Nel corso delle attività ispettive, l’approfondito esame incrociato della documentazione contabile societaria, del tutto frammentaria e non attendibile, e dei flussi finanziari (sui conti correnti della società e anche dei soci), ha permesso di accertare l’utilizzo in dichiarazione di fatture per operazioni inesistenti (F.O.I.) e di ricostruire una serie di operazioni dolose che ne hanno cagionato il dissesto finanziario.
È emerso, infatti, come i soci avessero di fatto depauperato le casse societarie trasferendo in maniera fraudolenta, dai conti intestati alla società all’estero, somme di denaro derivanti anche dalla vendita di un ramo aziendale redditizio e, successivamente, avessero recuperato le stesse somme su conti personali.
Le complesse operazioni attuate, che hanno interessato diversi conti in Italia e all’estero, la cui ricostruzione è stata estremamente difficoltosa, è stata attuata con operazioni tali da ostacolare l’origine delittuosa delle somme (frutto della bancarotta mediante distrazione), così attuando anche il delitto di riciclaggio, che ha proprio quella tipica finalità di occultamento.
I sequestri
Le indagini e gli approfondimenti compiuti hanno indotto la Procura di Sondrio a ravvisare la sussistenza di diverse fattispecie delittuose, allo stato provvisoriamente attribuite ai tre imprenditori valchiavennaschi: bancarotta fraudolenta (patrimoniale e documentale) e di evasione fiscale, che hanno generato la provvista di origine illecita; quindi, quello di riciclaggio, cui sono ricorsi per recidere i legami della provvista guadagnata illecitamente con la provenienza da reato. La solidità dell’impianto probatorio è stata riconosciuta dal Giudice per le Indagini preliminari, il quale ha emesso, su richiesta della Procura della Repubblica, il sequestro preventivo finalizzato al recupero delle somme evase, distratte e riciclate, sino alla concorrenza di 3.000.000 euro, da ricercare sui conti correnti intestati agli indagati ovvero anche aggredendo immobili e beni mobili nella disponibilità degli indagati per un valore equivalente al capitale da recuperare.
I militari hanno dato esecuzione alle misure cautelari reali disposte dal Gip, sottoponendo a vincolo cautelare, quale illecito profitto dei reati oggetto di contestazione, circa 1.300.000 euro, consistenti in: 25 beni immobili, per un valore complessivo superiore al milione di euro e disponibilità economiche giacenti su rapporti bancari e finanziari per oltre 250.000 euro.