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Povertà, in Trentino la situazione migliora

I risultati della conferenza in Consiglio provinciale: pesano le paghe basse e il costo della casa

Trentoi - Povertà, in Trentino la situazione migliora, ma pesano le paghe basse e il costo della casa. A Palazzo Trentini è stato tracciato un quadro sul fenomeno della povertà: in Trentino, da quanto risulta dalle prime relazioni della mattinata, la situazione è in lento miglioramento anche se, come nel resto d’Italia, cresce la quota di lavoratori che rischiano di cadere in povertà. Un fenomeno, quello del rischio povertà o della povertà che riguarda sempre più i giovani, le famiglie numerose e le donne per un totale di 60 mila persone. La Provincia eroga la quota A dell’Assegno unico, destinato alla lotta alla povertà, a 9126 famiglie per una spesa di 21 milioni di euro all’anno.

La conferenza, coordinata da Sandra Perini, dirigente del servizio legislativo del Consiglio, è stata aperta dal presidente del Consiglio, Claudio Soini il quale ha ricordato che questa sulla povertà è la terza che si tiene in questo primo scorcio di legislatura. Alessio Manica (Pd), primo firmatario della richiesta di tenere la conferenza, il quale ha ricordato che l’iniziativa è partita da Paolo Zanella (Pd) e ha ringraziato, oltre alla struttura, anche i capigruppo della maggioranza che hanno sostenuto la proposta. Le ragioni di questa richiesta derivano dal fatto, ha detto, che la povertà, nelle sue dimensioni, si fa sentire anche in Trentino. Manica ha ricordato che una delle fonti delle gravi difficoltà nelle quali molte persone si dibattono anche in Trentino sono gli stipendi bassi, il problema della casa, i costi della sanità, l’immigrazione e la carenza di accoglienza e il peggioramento della povertà educativa. L’assessore Mario Tonina ha anche lui ricordato che le povertà sono sempre più diffuse e se il nostro territorio può vantare una situazione migliore ciò non ci esime dall’ impegno su questo tema che rimane centrale. Un tema, ha ricordato Tonina, che deve essere trasversale a tutte le competenze della nostra autonomia. La Provincia, ha aggiunto, è al lavoro su questo fronte che è complesso anche perché spesso è caratterizzato da reti di fragilità che riguardano gli anziani, le difficoltà abitative e spesso anche le fragilità educative. Il tema delle nuove e vecchie povertà deve essere inserito, ha detto ancora Tonina, ai primi posti dell’agenda politica anche perché si rischia di compromettere il futuro e i sogni delle nuove generazioni. La politica, quindi, deve fare la sua parte fino in fondo. Infine, Tonina ha ricordato un’altra emergenza: la denatalità. Un problema che rischia di peggiorare il quadro delle povertà. Una sfida per la nostra autonomia che dovrà dimostrare di saper trovare una propria via per dare una risposta a queste emergenze.

In Italia la povertà colpisce soprattutto giovani e donne
Tra gli esperti la prima a prendere la parola è stata Chiara Saraceno, professoressa emerita di Sociologia della famiglia dell’Università di Torino la quale ha ricordato che ci sono caratteristiche della povertà che rimangono stabili in Italia: prima di tutto il fenomeno riguarda in particolar modo le famiglie, in particolare con minori (si arriva ad un rischio povertà 12,5%) e numerose (20,3%); c’è una forte concentrazione territoriale, cioè al sud, anche se negli ultimi anni, per la prima volta, è aumentata di più al nord; e nelle famiglie straniere. Inoltre, la povertà colpisce sempre di più i nuclei familiari di lavoratori, specie se monoreddito o numerosi (con tre figli o più), o madri sole. Infine, la povertà assoluta è cresciuta con la crisi finanziaria, in particolare dal 2011, e la pandemia. Saraceno, ha poi aggiunto, che essere poveri in una realtà che non lo è, come il Trentino, è ancor più pesante. Un dato positivo riguarda la povertà degli anziani, che negli anni è andata calando. Le famiglie con un anziano che rischiano di diventare povere sono il 6,4%. In generale il disagio economico interessa i minorenni e i giovani e su questo fenomeno pesa molto la povertà educativa, alimentata da fenomeni come la mancata acquisizione di adeguate competenze (22% degli studenti) o come la dispersione scolastica che ha un chiaro connotato di classe (alle professionali raggiunge il 7,9%, nei licei l’1,6%) ed è ancora più acuta tra gli stranieri. In Italia, infine, la povertà nonostante il lavoro, a causa del declino dei salari, della crescita del costo della vita, del precariato e del part – time involontario, è tra le più alte d’Europa e colpisce in particolare i lavoratori stranieri e le donne.

