TRENTO - La
situazione nel carcere di
Gardolo peggiora. Visita ispettiva alla casa circondariale di Gardolo della
consigliera provinciale Movimento Casa Autonomia,
Paola Demagri, insieme al Garante dei detenuti
Giovanni Maria Pavarin e alla sua collaboratrice
Federica Rottaris.
"La situazione peggiora, ma l’impegno non si ferma - spiega la consigliera provinciale
Paola Demagri -.
Ogni anno mi dedico con costanza alla comunità che vive e lavora all’interno del carcere: detenuti, polizia penitenziaria, professionisti sanitari ed educatori. Ogni anno porto alla luce le criticità, cerco soluzioni, raccolgo testimonianze. Ma ogni anno mi scontro con l’indifferenza della politica locale. Forse perché i detenuti non votano, o non risiedono in Trentino? Forse perché il carcere è considerato un mondo a parte, da ignorare finché non esplode? Eppure, la Casa Circondariale di Spini di Gardolo è parte integrante della nostra comunità. E come tale, merita attenzione, rispetto e investimenti".
"Ieri - prosegue Demagri -
insieme al Garante dei detenuti Giovanni Maria Pavarin e alla sua collaboratrice Federica Rottaris, ho effettuato una visita ispettiva congiunta alla struttura. L’obiettivo era duplice: monitorare la situazione del personale sanitario e verificare le condizioni del reparto cucina. Ma ciò che è emerso va ben oltre. Sovraffollamento e sotto-organico: una bomba sociale. I numeri parlano chiaro. L’accordo tra Provincia e Governo prevede una capienza di 240 detenuti. Oggi ce ne sono 370: 331 uomini e 39 donne.
Di questi:114 sono “protetti”, 4 in regime di semilibertà,14 rientrano nell’articolo 21, 190 sono extracomunitari, 86 sono in custodia cautelare, 10 sono in carico alla REMS di Pergine Valsugana".
"A fronte di questo sovraffollamento - aggiunge - la polizia penitenziaria è drammaticamente sotto organico: 160 agenti in servizio contro i 199 previsti dalla pianta organica. Il personale è stremato, il clima è teso, la gestione è al limite. Sanità in affanno, cucina sotto osservazione. Il personale sanitario medico è composto in gran parte da gettonisti, con un forte sottodimensionamento degli infermieri. Il carcere non è considerato un ambiente appetibile dall’Azienda Sanitaria: chi ci lavora vuole andarsene, chi potrebbe entrare non lo fa. Le difficoltà sono accentuate dal fatto che la visione clinica dei sanitari spesso si scontra con quella ambientale degli agenti, generando tensioni e ostacolando la gestione dei detenuti. Sul fronte alimentare, i detenuti lamentano porzioni ridotte e distribuzioni non eque. Questo genera malcontento e rischia di esasperare ulteriormente un clima già fragile".
"Durante la visita - conclude la consigliera provinciale - abbiamo analizzato l’intero processo di preparazione dei pasti e individuato criticità che saranno affrontate nelle sedi competenti. È stato segnalato l’uso di alcolici e sostanze stupefacenti che non provengono dall’interno del carcere, ma che comunque circolano. Inoltre, la struttura - che fa capo al Provveditorato del Triveneto - accoglie detenuti da regioni limitrofe, generando un flusso continuo di ingressi e transiti che aggrava il carico di lavoro e destabilizza la comunità interna. Serve una svolta politica. Il mio impegno, insieme a quello del Garante Pavarin, non si limita alla denuncia. Chiediamo con forza al Presidente Fugatti di tornare a battere i pugni sul tavolo del Ministero della Giustizia. Servono: più agenti, più risorse per i progetti di reinserimento e un Provveditorato autonomo per il Trentino Serve una presa di coscienza politica che non si limiti a visite simboliche, ma si traduca in atti concreti. Se davvero vogliamo offrire ai detenuti una possibilità di riscatto, dobbiamo partire da qui: dal riconoscere che anche chi ha sbagliato ha diritto a un futuro che si ricostruisce partendo dal carcere".