Un testo che nasce dallo sforzo di dare una risposta organica e non occasionale alla rottura del rapporto tra uomo ed ecosistemi con il rapido esaurimento delle risorse che i cittadini vivono nella propria esperienza quotidiana: dall’aumento dell’inquinamento, all’incremento delle popolazioni, all’urbanizzazione sproporzionata, allo sfruttamento intenso del suolo arabile e il depauperamento delle risorse naturali.
E’ necessario concentrarsi sulle risorse proprie dei territori montani, come i proventi da sfruttamento delle acque per la produzione idroelettrica e i canoni ecosistemici, previsti dal collegato ambientale, che devono essere messi a disposizioni delle comunità locali.
Siamo di fronte al riconoscimento di un nuovo ruolo del territorio, capace di produrre risorse e cuore della green economy, che ora impegna chi ha responsabilità politiche e istituzionali a declinare in azioni e risultati le opportunità offerte dal quadro normativo nazionale. Vi sono esempi che arrivano dalla Lombardia, ad esempio, con una serie di forti Bim che ha recuperato quote arretrate di sovracanoni per i Comuni con opportuni rivendicazioni sui proprietari degli impianti idroelettrici. Penso anche alle Comunità e Unioni montane che hanno ridefinito nuovi modelli di valorizzazione delle risorse per la produzione energetica rinnovabile, riducendo il consumo di combustibili e/o aumentando le capacità di assorbimento di Co2. Vi è poi il modello piemontese per la prevenzione del dissesto idrogeologico, grazie a 40 milioni di euro che ogni anno vengono ricavati dalla tariffa del servizio idrico integrato che ogni famiglia paga. Quattro euro a famiglia che rappresentano una fonte importantissima di risorse e tra le poche vere forme di pagamento dei servizi eco-sistemici.
Di notevole interesse è la disposizione del collegato ambientale che prevede le “Oil free zone” (articolo 71 della legge 221/2015).
Al fine di promuovere su base sperimentale la progressiva fuoriuscita dall’economia basata sul ciclo del carbonio e quindi sulle fonti fossili, si prevede l’istituzione di “Oil free zone”, ossia di aree territoriali nelle quali, entro un determinato arco temporale e sulla base di uno specifico atto di indirizzo adottato dai Comuni del territorio di riferimento, si prevede la progressiva sostituzione del petrolio e dei suoi derivati con energie prodotte da fonti rinnovabili.
La costituzione di queste “Oil free zone” è promossa dai Comuni interessati, anche tramite le unioni o convenzioni fra di loro, mentre per le aree naturali protette la costituzione è promossa dagli enti d’intesa con l’ente parco.
Nelle “Oil free zone” sono avviate sperimentazioni concernenti la realizzazione di prototipi e l’applicazione sul piano industriale di nuove ipotesi di utilizzo dei beni comuni, con particolare riguardo a quelli provenienti dalle zone montane, attraverso prospetti di valutazione del valore delle risorse presenti sul territorio.
Il compito di disciplinare le modalità di organizzazione di queste “oil free zone” è demandata alla Regione nell’ambito della propria legislazione di settore, con particolare riguardo agli aspetti connessi con l’innovazione tecnologica applicata alla produzione di energia rinnovabile a basso impatto ambientale, alla ricerca di soluzione eco-compatibili e alla costruzione di sistemi sostenibili di produzione energetica e di uso dell’energia, quali la produzione di biometano per usi termici e per autotrazione. E’ prevista la possibilità per le Regioni di assicurare specifiche linee di sostegno finanziario alle attività di ricerca, sperimentazione ed applicazione delle attività produttive connesse con l’indipendenza dai cicli produttivi del petrolio e dei suoi derivati, con particolare attenzione all’impiego equilibrato dei beni comuni e collettivi del territorio di riferimento.
Nel Collegato ambientale (art. 70) si apre un processo che in tempi brevi dovrà portare alla precisa individuazione dei servizi ambientali oggetto di remunerazione, al calcolo del loro valore e alle modalità di pagamento. Aspetto, quest’ ultimo, di particolare rilevanza, considerato che raramente tali servizi sono “erogati” in un bacino comunale.
Alcuni servizi sono già indicati:
Fissazione del carbonio delle foreste e dell’arboricoltura da legno;
Regimazione delle acque nei bacini montani;
Salvaguardia della biodiversità delle prestazioni ecosistemiche e delle qualità paesaggistiche.
Utilizzazione di proprietà demaniali e collettive per produzioni energetiche.
Nel Collegato vi è la delega al Governo per la decretazione relativa alla introduzione del sistema di pagamento (PSEA). Siamo quindi in una fase di sperimentazione che dovrà vedere il protagonismo dei territori interessati, anche perché non si tratta solo di stabilire prezzi, ma modalità di pagamento e quindi di governance dei servizi medesimi.
Il lavoro di supporto alle amministrazioni locali avrà quindi lo scopo di mettere a fuoco i servizi eco sistemici offerti dal territorio, valutare i costi per garantire la loro erogazione, manutenzione e di conseguenza la modalità di gestione più efficiente ed efficace, aiutati dalle esperienze nazionali e internazionali analizzate".