Per i movimenti turistici si profila una netta ripresa, grazie al decollo della stagione invernale, con gli incrementi del 23,6%,negli arrivi e del 25,1% nelle presenze, che rasentano quote attorno al 40% nel caso degli stranieri.
Il mercato del lavoro in un trend che si conferma favorevole mostra minime variazioni rispetto al primo semestre 2022. Gli occupati sono quasi stabili (+0,3%), mentre le persone in cerca di occupazione calano in misura più visibile (6,6%). Gli occupati crescono nel secondario, grazie soprattutto alle costruzioni. La componente dipendente si rafforza ulteriormente, soprattutto tra le donne. Il tasso di occupazione complessivo sale di mezzo punto e si porta al 69,6%; quello di disoccupazione scende di 0,3 punti e si assesta al 4,0% (media dei due trimestri).
? Il focus sulla quota parte di occupazione alle dipendenze, misurato attraverso la fonte amministrativa delle Comunicazioni Obbligatorie, mostra una crescita del 3,1% degli occupati dipendenti, sia tra i maschi che tra le femmine. Crescono ancora in misura superiore al dato medio i giovani fino a 34 anni (+3,6 %) già protagonisti della crescita del 2022 e gli over 54 anni (+7,6%). Per area di attività spicca il dato dei pubblici esercizi, che guadagnano il 10,5% di occupati rispetto al primo semestre 2022. Si consolida il peso del lavoro stabile, sia per gli uomini che per le donne. Le professioni legate al lavoro d’ufficio manifestano una crescita superiore alla media (+6,8%), così come l’intero raggruppamento delle figure “medium-skill” (+5,2%).
I rapporti lavorativi caratterizzati da un inquadramento stabile sono cresciuti del 3,3%. Quelli a scadenza del 2,3%. A livello di contratto cala solo il lavoro somministrato, che perde 327 occupati (-12,6%), in maggioranza uomini. Del buon andamento dei pubblici esercizi ha beneficiato il lavoro intermittente, che fa segnare l’aumento più elevato: +6,2%.
Nei primi sei mesi del 2023, rispetto all’analogo periodo dell’anno prima, si rileva invece un calo della domanda di lavoro delle imprese trentine. Rispetto al primo semestre del 2022 le assunzioni flettono di quasi 3.100 unità e del -3,8%. Tuttavia il saldo occupazionale è positivo, determinato da un maggior numero di entrate lavorative rispetto alle uscite. Le cessazioni lavorative diminuiscono, infatti, in misura maggiore, per 5.218 unità e una variazione del -7,2%. In riferimento alle tipologie d’inserimento al lavoro il dato principale da sottolineare è il rafforzamento della stabilità lavorativa. Nel primo semestre 2023 crescono inoltre le trasformazioni dei contratti a termine in tempo indeterminato. Un aumento del +4,3% rispetto l’anno prima.
? È cresciuto il ricorso alla cassa integrazione (+46,5%), ma solo per quanto riguarda gli interventi ordinari. La Cigs risulta stabile, mentre la Cig in deroga è ormai assente. Circa due terzi delle ore sono state autorizzate a favore delle imprese industriali, mentre l’edilizia ha assorbito quasi tutta la quota restante.
Cgil Cisl Uil: il tema delle basse retribuzioni resta centrale per garantire qualità del lavoro e soddisfare il bisogno di personale delle aziende
“Tutti gli indicatori del mercato del lavoro in Trentino - dichiarano i segretari provinciali Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Alotti - hanno registrato un andamento positivo nel 2022. Un trend che è stato confermato anche nei primi sei mesi di quest’anno. Questa non può che essere una buona notizia. Restano, però, ancora dei punti di criticità che fanno sì che il nostro territorio non viaggi allo stesso passo dell’Alto Adige e delle più avanzate regioni europee. E’ a quell’obiettivo che il Trentino deve puntare, migliorando ancora sull’occupazione femminile, incentivando la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, innalzando il tasso di occupazione in generale e quello di attività.
E’ importante allo stesso tempo che anche la revisione delle politiche del lavoro, nella nostra provincia, si focalizzi sui grandi cambiamenti in atto, dalla transizione ecologica all’innovazione tecnologica senza trascurare il calo demografico.
L’Autonomia ha tutte le possibilità di giocare al meglio questa partita scommettendo anche su scelte innovative che ci mettano al pari dei paesi più avanzati. Il che vuol dire anche investire su nuovi modelli organizzativi che favoriscano anche l’integrazione tra formazione, sistemi di welfare familiare e occupazione.
Come sindacati siamo pronti a fare la nostra parte in questo cambiamento. Riteniamo indispensabile, però, allo stesso tempo, che la questione salariale venga assunta come centrale per le politiche del lavoro provinciali. Il nostro territorio ha retribuzioni più basse dell’Alto Adige e del nord Italia. Un problema che colpisce soprattutto i giovani, e che spesso li spinge a lasciare il Trentino verso luoghi dove vengono valorizzate meglio le competenze. E’ ora di intervenire per invertire la rotta e la Provincia non può restare a guardare. Allo stesso tempo non è più tempo di alibi per le imprese: produttività e valore aggiunto del nostro sistema sono cresciuti. E’ ora di far crescere anche le buste paga”.