Ma la qualità del prodotto appare buona.
In passato simbolo di un’agricoltura dura e di sussistenza, la coltivazione del grano saraceno era quasi andata perduta tra gli Anni Settanta e Ottanta: addirittura, nel suo paese-simbolo, Teglio, capitale del pizzocchero, la produzione era ridotta a poco più di un ettaro.
La rinascita – rimarca Coldiretti Sondrio - è iniziata a partire dagli Anni Novanta e non si è mai fermata: oggi si contano circa 35 ettari in provincia di Sondrio, 160 mila metri coltivati solo a Teglio, in crescita rispetto ai 153 mila dello scorso anno. Tutto grazie agli imprenditori agricoli che hanno creduto nel futuro di questa coltura e ai suoi pochi custodi di che, negli Anni Ottanta, hanno saputo resistere e tramandarla.
Teglio è un luogo-simbolo per il grano saraceno valtellinese: ancora al termine della seconda guerra mondiale, era coltivato sul 60% del territorio, addirittura anche all’interno dei filari a vite arrampicati sui muretti a secco. Come già la segale, si tratta di una coltivazione versatile e particolarmente adatta anche ai più impervi terreni montani.
“Un prodotto che è identitario della nostra valle e di un tessuto agroalimentare che parte dal campo per arrivare alla tavola” commenta il presidente di Coldiretti Sondrio Silvia Marchesini. “Con il saraceno si ottiene una farina straordinaria, in purezza priva di glutine, utilizzata anche per biscotti e pasta fresca in aggiunta a quanto già ricordato. E’ un ingrediente molto presente nelle ricette tramandate dai nonni e genitori: ed è bello leggere nei nostri giovani agricoltori la volontà di un impegno nel mantenere viva questa memoria. E’ un esempio virtuoso di identità territoriale che coniuga terra e gastronomia e, speriamo, sempre più un volano di promozione turistica”.