Informativa

Noi e terze parti selezionate utilizziamo cookie o tecnologie simili per finalità tecniche e, con il tuo consenso, anche per le finalità di esperienza, misurazione e marketing (con annunci personalizzati) come specificato nella cookie policy. Il rifiuto del consenso può rendere non disponibili le relative funzioni.
Usa il pulsante “Accetta” per acconsentire. Usa il pulsante “Rifiuta” per continuare senza accettare.

-

Valle Camonica, in ritardo la stagione dei funghi: il racconto di Dario Dogali

Pian Camuno - Il mese di agosto volge al termine, ci ha riservato un clima impazzito, con giorni torridi e afosi ed altri con eventi paurosi e alluvionali che hanno interessato anche la Valle Camonica. Un ricordo particolare va quanto accaduto verso la fine del mese di luglio a causa della “bomba d’acqua” e della conseguente esondazione dei torrenti Re e Cobello che ha interessato i comuni di Niardo e Braone dove, seppur senza subire vittime (ma purtroppo con alcuni feriti) si sono poi ritrovati con case e strade devastate, distrutte e allagate.


Il viaggio e il racconto sui funghi da parte di Dario Dogali (nella foto), originario di Pian Camuno (Brescia) tra i massimi esperti di funghi in Valle Camonica, Franciacorta, provincia di Brescia e Lombardia, prosegue. Dario Dogali è socio del circolo micologico “G. Carini” di Brescia, partecipa attivamente organizzando mostre micologiche. Ha scritto quattro libri dedicati ai funghi.


di Dario Dogali
"Anche la crescita dei nostri “tanto desiderati funghi” è stata altalenante e perlopiù scarsa, almeno nella maggior parte delle località “setacciate” (sicuramente erano più i “fungaioli” in ricerca che i funghi - leggasi: porcini ritrovati) anche se non sono mancati alcuni miei conoscenti e esperti “Fonser” che mi hanno mandato foto e fatto vedere le loro abbondanti raccolte. Ma torniamo alla nostra rubrica…oggi vi parlerò di quattro specie; tre sono dei buoni commestibile ma poco comuni e sono: Fistulina hepatica, Armillaria tabescens e Calvatia utriformis, la quarta, l’Amanita phalloides è purtroppo molto diffusa nel nostro territorio e specie tossica-mortale.


Fistulina hepatica (Schaeff. : Fries) Fries
Nome italiano: Lingua di bue
Nome dialettale: Lengue dè bò – Lengue dè brüch – Lengue dè ca - Spore
ovoidali


Scheda descrittiva: cappello: 100-200 x 20-60 mm di spessore, carnoso, d’aspetto flabelliforme-reniforme, lobato, liscio, vischioso, dapprima aranciato e ricoperto da verruche giallognole, poi rosso-sangue o rosso brunastro a maturità e con il disseccamento.
Tubuli: piuttosto corti, liberi e separati tra loro, cilindrici, leggermente pubescenti, giallo-rosati pallidi; pori abbastanza larghi, arrotondati, bianco-giallastri, si macchiano di rosso-brunastro allo sfregamento.
Gambo: quando presente, piuttosto corto, con lunghezza massima di 60 mm, tozzo, di forma più o meno cilindracea appiattita.
Carne: inizialmente molle, poi fibrosa, spessa, rossastra, con venature più chiare, secernente un succo rossastro simile a sangue, senza odore particolare e di sapore acidulo.
Habitat: cresce solitaria o in piccoli gruppi su vecchi tronchi o ceppaie di latifoglie, con preferenza per castagni, querce e faggi, dall’estate all’autunno.
Commestibile. E' una specie pressoché inconfondibile con altre e di facile identificazione per la forma caratteristica che ricorda la lingua di un bovino; è un buon commestibile (da giovane) e specie ricca di vitamina “C”. Si può consumare anche cruda.


Armillaria tabescens (Scopoli) Emeland
Nome italiano: Chiodino senza anello - Spore largamente ellissoidali


Scheda descrittiva:
Cappello: con diametro di 30-60 mm, inizialmente campanulato-convesso, poi appianato e infine depresso con ampio umbone ottuso; cuticola con squamule molto fitte, di colore bruno-beige su fondo crema-ocraceo, più sottili, in rilievo e simili a peli nella zona discale e di colore bruno-rossastre; margine sottile, prima involuto-incurvato poi più o meno disteso e brevemente striato e fessurato.
Lamelle: mediamente fitte, da arcuate a brevemente decorrenti, biancastre, poi crema-carnicine e macchiate di brunastro con la maturità; sono presenti lamellule di varia lunghezza.
Gambo: 40-80 mm x 8-12 mm, tenero poi fibrosetto, cilindrico, sovente incurvato, nettamente affusolato alla base e striato-solcato longitudinalmente, di colore bianco nella parte alta, crema-carnicino e imbrunente altrove con sfumature nettamente più scure, bruno-rugginose con la maturità.
Carne: compatta ma tenera nel cappello, fibrosetta nel gambo, biancastra, con odore gradevole, fungino e sapore dolce poi leggermente amarescente.
Habitat: cresce cespitosa in gruppi di più esemplari concresciuti, solitamente ai piedi di querce, in estate-autunno.
Commestibile. Ottimo commestibile, è una specie non molto comune. Da Armillaria mellea e specie simili, si distingue facilmente per la mancanza dell’anello (secondo alcuni Autori questo può essere presente nei giovani esemplari sotto forma di fugaci residui cortiniformi). Tra i “chiodini” viene da molti considerato il migliore e non necessita della prebollitura (indispensabile negli altri per eliminare le tossine idrosolubili) ma si consiglia l’utilizzo di soggetti giovani (si riconoscono dalle lamelle biancastre, non brunastre) e dai gambi solo della parte più tenera e poi far cuocere per almeno 30-40 minuti.