In Trentino 60 mila persone a rischio povertà, ma la situazione migliora
Vincenzo Bertozzi, sostituto dirigente dell’Istituto di Statistica Pat ha affrontato i numeri della povertà in Trentino. Misurare la povertà, ha spiegato, non è facile, perché ci sono tante misure tutte giuste. Si può misurare una famiglia per reddito o per consumi, due metodi che hanno i loro pregi e difetti e Ispat ha scelto l’analisi del reddito che dà maggiori garanzie. C’è poi il campo della povertà assoluta: statisticamente significa che una famiglia spende meno di una cifra che definisce un livello di vita dignitoso, mentre la povertà relativa è determinata da un reddito sotto il 60% di quello che viene considerato il reddito mediano. In Trentino l’indice di popolazione a rischio povertà, con l’Alto Adige, è il più basso a livello nazionale (6,9%) e la situazione, ha ricordato il dirigente, è in lento ma costante miglioramento. Ma la povertà, ha aggiunto il dottor Bertozzi, è un fenomeno multidimensionale che va dalla grave deprivazione materiale e sociale (l’impossibilità di potersi permettere un vestito nuovo, un’auto o una settimana di vacanza); a quello della bassa intensità di lavoro, cioè chi fa lavori precari molto brevi. Con questi parametri si arriva all’11% della popolazione. Qui si evidenzia una distanza maggiore dall’Alto Adige e ci si avvicina di più al Nord Est (11,2); in Italia e in Europa siano ad una percentuale doppia dalla nostra. In termini numerici gli individui a rischio povertà sono 37 mila, se si consideriamo anche l’esclusione sociale si arriva a 60 mila. Le famiglie a rischio sono 18 mila , 25 – 26 mila se consideriamo anche i criteri che comprendono l’esclusione sociale. Le caratteristiche dei poveri: la situazione peggiora se il principale percettore di reddito è una donna o uno straniero ha un titolo di studio basso. C’è poi il capitolo delle famiglie che oscillano attorno al rischio povertà in particolar modo se devono affrontare spese impreviste.

Assegno unico per la povertà per 9126 famiglie
Nadia Rampin, sostituto dirigente dell’Agenzia provinciale per l’assistenza e la previdenza integrativa della Pat ha parlato dell’Assegno Unico provinciale istituito nel 2016. Una spesa per la quota A dell’assegno unico è di 21 milioni all’anno, per un totale di 9126 famiglie. I principi che stanno alla base, ha spiegato la dirigente, sono l’universalità; la selettività e il condizionamento alla ricerca di un lavoro. Cinque sono le quote alle quale possono accedere le famiglie: la A per il contrasto alla povertà; la seconda aiuti per i figli minori, la terza, il sostegno per nuclei familiari invalidi e poi il sostegno e l’una tantum alla natalità. La quota A viene erogata in concorrenza con le misure statali e il massimo dell’assegno è di 950 euro al mese, 11 mila 400 all’anno. La maggior parte dei beneficiari è attorno ai 2000 euro l’anno con punte, poche, di 11,400. Svettano le copie con figli, le donne e le famiglie mono genitoriali. In questa “classifica” gli anziani sono nelle posizioni di fondo. Le situazioni sono stabili e ciò viene messo in evidenza dal fatto che circa il 70% delle famiglie ripresenta ogni anno la domanda di assegno unico. Sulla situazione economica delle famiglie, ha ricordato Nadia Rapin, pesa moltissimo l’affitto.

