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Interrogazione di Degasperi sulla Psichiatria di Arco

Le richiesta di approfondimento del consigliere provinciale di Onda

Arco - Interrogazione del consigliere provinciale Filippo Degasperi (Onda) sulla Psichiatria di Arco. "Mancano le risorse”, si chiude, "e a farne le spese sono i professionisti, i pazienti e le famiglie".

"Le drammatiche vicende che la cronaca ha riferito e che coinvolgono il reparto di psichiatria dell’ospedale di Arco obbligano ad un necessario approfondimento rispetto a rischi più volte inutilmente denunciati dallo scrivente per pazienti e professionisti.

Era intenzione dell’assessora Segnana procedere alla chiusura del reparto psichiatrico di diagnosi e cura (SPDC). A tal proposito lo scrivente aveva presentato una serie di osservazioni e criticità nell’interrogazione n. 4296 rimasta ovviamente inevasa. L’avvio dei lavori era previsto per l’autunno 2023 ma sia l’autunno che l’inverno sono inutilmente trascorsi ed ora, alla cronica mancanza di personale, si aggiunge quella del responsabile del reparto, dr. Goglio, recentemente pensionato.

L’inesorabile impoverimento della psichiatria avviato in Trentino a spese dei più deboli (ricordiano anche la chiusura e successiva privatizzazione della comunità I Larici di Pergine Valsugana) ha un prologo proprio nelle scelte sull’assetto territoriale che ha portato alla soppressione del distretto di Arco – Tione, il suo accorpamento con Rovereto e il comando del precedente responsabile in Provincia. Il progetto presentato il 7 febbraio 2023 conferma l’eliminazione dei 16 posti letto ospedalieri di Arco e la loro sostituzione con 7 posti letto presso il Centro crisi adolescenti e 8 posti letto presso il CSM H24 entrambi presso la struttura Le Palme. Non è noto se “il passaggio in Comunità di Valle con i sindaci” abbia portato i sindaci dell'Alto Garda a condividere la chiusura del SPDC, posto anche che, dopo le segnalazioni dello scrivente, le forze politiche di cui qualche sindaco è esponente avevano manifestato uguale contrarietà. Risulterebbe almeno contraddittorio che i partiti si schierino contro progetti che i loro sindaci avallano con il silenzio assenso.
Di certo a farne le spese sono il personale con carichi di lavoro estenuanti già denunciati con altri atti politici (si vedano per es. l’interrogazione n. 2887 e le risposte dell’assessora che parlava senza mezzi termini di servizio “a rischio sopravvivenza”) e ovviamente i pazienti e le loro famiglie per i quali, se il progetto si concretizzasse, si prospettano pellegrinaggi costanti verso Trento o Borgo Valsugana.

