TRENTO - Da
80 anni il
Patronato delle
Acli accompagna i cittadini difendendo i loro diritti per un welfare più giusto e universale. E continua a svolgere servizio pubblico, a riconoscere tutele spesso sconosciute, a dare risposte ai nuovi bisogni in una società segnata dai flussi migratori, in cui le fragilità e le povertà sono in aumento, cresce il lavoro precario e atipico così come le disuguaglianze; le politiche sociali arretrano, si riduce la popolazione in età lavorativa, tra invecchiamento, denatalità e spopolamento, cambiano i modelli familiari, i giovani – penalizzati anche dal sistema previdenziale contributivo che non permetterà loro di garantire una pensione come quella dei loro nonni – cercano condizioni migliori all’estero (
170.000 ogni anno in Italia).
I

l Patronato è
“un modo delle Acli di essere al servizio della società”. Così lo ha definito il
presidente delle Acli Trentine e presidente del Patronato trentino Walter Nicoletti ribadendo l’urgenza di un patto tra generazioni, tra i giovani e i loro padri e nonni che godevano di pensioni oggi non più garantite.
(da sinistra Livio Trepin, Salvatore Casella, Erminio Lorenzini, Pierino Bellumat, Walter Nicoletti, Massimo Tarasco, Michele Mariotto foto credit Acli Trentine)
.
Concetto ripreso da
Massimo Tarasco, componente della presidenza delle Acli nazionali, che ha sottolineato la
“passione per il sociale al servizio della comunità” che contraddistingue il Patronato. Un servizio che nel 2024 ha portato 2,4 miliardi di euro nelle tasche degli italiani.
“
Non si resta indifferenti di fronte a un bisogno” ha detto nel suo intervento il direttore del Patronato delle Acli Trentine Salvatore Casella ricordando i diritti inespressi in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali, e di come, durante la Pandemia, il servizio di pubblica utilità esercitato dal Patronato si sia sforzato di trovare alternative per cercare di dare una risposta a ciascuna domanda. Nella consapevolezza che “dietro a ogni pratica ci sono storie di vita da ascoltare e tutelare”.
Nella seconda parte della mattinata spazio alle voci storiche:
Livio Trepin, già direttore del Patronato,
Erminio Lorenzini e
Pierino Bellumat già operatori dello stesso, hanno ricordato gli anni del Patronato al fianco dei lavoratori dalle invalidità di guerra agli infortuni e le malattie professionali degli anni ‘50, le battaglie legali perché l’Inail riconoscesse la silicosi, l’infortunio in itinere in cui il Patronato delle Acli Trentine è stato apripista ha ricordato
Trepin. “
È stato il lavoro più bello del mondo” ha commentato
Lorenzini tradendo una certa emozione nel raccontare il lavoro quotidiano dei “recapiti”, contatti tenuti con le persone di ogni paese visitato. Una certa nostalgia emerge quando
Bellumat ricorda gli anni ’70 quando l’età delle pensioni di anzianità era 55 anni per le donne, 60 anni per gli uomini.
Il Patronato in cifre
Il Patronato Acli è presente in Trentino con 14 sportelli e impiega 41 dipendenti fissi. Nel corso del 2024 ha seguito quasi 100.000 pratiche: 1125 domande di accompagnamento presentate, 240 di invalidità civile, quasi 7800 per indennità di disoccupazione, quasi 1000 per disoccupazione agricola, 1822 per congedi parentali e maternità, 443 per assegno di inclusione, 864 di reversibilità.
Il Patronato Acli nazionale è presente in 21 Paesi nel mondo. Nel 2024 in Italia e all’estero ha gestito più di 1,6 milioni di pratiche, venendo in contatto con oltre 1 milione di persone. 35000 le ore di formazione
Il discorso del presidente
Walter Nicoletti
"
Al nostro personale, ai nostri collaboratori e ai nostri volontari.
A tutti voi, di ieri e di oggi, un grazie sentito e di cuore da parte delle Acli Trentine.
Un saluto e un ringraziamento al Presidente nazionale del Patronato Paolo Ricotti e a Massimo Tarasco della Presidenza nazionale, così come all’insostituibile Vicepresidente nazionale, l’amico, il collega, l’amministratore, nonché direttore di Acli Servizi di Trento Michele Mariotto.
Grazie a Livio Trepin, Erminio Lorenzini e Pierino Belumat per le loro testimonianze che sentiremo tra poco e ai direttori che si sono succeduti negli anni: Nicola Preti, Loris Montagner.
Grazie infine ai componenti e alle componenti del nostro Direttivo provinciale del Patronato.
Il Patronato Acli nasceva ottant’anni fa a Roma come esempio di auto organizzazione dei protagonisti di quella che era un’Italia che cercava la via della ricostruzione, della pace e della democrazia, dal lavoro e dei diritti di cittadinanza dopo la tragedia della guerra e del fascismo.
In particolare il Patronato è stato lo strumento delle Acli per affermare il diritto al lavoro e alla cittadinanza.
Non un servizio delle Acli, ma un modo delle Acli di essere al servizio della società, delle lavoratrici e dei lavoratori e soprattutto delle categorie più fragili.
Siamo stati uno degli strumenti più significativi della realizzazione pratica dei principi costituzionali ad iniziare dall’articolo 38 della Carta fondamentale della Repubblica.
