Trento - Visita in carcere. La consigliera provinciale Paola Demagri, con i consiglieri provinciali Michele Dallapiccola e Paolo Zanella, con il collaboratore avvocato Fabio Valcanover hanno fatto visita alla casa circondariale di Spini di Gardolo. “Come consiglieri crediamo sia doveroso portare avanti un’attività di controllo e di sprono su questa realtà. La comunità carceraria rimane parte della comunità trentina e ai suoi membri va garantita la stessa attenzione che viene data al resto della cittadinanza”.
Già nella giornata di Ferragosto la consigliera Demagri era stata in visita alla Casa Circondariale di Spini e oggi, sabato 24 dicembre, ha mantenuto la promessa fatta quel giorno di tornare a controllare lo stato della struttura visita di sindacato ispettivo, dove già nell’ultimo controllo aveva riscontrato diverse criticità. “La realtà delle carceri è un aspetto tanto importante quanto trascurato della nostra società - spiega Demagri -. Purtroppo ad oggi queste comunità si trovano ad affrontare svariate difficoltà, in particolare legate al sovraffollamento, che rendono complicato, se non impossibile, perseguire il primo e vero scopo delle carceri: rieducare i detenuti e reinserirli all’interno della società. La nostra visita oggi è sì una verifica delle condizioni, ma anche un gesto di umanità e garanzia della dignità dovuta ad ogni cittadino, anche a chi ha sbagliato”.
Il principale problema della Casa Circondariale è il sovraffollamento, che va ad impattare ogni aspetto della vita dei detenuti: dalla condivisione di celle inadeguate al numero di occupanti, alla difficoltà a garantire visite ed esami esterni al carcere per l’ assistenza sanitaria, attività lavorative e percorsi di riabilitazione e reinserimento. “Ad oggi nella struttura di Spini sono presenti 343 detenuti di cui 35 donne e 198 stranieri - spiega la consigliera -. Si tratta di quasi 110 persone in più rispetto a quelle previste dal protocollo firmato da Ministero e PAT. Questo ovviamente si traduce in una serie di gravi problematiche lesive della dignità e del benessere sia dei detenuti che del personale”.
“In primis si riscontra una mancanza di agenti della Polizia penitenziaria, il cui numero è tarato su quello dei carcerati previsti dal protocollo e di conseguenza risulta insufficiente nel contesto sovraffollato della struttura. Questo ha delle ovvie ricadute sulla vita della comunità carceraria: non si riesce più a garantire l’adeguata sorveglianza dei detenuti, l’accompagnamento degli stessi all’esterno e la sorveglianza di percorsi ed attività di
rieducazione e riabilitazione, obiettivi primari per la struttura, ed un carico eccessivo di lavoro per gli agenti stessi”.
“Oltre a quella degli agenti rimane critica anche la mancanza di educatori, che, anzi, peggiora. Già quest’estate erano rimasti solo 3 educatori, invece che i 6 preventivati, ma oggi in servizio ne rimangono solo 2. Questo ovviamente appesantisce il carico di lavoro dei professionisti, oltre che diminuire le possibilità di accesso dei detenuti al servizio, risultando in frustrazione, insoddisfazione e progetti di rieducazione limitati.