Cavalese - Operazione "Arancia Meccanica", nuovi sviluppi nell'indagine del carabinieri della Compagnia di Cavalese (Trento). L’indagine,"Arancia Meccanica" , prende avvio dal raid predatorio, in danno di tre abitazioni private, compiuto la notte del 8 settembre 2016 nell’abitato di Cembra Lisignago (Trento). In quell’occasione quattro degli indagati erano partiti da Trento alla volta della valle di Cembra già con lo scopo prefisso di compiere più reati possibile e di racimolare il miglior profitto possibile, che quella notte si è concretizzato con il furto di una motosega e di un Quad, poi abbandonato incidentato a Trento. L’attività illecita posta in essere quella notte è stata interrotta solamente per il risveglio di una delle possibili vittime, causato dall’impianto d’allarme.
Nei mesi successivi la città di Trento veniva colpita da una sequenza di condotte delinquenziali che destavano notevole allarme sociale nella popolazione in quanto veniva compiuti, anche nel corso della stessa serata/nottata più furti (in danno di attività commerciali e ricettive) e rapine in danno dei malcapitati che finivano nel mirino degli indagati.
Il proficuo avvio delle indagini è stato caratterizzato, oltre che dall’esame degli elementi immediatamente acquisiti (immagini e tabulati telefonici), soprattutto dall’importante scambio info-investigativo fra l’Arma di Cavalese e i carabinieri della Compagnia di Trento e gli uomini della Squadra Mobile di Trento, che ovviamente procedevano per i singoli episodi che accadevano soprattutto nella città di Trento. Come detto, creando un allarme sociale, soprattutto tra i commercianti. Preziosa è stata la loro attività nel ricostruire il vincolo associativo degli indagati, infatti ha permesso di raccogliere quasi da subito importanti elementi probatori a carico dell’intero sodalizio criminale.
Si è potuto appurare, sin dai primi episodi delittuosi, che i giovani facenti parte dell’associazione criminale, erano caratterizzati dalla comune ed estrema spregiudicatezza, noncuranza e disinteresse per il prossimo e l’altrui proprietà, tanto da non prendere in considerazione neanche le lesioni che causavano alle loro vittime, che venivano aggredite sempre con la stessa tecnica: presa alle spalle (casi di rapina) con compressione all’altezza del collo in modo da tramortirle per poi lasciarle stordite e a volte anche prive di sensi sul selciato, per rubargli facilmente telefoni e denaro.
Nel caso delle “spaccate” compiute a Trento, in alcuni casi sono stati più i danni causati alle vetrate ed alla mobilia che non il denaro e beni asportati.