Ciò ha reso possibile ricostruire in modo minuzioso e preciso l’intera filiera, comprovare l’inottemperanza di controllo in fase di accettazione del rifiuto, la mancanza di qualsiasi attività di trattamento del rottame e la miscelazione dello stesso con rifiuti diversi, costituiti principalmente da terreno contaminato da PCB o da sostanze polverose.
Dall’attività investigativa scaturiva la richiesta al GIP, da parte del P.M. titolare dell’indagine, Mauro Leo Tenaglia, di sequestro preventivo e nomina di amministratore giudiziario. Il GIP, letti gli atti del procedimento, iscritto nei confronti di 13 persone, ha emesso le misure reali richieste.
Tali misure, eseguite in data odierna da personale della Squadra della Sezione Polizia Stradale di Brescia, portavano al sequestro preventivo dell’impianto di trattamento rifiuti della società General Rottami srl, unità locale di Montichiari (Brescia), alla nomina di un amministratore giudiziario ed al sequestro di 15 veicoli di proprietà della società.
Le modalità di perpetrazione del “traffico illecito di rifiuti” da parte della General Rottami si inquadra nel fenomeno della “Finta economia circolare” che risponde ad un cliché ben collaudato: una impresa si offre sul mercato per fare attività di recupero di rifiuti, che riceve da molteplici conferitori. Invece di trasformarli in un “non rifiuto” ( o End of Waste, o “cessato da rifiuto”), li rivende tali e quali al successivo utilizzatore godendo di un ingiusto risparmio di costi a scapito dei principi di tutela e salvaguardia dell’ambiente. Ciò che esce dall’azienda è identico a quello che è entrato, senza aver operato alcuna attività di recupero, cambia solo la sua carta d’identità. Infatti il rifiuto viene “fatto uscire” dall’impianto sotto le mentite spoglie di “End of Waste” e quindi accompagnato da un normale documento di trasporto (DDT), invece che dal previsto formulario identificazione rifiuti (FIR).
Rispetto al cliché cosi descritto, la gestione della General Rottami presenta l’ulteriore e ancor più pericolosa variante del “sandwich”, poiché al rifiuto non recuperato, gli indagati aggiungevano ulteriori rifiuti, nel caso di specie, terreno contaminato da PCB o sostanze polverose, occultati e miscelati all’interno del carico in uscita e quindi destinati all’utilizzatore finale.