“Per questo motivo - proseguono Grosselli, Bezzi e Tomasi - insieme alla salvaguardia, già prevista dal sistema di accreditamento, per coloro che privi di titoli specifici operano già all’interno del terzo settore trentino, almeno per le nuove assunzioni debbono essere introdotti requisiti di professionalità come l’iscrizione agli albi professionali, sotto ogni forma e quindi anche negli elenchi speciali, e titoli di studio coerenti con le attività svolte. In aggiunta bisogna definire un sistema di certificazione delle competenze valido per tutti gli operatori dell’assistenza e va rafforzata la formazione continua”.
Secondo i sincdacalisti "anche il numero degli operatori, indicato dal catalogo, deve essere interpretato come un livello inderogabile che va poi ridefinito, in fase di convenzione quadro, proprio per rispondere all’obiettivo di qualificare l’offerta dei singoli servizi".
Sullo sfondo poi resta la questione degli affidamenti. “In Trentino si parla di servizi gestiti dalle cooperative sociali - ricordano i sindacalisti - per un valore di quasi 90 milioni di euro annui che coinvolgono almeno 9mila addetti. Su questi temi c’è il rischio di scottarsi. Per questo abbiamo sostenuto la necessità di un’applicazione rigida dei contratti collettivi, a partire dalla copertura degli aumenti del rinnovo nazionale del contratto delle cooperative sociali dello scorso anno, ma anche del superamento degli appalti. Esistono altri meccanismi più innovativi (le rette, la co-progettazione, la co-programmazione) che vanno promossi. E ad ogni modo, quando dovessero essere usate le gare, queste dovranno avvenire solo sulla base dell’offerta tecnica, azzerando la componente prezzo”.
“Se i documenti che dovessero uscire dalla Giunta - concludono Grosselli, Bezzi e Tomasi - dovessero discostarsi da questi principi, ci attiveremo in tutte le sedi per far valere le ragioni delle 9mila lavoratrici e lavoratori del settore”.