Concesio - Nel XIV colloquio internazionale di studio sulla figura di "Paolo VI e la pace" in corso a Concesio (Brescia) è stata approfondita la missione della chiesa nella comunità dei popoli.
La seconda giornata del XIV Colloquio Internazionale si è aperta con l’intervento di padre Giampaolo Salvini, che ha introdotto la sessione mattutina, presieduta da José-Román Flecha, con la relazione su “Lo sviluppo è il nuovo nome della pace: Paolo VI e la solidarietà internazionale”.
Nel suo intervento, padre Salvini ha affrontato l’importanza dell’enciclica Populorum progressio all’interno del contesto storico in cui venne emanata. Pur non essendo un documento sulla pace in quanto tale (come era stata la Pacem in terris di Giovanni XXIII), la tematica della pace rimane sullo sfondo di tutto il testo.
Tuttavia il fulcro è proprio il tema dello sviluppo. In questo senso, il relatore ha osservato come la Populorum progressio “è la prima enciclica che si occupa dei problemi dello sviluppo visto come riedizione su scala planetaria della questione sociale”. Non si tratta di un tema , come spesso si è equivocato, che riguarda solo i Paesi poveri, ma anche quelli ricchi: “l’enciclica presenta lo sviluppo come un problema di qualità e di intensità di umanità e come un problema fondamentale per tutti i popoli del mondo, anche per i Paesi ricchi e anche nei confronti della loro vita interna”. Paolo VI non faceva un discorso rinchiuso in una visione di modelli economico-finanziari. “Quello del Papa - ha concluso p. Salvini - era un discorso umano, che parla di un solo mondo che avrà un futuro degno di questo nome soltanto se saprà essere un mondo abitabile per tutta l’umanità”.
La seconda relazione, “Paolo VI e i regimi comunisti dell’Europa dell’Est”, a cura di Philippe Chenaux, è stata letta da Philippe Levillain. L’autore ha ripercorso la politica della Santa Sede nei riguardi dei Pesi dell’Est, ripercorrendo gli accordi con l’Ungheria e la Jugoslavia, proseguendo con quelli con la Cecoslovacchia e quelli più complessi con la Polonia. Centrale in questa politica verso i Paesi dell’Est è stata la partecipazione della Santa Sede nel 1975 alla Conferenza di Helsinki, sulla sicurezza e la cooperazione in Europa. In essa fu particolarmente importante l’azione della S. Sede, attraverso il card. Casaroli, per inserire la libertà di pensiero, coscienza e religione nell’Atto finale di Helsinki.
La mattinata si è conclusa con l’intervento di Tiziano Torresi, su “Pax Romana: intellettuali cattolici e cultura della pace tra le due guerre”. Pax Romana fu il nome dato all’unione internazionale degli universitari cattolici fondata nel luglio 1921 a Friburgo sotto l’impulso della Société des étudiants suisses. La pace che gli studenti avrebbero contribuito a realizzare non poteva che essere romana, ossia avendo come garante il Vescovo di Roma. Sede di questa associazione fu scelta Ginevra e vennero coinvolti giovani di venti paesi. Tuttavia il rapido precipitare degli eventi costrinse l’associazione a dirottare il proprio impegno più nel versante della formazione. L’opera di Montini, assistente della Fuci, fu in questo senso determinante. Non si trattava di una fuga dal mondo, ma impegno concreto anche nelle circostanze più difficili. Come scriveva Montini, “la legge di Dio non è fatta per disimpegnarci dalla solidale responsabilità con i mali e i bisogni del nostro tempo; e la ricerca del mondo soprannaturale non ci dispensa, ma ci comanda di rintracciare nelle necessità dei nostri fratelli più vicini e più sofferenti la faccia afflitta di Cristo”.
La sessione pomeridiana, presieduta dal prof. Xenio Toscani, è stata introdotta dalla relazione di Jean-Dominique Durand, letta dall’allievo Aurélien Zaragori su “Paolo VI di fronte al terrorismo”.