Il livello culturake è determinante
Ha concluso il panel, che individua e misura caratteristiche e distribuzione territoriale della povertà l’intervento di Mirco Tonin, direttore dell’Istituto di ricerca valutativa sulle politiche pubbliche della FBK. Il professore ordinario di politica economica dell’Università di Bolzano ha parlato di povertà dal punto di vista della capacità di spesa delle famiglie. Da uno studio sulle bollette dell’acqua in Inghilterra, è emerso che le famiglie a reddito più alto si preoccupano di più dei maggiori costi. Lo stesso dicasi per un altro caso svolto in Svizzera sui dentisti laddove le diagnosi di intervento gravano maggiormente sulle persone a minore reddito. Il fenomeno è dovuto ad una combinazione di due cose: basso reddito spesso significa minore grado di istruzione e il secondo aspetto è che essere poveri implica un carico mentale stressante con minore capacità di fare scelte adeguate. Dunque le conoscenze di base delle persone sono particolarmente importanti. Da una recente statistica effettuata su 1000 trentini e altoatesini emerge che le competenze di base della popolazione regionale è simile a quello dell’Italia che si trova però tra quelli con minori competenze tra i paesi Ocse. Tonin ha analizzato il documento evidenziando le basse conoscenze su diversi contesti economico finanziari e di previdenza. Le persone mediamente più colte hanno conoscenze più elevate, così come le persone più ricche. Dunque ancora una volta: competenze basse significa maggiore rischio di venire sfruttato dal sistema.
Quanto alle microimprese, le 1700 trentine hanno una capacità di risposta superiore a quelle italiane e anche qui il titolo di studio dell’’imprenditore conta. Uno degli elementi della povertà è dunque quello delle basse competenze e da questo punto di vista contano dunque anche gli investimenti in questa direzione.

La Conferenza su “Il fenomeno della povertà in Trentino” è proseguito con tre panel nella sessione pomeridiana: il primo dedicato alle politiche attuate in Trentino a contrasto della povertà e dell’esclusione sociale; il secondo sul ruolo degli enti del terzo settore nella gestione del fenomeno; il terzo riguardante le prospettive future.

Azioni e misure in contrasto alla povertà e all’esclusione sociale: le politiche contro la povertà in Provincia di Trento
Il mercato del lavoro: in Trentino tasso di inattività delle donne del 32,3% Stefania Terlizzi, dirigente generale dell’Agenzia del lavoro della Provincia di Trento, ha parlato del fenomeno della povertà dal punto di vista lavorativo. Lavorare non è sempre sufficiente per non essere poveri, ha ricordato. In Trentino il part-time incide per il 38,6% sulle donne, contro il 5,3% dei maschi, mentre il tasso di inattività è molto alto delle donne, il 32,3% contro il 21,8% degli uomini. Gli indicatori colpiscono il genere femminile, ha chiarito. Il tema part-time produce un rischio scivolamento nella povertà e fenomeni di segregazione (orizzontale e verticale). Esiste un differenziale di circa 11 punti percentuale tra le donne che lavorano che hanno e quelle che non hanno figli. Ciò, ha spiegato Terlizzi, influisce sul gender pay gap. Durata dei contratti: anche in Trentino si conferma che il lavoro a tempo determinato non è uno strumento di entrata nel mercato, ma resta legato a una situazione di precarietà che si protrae nel tempo. Al crescere delle competenze crescono la retribuzione e l’occupazione stabile, ha specificato: avere oggi nella popolazione trentina una caratterizzazione preponderante verso l’istruzione secondaria (il 52,5%) incide in questo senso. Infine ha proposto il quadro osservato ai centri per l’impiego: rispetto al programma GOL si può dire che su 20.000 utenti profilati ben l’11,3% ha una problematica di tipo sociale; si tratta di donne, stranieri e over 30, vivono in nuclei con reddito inferiore a 1.500 euro, il 7,5% ha condizioni di debito finanziario grave o insolvenza, ⅗ sono persone fragili che non hanno una rete di sostegno familiare.

