Rovereto (Trento) - Violenza di genere e pari opportunità negate. Piaghe che toccano l’intera società italiana, Trentino incluso, oggetto del dibattito che si è tenuto a Rovereto nell’ambito di un convegno organizzato dal M5S a sostegno della candidatura di Alex Marini alla presidenza della Provincia di Trento e che ha visto la partecipazione di numerose personalità di livello nazionale.
Il candidato presidente del M5S, Alex Marini ha introdotto l’evento sottolineando come esso sia: "Frutto della collaborazione istituzionale che caratterizza la comunità politica del M5S, su ogni tema a partire da quelli più importanti come la violenza di genere e l’affermazione delle pari opportunità tra uomini e donne. Il M5S opera a tutti i livelli, provinciale, nazionale ed europeo per risolvere i problemi in maniera approfondita e concreta. Non è un caso se vicende terribili come quelle avvenute a Rovereto sono state affrontate in Parlamento o altre questioni che riguardano il Trentino siano finite sul tavolo della Commissione europea. Un esempio di questo approccio è il fatto che nel nostro programma ci sia la promozione dell’educazione affettiva ed emozionale, che è la chiave per prevenire la violenza di genere e le discriminazioni, spezzando la catena culturale che forma l’humus sul quale le idee di odio e risentimento attecchiscono fino a portare ad atti irreparabili come quelli avvenuti a Rovereto negli scorsi mesi. Chi ha governato in Trentino non si è però dimostrato sensibile su questi temi ed anzi ha affossato splendide esperienze di indagine e di promozione delle figure femminili come quella promossa dall’Università di Trento e da Paola Giudici. A lei e alle sue colleghe va dato pieno merito per non essersi arrese e aver continuato a sostenere la causa femminile in Trentino proponendo un libro meraviglioso dal titolo “Le Futurose” i cui proventi sono stati devoluti proprio a favore dell’Università. Un’iniziativa che il M5S sostiene in pieno e che purtroppo contrasta con l’atteggiamento di una Provincia che ha tagliato i fondi all’Università, nel malcelato tentativo di assoggettarla al controllo politico".
Ad aprire gli interventi dei relatori ospiti è stato l’ex presidente della Camera Roberto Fico: "In questi anni abbiamo noi del M5S realizzato tante cose per contrastare la violenza di genere. Penso all'approvazione di Codice Rosso, alla ratifica della convenzione di Istanbul, e a vari emendamenti a leggi esistenti in materia di lotta alla violenza sulle donne. In generale, abbiamo cercato di far fare passi avanti al nostro Paese rispetto a questi temi ma ci rendiamo conto che viviamo in un Paese senza ombra di dubbio maschilista, dove è ancora radicata una cultura della prevaricazione dell’uomo rispetto alla donna, basti vedere i dati dei femminicidi ma anche quelli delle violenze psicologiche e delle differenze di retribuzione di possibilità di carriera tra uomini e donne. Dobbiamo cambiare questo modo patriarcale e machista di interpretare la realtà. Per far questo dobbiamo partire dalle leggi ma anche dal linguaggio, dalle parole e dal modo di rappresentare la donna in ogni ambito sociale, valorizzando le donne per le loro capacità non in base al loro aspetto fisico".
La Senatrice Alessandra Maiorino si è concentrata sulle difficoltà della lotta lotta alla violenza che è prima di tutto culturale e che trova ancora molte resistenze di natura ideologica: "Il tema dell’uso del linguaggio è importante ma è ormai trattato quasi come fosse una barzelletta, agendo in maniera ideologica. Ad esempio, nella scorsa legislatura avevo chiesto che il regolamento del Senato fosse modificato per contenere anche termini femminili. Non cose strane ma semplicemente definizioni appartenenti alla lingua italiana, come “la senatrice”. Ebbene, è stato chiesto il voto segreto, perché a quanto pare chiedere di applicare la grammatica italiana sarebbe una questione eticamente sensibile, e le modifiche sono state bocciate. Il linguaggio è specchio e conseguenza della realtà. Se cancelliamo le donne dal nostro linguaggio le sminuiamo anche nella vita di tutti i giorni. Questo vale anche per le polemiche che si fanno contro il termine “femminicidio”. Si chiama così perché è uno specifico tipo di omicidio, quello dove la vittima voleva uscire da una relazione, non voleva entrarci o voleva autodeterminarsi rispetto a un uomo che cercava di prevaricarla. Purtroppo c’è molta ideologia, e non solo a destra. Guardiamo ad esempio alle battaglie che abbiamo fatto per promuovere i centri per gli uomini maltrattanti, che servono a educare gli uomini violenti ad essere più rispettosi verso le donne e a trovare modi corretti e rispettosi per interagire con loro. Si tratta di percorsi previsti dalla Convenzione di Istanbul, eppure in Parlamento abbiamo dovuto faticare enormemente per riuscire a stanziare anche solo un milione di euro a loro favore. Sono battaglie che portiamo avanti orgogliosamente nonostante le difficoltà.