: Pers.) Japp
Spore globose
Scheda descrittiva:
Basidiomi: di 60-150 mm di diametro, con forma subglobosa nella parte alta, distintamente differenziata, attenuata e con aspetto di peseudogambo nella parte inferiore e con evidenti e marcate pieghe e solchi.
Esoperidio: piuttosto denso, inizialmente unito e farinoso, poi dissociato in morbide areole verrucose, in rilievo, larghe circa 1 cm, con aspetto di poligono regolare, bianche, poi con la maturità, si sgretolano e assumono tonalità di colore bruno tabacco.
Endoperidio: mediamente spesso e consistente, ma fragile, bianco, poi bruno-fulvo a maturità.
Carne (gleba fertile): occupa normalmente la parte subglobosa del basidioma, inizialmente già abbastanza distinta dalla subgleba per il colore bianco dissimile, è compatta all’esordio, con la maturazione diviene molliccia, bianco-giallognola poi verdastra e infine bruno-olivastra e pulverulenta; la subgleba, più o meno localizzata nella parte attenuata verso la base, è sterile, ben sviluppata e robusta, all’inizio anch’essa bianca, diviene, a completa maturazione, grigia-marrone con sfumature da rossicce a viola-lilacine.
Habitat: cresce tra l’erba dei prati, sia nei pascoli di collina che di montagna, dall’estate all’autunno.
Commestibile. Specie comune, di crescita gregaria o solitaria, è conosciuta anche come Lycoperdon caelatum o Lycoperdon utriforme. Si riconosce facilmente per l’aspetto esteriore e la taglia massiccia. La sua disgregazione avviene gradualmente, partendo dalla parte apicale e, a maturazione completa, la si può reperire ormai disfatta e ciò che rimane, assume la forma di una coppa brunastra con orlo fortemente lacerato.
Amanita phalloides (Waill. : Fr.) Link
Nome italiano: Tignosa verdognola
Nome dialettale: Bolér dè la saèta - Spore da largamente ellissoidali - subglobose
Scheda descrittiva:
Cappello: con diametro di 60-120 (150) mm, non molto carnoso, inizialmente emisferico, poi convesso, infine appianato e a volte leggermente depresso; cuticola brillante con tempo secco, vischiosa a tempo umido, con presenza, a volte, di resti del velo generale; colore variabile da verdastro-bruno a oliva ma a volte anche biancastra con sfumature giallognole (vedi foto), ornata in modo radiale da fini fibrille innate, piuttosto fitte; margine solitamente più chiaro, liscio, privo di striature.
Lamelle: piuttosto fitte, sottili, larghe, libere al gambo, ventricose, bianche.
Gambo: 70-150 x 10-25 mm, cilindrico, slanciato, attenuato all’apice, inizialmente pieno, poi farcito, cavo nei soggetti adulti, ricoperto da caratteristiche bande cangianti giallo-olivastre su fondo bianco; base bulbosa, con volva ampia, membranosa, persistente, libera in alto, avvolgente sul bulbo, bianca; anello sottile, collocato piuttosto in alto, pendulo, bianco, dalla caratteristica forma a gonnellina.
Carne: inizialmente soda poi molle, biancastra, sfumata di verdastro sotto la cuticola; odore iniziale impercettibile, poi sgradevole a maturità, sapore insignificante.
Habitat: cresce specialmente nei boschi di latifoglie, presso castagni, noccioli, faggi e querce, più raramente presso conifere; dall’estate all’autunno.
Commestibilità: tossica-mortale. Questa specie, frequente nei boschi delle nostre colline, è la principale causa dei gravi avvelenamenti, a volte anche mortali, in cui incorrono incauti e sprovveduti raccoglitori di funghi che la confondono, specialmente quando si reperisce con colori non tipici, con alcune Russule verdeggianti (es: Russula heterophylla, R. virescens), con Amanita citrina (vedi foto) o, peggio ancora, quando chiusa a ovulo, con l’ovolo di Amanita caesarea (fungo prelibato).
Amanita caesarea (fungo prelibato).
Amanita phalloides (tossica-mortale) - nei vari stadi di crescita e colori tipici nei tre esemplari più sviluppati
Amanita phalloides (tossica-mortale) Amanita citrina (non commestibile)
Nel prossimo mese di settembre inizia (o almeno si spera…dovrebbe iniziare) in modo più abbondante la fruttificazione di varie specie di funghi, specialmente in montagna ma ora anche in zone collinari; di questo ne sono consapevoli i “Fonser” (ma anche per quelli che come me sono definiti “Micofili” la cui passione è lo studio dei funghi in senso lato) che continueranno ancora la loro ricerca, specialmente di “porcini”, nei boschi di montagna con forte presenza di Abete rosso e altre conifere ma anche con faggi e altre latifoglie, oppure “migreranno” verso altre regioni (in particolare verso il Trentino-Alto Adige o verso lidi appenninici o il sud Italia dove abbondano i faggi, castagni e le querce). Ho pensato quindi di proporvi quattro specie interessanti; tre sono conosciute dai più come “mazze da tamburo” per la loro forma che ricorda nella fase giovanile una mazza da tamburo e che sono: Macrolepiota procera, specie dalla più che buona commestibilità mentre le altre due, la Macrolepiota rachodes e Macrolepiota venenata che ormai sono considerate da più studiosi, tossiche. Infine vi presenterò il bellissimo e abbondantissimo chiodino di montagna, l’Armillaria ostoyae, con alcune importanti osservazioni al riguardo.