D’Urso: garantire equità di accesso, presa in carico ed erogazione
Antonio D’Urso, dirigente generale del Dipartimento salute e politiche sociali della Provincia di Trento, ha parlato di una situazione particolare del Dipartimento di avere da una parte l’obiettivo della famiglia sotto il profilo sociale e dall’altro sotto il profilo sanitario un approccio riferito alla persona. Sotto il profilo sociale, ha detto, si è cercato di sviluppare la prevenzione, bisogna approcciare e migliorare il sistema di welfare trentino, lottare per avere strumenti importanti di contrasto alla povertà educativa. Sotto il profilo sanitario l’approccio è individuale. Il dirigente ha citato l’articolo 32 della Costituzione e parlato di un diritto alla salute agito: perché lo sia bisogna garantire equità di accesso, presa in carico ed erogazione. Il servizio sanitario deve perciò essere più capillare sul territorio, più vicino ai bisogni delle persone e più in grado di intercettare i bisogni. D’Urso ha fatto riferimento ai fondi Pnrr e al Dm 77 e si è augurato che il nuovo modello di assistenza sanitaria territoriale consenta un avvicinamento delle persone nei confronti dei servizi, a partire dalla medicina generale, per arrivare a livelli di cura sempre più complessi. Siamo in piena sintonia con un welfare sanitario vicino alle persone, ha affermato ancora.

La povertà come condizione multidimensionale, le misure adottate
Miriana Detti, dirigente generale dell’Agenzia per la coesione sociale della provincia di Trento, ha affermato che il Trentino ha una lunga esperienza nel settore della promozione del benessere familiare con la legge 1 del 2011. Tra i pilastri fondamentali ha collocato la centralità delle politiche per la famiglia. Le politiche dell’Agenzia, ha spiegato, sono volte a supportare il benessere familiare e a prevenire lo scivolamento delle famiglie verso situazioni di povertà. Ha ricordato, tra le misure economiche adottate, la dote finanziaria per l’indipendenza dei giovani e contributo alla nascita dei figli, il contributo per famiglie numerose, il voucher sportivo, quello culturale, l’Euregio Family Pass. Importanti le misure di conciliazione vita-lavoro (contributi agli enti che organizzano soggiorni estivi e buoni di servizio Fse), ha detto, e ha proposto una disamina dei distretti famiglia (20, con oltre 1.100 organizzazioni aderenti) e del welfare territoriale. Tra le misure ha inserito le certificazioni per il benessere e l’inclusione (Family in Trentino con 338 organizzazioni certificate, Family Audit con 216 organizzazioni certificate con sede legale in Trentino e 438 a livello nazionale, il Marchio Open). Infine le politiche giovanili (con il Scup) e per le pari opportunità.

Le riforme necessarie, da quella dell’Aup a quella di Icef e politiche per la casa
Walter Viola, dirigente generale dell’Umst Resilienza abitativa, sostenibilità e assegno della provincia di Trento, ha approfondito la prospettiva della riforma dell’Aup (quota A), la questione riferita all’Icef e quella delle politiche per la casa. C’è una forte volontà di arrivare a una riforma della quota A di sostegno al reddito dando un forte impulso all’attivazione del lavoro, ha spiegato, si spingerà molto di più su questo aspetto tenendo conto che il cammino è abbastanza difficile perché ha visto uno scenario mutato negli ultimi tempi. Rivedere la misura e renderla più efficace è lo scopo principale della revisione su cui si sta lavorando, ha spiegato. L’Icef: ha avuto una storia molto importante, nel tempo è passato da strumento generale di valutazione e misurazione della situazione economica e patrimoniale a strumento delle singole politiche. Ci sono circa 36 Icef, uno per ogni politica, con tutti i disallineamenti che ciò comporta: lo strumento va rivisto nella sua struttura perché nell’attribuzione del valore dell’indicatore attualmente il patrimonio pesa solo il 4,4% mentre la situazione reddituale copre il restante 95,6%. Si rende necessaria una rivisitazione che muova verso la semplificazione, una maggiore equità e che riporti l’indicatore a strumento della misurazione economica complessiva. Si sta ragionando nel senso di una semplificazione riportando a 4 settori, ha riassunto. Politiche per la casa: in Trentino ci sono 387.401 abitazioni, 60,8% occupate, 39,2% non occupate da dimoranti abituali (molto alta l’incidenza delle seconde case); il 74,8% delle famiglie ha abitazione di proprietà, il 16,5% è in affitto e l’8,1% in usufrutto/uso gratuito. Il mercato delle locazioni in Trentino è del 16% con delle grandi differenze sui diversi territori; nella fascia giovane tra i 18 e i 39 anni il 36,4% delle famiglie è in affitto e il 47,5% ha abitazione di proprietà. Il 24,9% delle famiglie sta pagando un mutuo per acquisto o ristrutturazione della prima casa. L’obiettivo che Viola ha tracciato per il medio-lungo periodo è il diritto alla casa accessibile a tutta la popolazione.
Tra le linee di indirizzo ha posto l’incremento dell’offerta abitativa per la fascia debole della popolazione, il favorire una risposta all’emergente bisogno della fascia grigia della popolazione, misure destinate a giovani, risanamento di immobili esistenti, zone svantaggiate. Tra i concetti innovativi ha proposto Riurb e Rival.

