Trento - L’importanza dei servizi di cura, di politiche che favoriscano la condivisione con un coinvolgimento più attivo dei padri e politiche per le imprese volte alla trasparenza e al controllo sui dati inerenti le retribuzioni sono alcune delle azioni, dei diversi punti di attacco che potrebbero aiutarci a ridurre il gender gap nel mercato del lavoro.
Sono alcune delle riflessioni emerse queste pomeriggio nel dialogo tra la sociologa Chiara Saraceno e l’economista Alessandra Casarico, moderate dalla giornalista del Corriere della Sera Paola Pica nell’ambito degli ormai consueti appuntamenti del Festival dell’economia in versione digitale.
Per capire un po’ gli effetti della crisi e come questa abbia colpito maggiormente le donne è utile partire da un dato: a gennaio 2020 – quindi prima dell’inizio della crisi - il tasso di occupazione femminile era del 50%. Una donna su due in Italia lavorava. Su questo terreno si è innestata la crisi del Coronavirus.
“Sul tema dell’occupazione vanno considerati quattro diversi fattori – ha spiegato Alessandra Casarico – la dimensione geografica, ovvero la differenze tra Nord e Sud Italia. Se il Nord è in linea con i Paesi Ocse, i dati del Sud ci dicono che 1 donna su 3 lavora. Altra dimensione è l’età, le donne più giovani partecipano di più al mondo del lavoro. Terzo fattore è l’istruzione. E qui i dati mostrano che le donne più istruite partecipano di più al mercato del lavoro. Ultimo tassello la presenza di carichi famigliari. Su questo fronte la maternità è un fattore determinante, un ostacolo a volte insormontabile per la partecipazione delle donne al mondo del lavoro”.
Ma se in passato le crisi colpivano maggiormente gli uomini, in quanto coinvolgevano settori in cui essi erano maggiormente presenti, questa volta le attività più colpite sono state quelle associate a servizi ove vi è una presenza maggiore di donne. “Altro elemento chiave della crisi – ha proseguito Casarico - è stata la totale chiusura dei servizi di cura. Chiusura che ha comportato un impatto forte sul tempo delle famiglie e ancora di più su quello delle donne”.
“L’Italia è uno dei Paesi in cui la presenza di figli minori incide di più sulla vita di una donna - ha esordito Saraceno – Il 75% delle dimissioni volontarie in Italia riguardano motivi famigliari. Fare famiglia per una donna è un rischio altissimo per restare nel mercato del lavoro”. E anche qui il punto di partenza pre crisi sono le politiche di conciliazione molto ridotte, nonché disuguali rispetto ai territori. “Lo tsunami – ha sottolineato Saraceno - ovvero la chiusura delle scuole ha significato anche per le donne che potevano lavorare da casa la doppia presenza in contemporanea.