Calvatia utriformis (Bull.

: Pers.) Japp
Spore globose


Scheda descrittiva:
Basidiomi: di 60-150 mm di diametro, con forma subglobosa nella parte alta, distintamente differenziata, attenuata e con aspetto di peseudogambo nella parte inferiore e con evidenti e marcate pieghe e solchi.
Esoperidio: piuttosto denso, inizialmente unito e farinoso, poi dissociato in morbide areole verrucose, in rilievo, larghe circa 1 cm, con aspetto di poligono regolare, bianche, poi con la maturità, si sgretolano e assumono tonalità di colore bruno tabacco.
Endoperidio: mediamente spesso e consistente, ma fragile, bianco, poi bruno-fulvo a maturità.
Carne (gleba fertile): occupa normalmente la parte subglobosa del basidioma, inizialmente già abbastanza distinta dalla subgleba per il colore bianco dissimile, è compatta all’esordio, con la maturazione diviene molliccia, bianco-giallognola poi verdastra e infine bruno-olivastra e pulverulenta; la subgleba, più o meno localizzata nella parte attenuata verso la base, è sterile, ben sviluppata e robusta, all’inizio anch’essa bianca, diviene, a completa maturazione, grigia-marrone con sfumature da rossicce a viola-lilacine.
Habitat: cresce tra l’erba dei prati, sia nei pascoli di collina che di montagna, dall’estate all’autunno.
Commestibile. Specie comune, di crescita gregaria o solitaria, è conosciuta anche come Lycoperdon caelatum o Lycoperdon utriforme. Si riconosce facilmente per l’aspetto esteriore e la taglia massiccia. La sua disgregazione avviene gradualmente, partendo dalla parte apicale e, a maturazione completa, la si può reperire ormai disfatta e ciò che rimane, assume la forma di una coppa brunastra con orlo fortemente lacerato.


Amanita phalloides (Waill. : Fr.) Link
Nome italiano: Tignosa verdognola
Nome dialettale: Bolér dè la saèta - Spore da largamente ellissoidali - subglobose


Scheda descrittiva:
Cappello: con diametro di 60-120 (150) mm, non molto carnoso, inizialmente emisferico, poi convesso, infine appianato e a volte leggermente depresso; cuticola brillante con tempo secco, vischiosa a tempo umido, con presenza, a volte, di resti del velo generale; colore variabile da verdastro-bruno a oliva ma a volte anche biancastra con sfumature giallognole (vedi foto), ornata in modo radiale da fini fibrille innate, piuttosto fitte; margine solitamente più chiaro, liscio, privo di striature.
Lamelle: piuttosto fitte, sottili, larghe, libere al gambo, ventricose, bianche.
Gambo: 70-150 x 10-25 mm, cilindrico, slanciato, attenuato all’apice, inizialmente pieno, poi farcito, cavo nei soggetti adulti, ricoperto da caratteristiche bande cangianti giallo-olivastre su fondo bianco; base bulbosa, con volva ampia, membranosa, persistente, libera in alto, avvolgente sul bulbo, bianca; anello sottile, collocato piuttosto in alto, pendulo, bianco, dalla caratteristica forma a gonnellina.
Carne: inizialmente soda poi molle, biancastra, sfumata di verdastro sotto la cuticola; odore iniziale impercettibile, poi sgradevole a maturità, sapore insignificante.
Habitat: cresce specialmente nei boschi di latifoglie, presso castagni, noccioli, faggi e querce, più raramente presso conifere; dall’estate all’autunno.
Commestibilità: tossica-mortale. Questa specie, frequente nei boschi delle nostre colline, è la principale causa dei gravi avvelenamenti, a volte anche mortali, in cui incorrono incauti e sprovveduti raccoglitori di funghi che la confondono, specialmente quando si reperisce con colori non tipici, con alcune Russule verdeggianti (es: Russula heterophylla, R. virescens), con Amanita citrina (vedi foto) o, peggio ancora, quando chiusa a ovulo, con l’ovolo di Amanita caesarea (fungo prelibato).


Amanita caesarea (fungo prelibato).
Amanita phalloides (tossica-mortale) - nei vari stadi di crescita e colori tipici nei tre esemplari più sviluppati
Amanita phalloides (tossica-mortale) Amanita citrina (non commestibile)


Nel prossimo mese di settembre inizia (o almeno si spera…dovrebbe iniziare) in modo più abbondante la fruttificazione di varie specie di funghi, specialmente in montagna ma ora anche in zone collinari; di questo ne sono consapevoli i “Fonser” (ma anche per quelli che come me sono definiti “Micofili” la cui passione è lo studio dei funghi in senso lato) che continueranno ancora la loro ricerca, specialmente di “porcini”, nei boschi di montagna con forte presenza di Abete rosso e altre conifere ma anche con faggi e altre latifoglie, oppure “migreranno” verso altre regioni (in particolare verso il Trentino-Alto Adige o verso lidi appenninici o il sud Italia dove abbondano i faggi, castagni e le querce). Ho pensato quindi di proporvi quattro specie interessanti; tre sono conosciute dai più come “mazze da tamburo” per la loro forma che ricorda nella fase giovanile una mazza da tamburo e che sono: Macrolepiota procera, specie dalla più che buona commestibilità mentre le altre due, la Macrolepiota rachodes e Macrolepiota venenata che ormai sono considerate da più studiosi, tossiche. Infine vi presenterò il bellissimo e abbondantissimo chiodino di montagna, l’Armillaria ostoyae, con alcune importanti osservazioni al riguardo.


Ultimo aggiornamento: 30/08/2022 05:27:41
POTREBBE INTERESSARTI
ULTIME NOTIZIE