La povertà educativa, le disparità e le strategie a contrasto
Giuseppe Rizza, sovrintendente scolastico provinciale, ha proposto una disamina articolata su sfondo, ambiti di azione e sfide. Negli ultimi anni si sono registrate azioni di rafforzamento della Pat in termini di benessere dei ragazzi e sulla comunità educante, ha ricordato, a caratterizzare il territorio permane una forte correlazione tra lo status socio-economico e le performance scolastiche. Si registra una disparità tra i centri e le zone periferiche o non urbane, ha spiegato Rizza, e c’è un preoccupante divario di genere. Ancora: si assiste a una crescita importante del numero di studenti e studentesse con disabilità (4%) e Dsa (6%), in prevalenza maschi con picchi nella formazione professionale. Gli studenti stranieri rappresentano il 12,4%, affrontano maggiori fragilità e hanno esiti mediamente più bassi. Gli ambiti d’azione su cui si agisce: misure di supporto economico per l’accesso all’istruzione, dispositivi di prevenzione e contrasto alla dispersione scolastica, modelli di educazione inclusiva e interculturale, strategie di contrasto al divario digitale, plurilinguismo come competenza chiave e strumento di mobilità sociale, scuole aperte. Ancora: reti territoriali, formazione dei docenti come leva strategica. Le sfide pro futuro: restano una disomogeneità di tipo territoriale nell’implementazione, una persistenza di un effetto significativo dello status socioeconomico sulle traiettorie educative, sebbene attenuato rispetto al contesto nazionale. C’è una crescente incidenza di problematiche psicosociali complesse che richiedono nuove competenze professionali; bisogna continuare a valorizzare la formazione professionale come percorso di qualità e non residuale. Tra le azioni in corso ha collocato l’implementazione sistematica di un approccio curricolare basato sulle competenze trasversali, l’integrazione dell’educazione socio-emotiva nel curricolo formale, la maggiore collaborazione tra settore economico, istituzioni e scuola, la transizione verso modelli valutativi formativi e processuali e la valorizzazione di modelli formativi flessibili, modulari e personalizzabili.

Solidarietà per combattere la povertà economica, politica e sociale
Federica Sartori, dirigente del Servizio politiche sociali della provincia di Trento, ha detto che parlare di povertà significa non parlare solo di povertà economica, ma cercare di lavorare sulla povertà già manifesta e sui fattori di rischio. Ha citato l’articolo 2 della Costituzione che parla di solidarietà economica, politica e sociale: sono queste tre le dimensioni che caratterizzano la povertà e la solidarietà è la via indicata per la soluzione. La povertà è anche di accesso alle opportunità e di scelta, privazione continua e cronica di risorse, capacità, scelte, sicurezza e potere, ha ricordato. Un sistema di welfare cerca di far in modo che le persone e i nuclei scivolino sempre meno nella povertà, protegge chi vive la povertà, si connette con le politiche per la casa, educative, scolastiche, per il tempo libero e abilita, non assiste solamente. Questi i principi che un sistema di servizi sociali pubblico ha di per sé, ha affermato, affrontare il tema con la consapevolezza che oltre il sociale ci sono mondi che lo fanno assieme a noi crea forza. Ha citato la lp 13 e ricordato come la Pat affronta il tema, con interventi monetari (Aup quota A e l’intervento straordinario), a sostegno della persona, della genitorialità, della comunità.

