordini provenienti dal mercato domestico sono in crescita per il 21% delle aziende, stabili dal 58% e in calo dal 21%. Quelli da parte degli operatori comunitari, sono dichiarati in aumento dal 16% delle imprese, invariati per il 72% e in flessione per il 12%. Quelli in arrivo dai mercati extra UE sono in crescita per il 13%, stabili per il 72% e in contrazione per il 15%.