Nonostante i tentativi di far passare l’iniziativa come un’evoluzione positiva del sistema, i dati e gli approfondimenti dimostrano che sono numerose le zone d’ombra che conseguono al taglio. Sembra quasi che l’ideologia, quella che demonizza i ricoveri, torni utile per mascherare il vero obiettivo, ovvero la riduzione dell’offerta e dei relativi costi. I reparti ospedalieri (SPDC) assicurano il trattamento delle acuzie e della vera emergenza psichiatrica in condizioni di sicurezza e di competenza non comparabili con altro. Oggi sono attivi gli SPDC dell’ospedale di Trento (14 posti letto, di cui 2 covid, non 16), dell’ospedale di Borgo (16 posti letto di cui 2 covid) e di Arco (16 posti letto). Già con questa architettura, a detta dei diretti interessati, i reparti sono sempre in affanno e di certo non è facile trovare posti letto liberi. La chiusura dell’SPDC di Arco, considerato che l’offerta del Centro Le Palme non può essere considerata in alcun modo equivalente, avrà ripercussioni inevitabili sugli ospedali di Trento e Borgo senza che per questi ultimi si sia a conoscenza di interventi di potenziamento. A prescindere dal pensiero e dagli ideali di ciascuno gli SPDC rispondono a bisogni ineludibili anche per chi propende per la cura della malattia mentale fuori dall’ospedale: i TSO, i comportamenti suicidari, le fasi maniacali, i soggetti con problematiche fisiche gravi (cardiologiche o respiratorie per esempio). Qualcosa per gli adolescenti andava fatto ma non sottraendo spazi e risorse agli altri pazienti.
Peraltro anche l’avvio del Centro crisi adolescenti presenta spazi di incertezza significativi. Non è chiaro chi avrà la responsabilità della struttura. Non è chiaro a chi risponderà il personale visto che, oltre a infermieri, tecnici della riabilitazione psichiatrica e oss, lavoreranno neuropsichiatri infantili e psichiatri afferenti a due diversi dipartimenti, Pediatria i primi, Salute mentale i secondi. I diretti interessati non sanno nemmeno quali regole saranno loro applicate. Per esempio i neuropsichiatri infantili sembrerebbero finora esentati dalle pronte disponibilità notturne perché non previste dal loro Dipartimento. In termini di utenti poi, la nuova struttura solleva altri dubbi. Si è deciso di accorpare una fascia di età che, pur prendendo atto dei mutamenti del contesto sociale, risulta poco compatibile con il termine di “adolescenza”. E’ difficile considerare “adolescente” un 24enne e potremmo trovarci nella condizione di avere in servizio un neuropsichiatra infantile per gestirlo o, viceversa, uno psichiatra ad affrontare le problematiche dei 14enni con i rischi sulle terapie farmacologiche che potrebbero conseguire. Considerata l’ampiezza della fascia e l’esiguità dei posti letto anche rispetto al periodo, il Centro potrebbe risultare interamente occupato da 14enni (o comunque veri adolescenti) oppure da chi adolescente non è più, lasciando senza risposte le altre necessità. E’ poi surreale pensare che casi gravi ma comunque non infrequenti di ventenni cocainomani o eroinomani finiscano mescolati con teenager con tutt’altre problematiche. In fondo, forse con leggerezza, la vera ragione della chiusura del reparto ce la svelano i protagonisti della scelta. E' infatti il dr. Agostini a spiegarci che “la carenza di personale non consente di manternere in vita strutture costantemente a rischio chiusura”. E ci ricorda che “in Veneto e Lombardia, negli ultimi due anni sono stati chiusi senza preavviso numerosi per mancanza di risorse”. Ma a fargli eco l’assessora Segnana ripete: serve “far fronte alla nota carenza di personale (in particolare medici specialisti e infermieri) che non consente di mantenere in vita strutture costantemente a rischio chiusura”.

Quindi l’ospedale di Arco perderà un altro reparto semplicemente perché uguale hanno fatto i nostri più poveri vicini. Alla faccia dell'Autonomia.

Tutto ciò premesso si interroga la Giunta provinciale per sapere se condivide la scelta operata nella precedente legislatura di procedere con il taglio di un ulteriore reparto dell’ospedale di Arco; se è intenzione promuovere un confronto riservato con il personale coinvolto tra Rovereto ed Arco per meglio comprendere le conseguenze della scelta già operata, le criticità del servizio e la sostenibilità dei carichi di lavoro e di responsabilità; la posizione espressa dai sindaci dell’Alto Garda nel corso del confronto avvenuto in Comunità di Valle; dove saranno ricoverati i pazienti psichiatrici del Distretto sud (da Rovereto a Storo) che necessiteranno di cure ospedaliere per le tipologie non esaustivamente richiamate in premessa; se e come si intendono potenziare gli SPDC di Trento e Borgo per rispondere anche alle necessità di tutto il Trentino meridionale; qual è il tasso di occupazione dei posti letto degli SPDC di Trento, Borgo e Arco negli anni dal 2020 al 2023 e se lo stesso sia tale da suggerire il taglio dei 16 posti letto di Arco; quali modalità di confronto hanno attuato Provincia e Apss, quando e con chi prima di pervenire alla chiusura dell’SPDC dell’ospedale di Arco; chi sarà il responsabile della Centro medico Le Palme di Arco e come è stato individuato; chi, tra gli specialisti, assicurerà la pronta disponibilità presso il Centro medico Le Palme; se non si ritiene che la fascia di età prevista per il Centro crisi adolescenti sia di difficile gestione, con riferimento alle peculiarità dei pazienti potenziali e alle specializzazioni professionali necessarie
", consigliere provinciale Filippo Degasperi (Onda Civica).
Ultimo aggiornamento: 01/05/2024 05:01:01
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