Contrasto alla povertà: il percorso di accompagnamento
Elisa Rizzi, responsabile del Servizio socio-assistenziale della Comunità della Valle di Cembra, ha parlato del percorso di accompagnamento che le persone intraprendono quando hanno accesso al servizio sociale. Ha ricordato come sia importante che l’assistente sociale non attui solo pratiche, ma lavori per costruire un percorso verso l’autonomia. Una prima fase di valutazione che consente di connettere le risorse con i bisogni, che faccia sì che il sostegno economico non sia una goccia nel deserto. Importante insomma non dare solo un aiuto estemporaneo, ma costruire un percorso di uscita dalla fragilità che valorizzi le competenze e costruisca contatti con la comunità. La povertà non è solo economica, ma anche relazionale, di legami, ha spiegato Rizzi, questa aumenta esponenzialmente in contesti isolati e si combatte con servizi di conciliazione reali ed efficaci. Importante è il lavoro di rete e di comunità; importantissimo è saper analizzare il territorio e saper incidere, ha dichiarato. Ha quindi portato l’esempio dell’Emporio solidale, non solo un supermercato per chi ha difficoltà economiche, ma anche luogo di incontro, conoscenza e incontro tra le risorse, e la consegna di pacchi viveri (un’occasione di ascolto e costruzione di relazione e fiducia). Ha infine introdotto il concetto di “comunità generativa”.

Comune di Trento, le politiche: dagli spazi per crescere all’ostello per lavoratori
Sabrina Redolfi, dirigente del Servizio welfare e coesione sociale del Comune di Trento, ha tracciato un quadro delle politiche del Comune di Trento. Ha citato in questo senso l’Intervento economico straordinario: dal 2019 al 2024 in termini di numero di domande valutate (234 nel 2019 e 254 nel 2024) e interventi concessi (224 nel 2019, 252 nel 2024) il numero non è variato di molto, ma è variato tantissimo l’importo. Dal 2021 in poi il 92% della somma erogata fa riferimento a spese relative all’abitazione: si incontrano persone che sono in difficoltà nel pagare le bollette e pagare gli affitti. Povertà relazionale, isolamento e solitudine: aumentano le famiglie unipersonali (43% delle famiglie) e aumentano gli anziani, in futuro ci sarà il problema del sostegno agli anziani e del venir meno della rete familiare di sostegno. Il Comune, ha spiegato Redolfi, lavora per creare nei quartieri spazi di comunità multidisciplinari dove le persone si sentono accolte, per creare interventi diffusi, flessibili, multidisciplinari in luoghi non connotati. Povertà educativa: si cerca di intercettare quelle dei ragazzi e quelle dei genitori, lavorando nelle prime fasce di età dei bambini, anche sullo 0-3 (con spazi per crescere nei parchi, a scuola). Povertà abitativa: gli sfratti sul mercato privato hanno visto un’impennata dal 2021 in poi soprattutto per finita locazione (da 5 nel 2019 a 17 nel 2024). Il Comune, ha ricordato, lavora a un progetto di ostello per i lavoratori sulla ex Bellesini: stanze per i lavoratori precari con affitti molto bassi, sui progetti di accoglienza. Povertà educative e competenze lavorative: attivi i laboratori per i requisiti lavorativi e i centri del fare e gli interventi 3.3.D. Povertà estrema: il dato dei senza fissa dimora è in crescita (dal 2018 con 120 persone al 2024 con 323): il Comune finanzia dormitori notturni (nel 2025 35 posti permanenti + 24 per il periodo invernale) per richiedenti protezione internazionale in attesa di inserimento nei percorsi ministeriali.