All’articolo 38 i padri e le madri costituenti hanno infatti elencato una serie di diritti economici che sconfinano nell’ambito sociale, che devono essere assicurati da organi e istituti predisposti o integrati dallo Stato e che si occupano di assistenza sociale ai lavoratori privi di mezzi o impossibilitati al lavoro, garanzie in caso di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia o disoccupazione involontaria e tutela dei diritti delle persone con disabilità nell’ambito della formazione e dell’avviamento professionale.
Dobbiamo a riguardo fare in modo che vi sia una maggiore percezione e consapevolezza del nostro ruolo di promozione sociale e di servizio sia nei confronti dell’opinione pubblica, delle istituzioni e della nostra utenza, spesso ignara dei propri diritti.
Il Patronato Acli contribuisce pertanto anche alla realizzazione degli articoli fondamentali della carta costituzionale a partire dagli articoli 2, 3 e 4 laddove si afferma che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” A questo si aggiunge un passaggio che deve spingerci verso una rinnovata postura politica quando si afferma che: “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Il nostro compito è quindi anche quello di difendere il cittadino quando si sente solo di fronte allo Stato o alle istituzioni provinciali e regionali, oppresso dalla burocrazia e ignaro dei propri diritti.
Davanti a noi abbiamo dunque ancora un grande compito.
Quello di aprirci alla società che viene, ad un mondo del lavoro che è cambiato radicalmente così come sono cambiate le condizioni in cui sviluppiamo il nostro benessere e la nostra economia.
I cambiamenti climatici, i rischi ogni giorno più concreti di instabilità economica e finanziaria e quindi di un conflitto globale, così come l’aumento della violenza, delle ingiustizie, delle diseguaglianze e delle povertà, ci spingono ad una maggiore attenzione e vigilanza per rinnovare il nostro ruolo di promotori attivi di una società inclusiva, democratica ed egualitaria.
Per quanto riguarda il nostro lavoro è necessario in particolare affermare due obiettivi fondamentali: quello dell’equità, contro le pensioni contributive che non consentono di garantire un’esistenza dignitosa ai giovani, non esistendo un importo minimo garantito che consenta quantomeno di sopravvivere; quello della stabilità, perché i lavoratori e le lavoratrici non possono sottostare ad un sistema previdenziale che cambia continuamente e che non garantisce un orizzonte certo e chi entra nel mondo del lavoro, senza sapere quando potrà uscirne.
È evidente quindi che quando parliamo oggi di pensioni parliamo dei giovani e del loro futuro ed è quindi necessario che le Acli perseguano un grande progetto inclusivo dei giovani nel mondo del lavoro e nel diritto ad una previdenza giusta, non discriminatoria ed inclusiva.
Le Acli su questo punto hanno parlato chiaro proponendo una riforma del sistema previdenziale, portata avanti assieme al Consiglio Nazionale dei giovani, per affermare il diritto dei giovani a livelli di garanzia e stabilità non inferiori a quelli dei loro nonni e ai loro genitori.
È chiaro che tutto questo deve affermare la centralità del lavoro sia nella formazione della persona, sia per quanto riguarda l’accesso ai diritti di cittadinanza. Ben vengano dunque le proposte di formazione sul diritto al lavoro e ai diritti alla pensione da portare avanti sia a livello scolastico che di formazione continua per gli adulti.
Ecco allora che le Acli, assieme al loro Patronato, possono tornare al centro del mondo del lavoro e delle questioni che determinano l’inclusione e l’emancipazione sociale anche facendo tesoro della formazione al cittadino e ai giovani in particolare rispetto ai diritti, alla giusta pensione e alla partecipazione.
Ricordiamoci sempre che il nostro è anche e soprattutto un ruolo educativo per formare cittadini responsabili ed attenti, non solo ai diritti, ma anche al bene comune.
Serve a riguardo un patto fra generazioni e serve una nuova consapevolezza di cosa intendiamo per sviluppo e qui vorrei ricordare papa Francesco quando parlava di dittatura dell’economia e più in generale quando proponeva una critica a questo capitalismo per la sua tendenza a generare l’idolatria del profitto, oltre a contraddizioni economiche e sociali, povertà, discriminazione ed esclusione.
Dobbiamo in altre parole accompagnare il nostro lavoro agli sportelli con una battaglia permanente per il diritto al lavoro come elemento della realizzazione umana, ma anche come elemento per il riconoscimento dei diritti ad iniziare da salari e pensioni più giuste, eque e adeguate al costo della vita.
Comprendiamo che ci carichiamo con questo di un compito che oggi non viene rappresentato ed interpretato dalla maggioranza delle forze politiche in quanto il modello neoliberista, che per sua natura concepisce esclusivamente la competitività e non la solidarietà, l’individualismo e non l’altruismo, l’affermazione di sé, ma non l’emancipazione delle moltitudini lavoratrici, si è affermato come il modello dominante e la forma di pensiero unico imperante.
Ma siamo altrettanto consapevoli di una storia, di un’esperienza che ci indica una possibilità: quello di auto organizzarci, di produrre dal basso forme inclusive e democratiche di presidio sociale e di partecipazione.
La nostra storia è la nostra forza. Una forza da includere nel patto fra generazioni che abbiamo davanti.
Dobbiamo allora ripartire da noi stessi, da un patto rinnovato fra dirigenti, personale, collaboratori e volontari per affermare anche nei prossimi ottant’anni i valori evangelici e costituzionali della giustizia sociale contro ogni forma di oppressione.
Un grande compito da condividere ad iniziare da questa giornata che ci auguriamo essere anche una giornata di festa e di amicizia.
L’auspicio che sento dal più profondo del cuore è quello di condividere un progetto comune di promozione umana che possiamo costruire o meglio ricostruire insieme".