Il ruolo degli enti del terzo settore nella gestione del fenomeno della povertà
La Consulta delle politiche sociali: il problema casa è generale
Paolo Tonelli, presidente della Consulta delle politiche sociali, ha detto che le povertà materiali spessissimo si trascinano parte delle altre povertà. L’attenzione al reddito delle famiglie e alla loro capacità di spese è un elemento sempre più importante, ha dichiarato. Ha portato ad esempio la media degli affitti a Riva del Garda 1.200 euro al mese, a fronte di redditi medi di 1.400 euro al mese: a quale tipo di vita una persona può aspirare? Si registra una multiproblematicità e l’aumento del disagio, ha raccontato Tonelli, il dato dice che le persone che si presentano alle cooperative e agli enti sul territorio presentano sempre di più problematiche sempre più articolate e difficili da affrontare che richiedono anche professionalità più elevate di quelle - già alte - che ci sono. Ha parlato del problema della casa: non è solo generale, ma riguarda quasi tutti gli interventi. Anche da un punto di vista dei costi dell’ente pubblico la situazione è complessa, ha detto. Se non c’è una casa anche le coppie che si stanno per separare non possono farlo, ha ricordato, con conseguenze disastrose anche a livello sociale. Tonelli ha posto l’accento sui diritti dei bambini, di avere i genitori, di avere un’educazione: l’ente pubblico deve affinare le capacità di spesa anche in una realizzazione della necessità della relazione con il privato sociale, della relazione tra entità diverse. Difficilissimo da attuare sui territori: serve un progetto organico pubblico e privato sui singoli territori, di messa attorno a un tavolo delle realtà che agiscono sul profilo sociale. Ciò comporterebbe una diminuzione dell’incremento della spesa che sarà necessario nei prossimi anni, ha detto Tonelli. Se c’è un bisogno bisogna dare risposta, ha proseguito, ma bisogna anche cercare di fare prevenzione: tutta la politica deve essere politica sociale e pensare al fallout sociale degli investimenti.

Caritas: l’attività in mensa, negli empori solidali, in carcere, per l’accoglienza
Fabio Chiari, referente della Caritas di Trento, ha sottolineato la visione necessaria nell’approccio della povertà, legata certo agli aspetti sociali e strutturali, ma anche a quelli simbolico relazionali, di attenzione alla discriminazione, alterizzazione e micro-aggressioni verbali. Ha parlato dell’esperienza di Caritas a partire dal negozio Altr’uso di Trento (39.134 capi venduti nel 2024, anche a studenti universitari) per continuare con la Mensa della provvidenza (ha accolto mediamente 180 persone a Trento e 45 a Rovereto con rispettivamente 250 e 160 volontari), con i servizi in carcere (48 ingressi nel 2024 con 453 detenuti aiutati), con gli empori solidali (a Cristo Re, Pergine, Valle dei Laghi e in apertura in Val di Cembra e Riva-Arco). Ancora: il magazzino mobili e il mercatino delle pulci di Rovereto, l’accoglienza delle persone provenienti dall’Ucraina (52 ospitate in 15 alloggi delle canoniche dismesse nel 2024), l’accompagnamento di chi esce dai percorsi di Psichiatria, il fondo “inFondo speranza” (139.670 euro erogati nel 2024, andati tutti a coprire spese di utenze e affitti), “Premurosi nell’ospitalità” (accolti 98 pazienti con i loro famigliari nel 2024). Chiari ha sottolineato il problema relazionale e della solitudine (in città) e ha indicato come ruolo del terzo settore quello della sussidiarietà, non della sostituzione dell’ente pubblico.

Trentino Solidale: da 5 a 838 volontari
Giorgio Casagranda, presidente del Centro servizi volontariato del Trentino, presidente di Trentino Solidale, ha citato i numeri di quest’ultima realtà: 702 volontari-soci, 109 volontari-lavoratori di pubblica utilità, 27 volontari-studenti in alternanza scuola-lavoro. Complessivamente nel 2024 hanno operato per l’associazione 838 persone che hanno donato 191.613 ore di lavoro alla comunità e portato cibo a 2.300 famiglie in Trentino. Una realtà che è nata nel 2010 dal lavoro di 5 volontari che ora conta oltre 330 punti di raccolta. Ha citato l’evoluzione della normativa della lotta allo spreco, a partire dalla legge del 2003 “del buon samaritano” e dalla legge 10 del 2017. I progetti non finiscono qui, ha detto: ha citato in questo senso il progetto “Trentino Solidale va a scuola” fatto per spiegare ai ragazzi che non bisogna sprecare (nel mondo il 57% del cibo buttato lo buttano le famiglie, bisogna andare nelle scuole e fare dei ragazzi degli ambasciatori di cultura). Ha parlato infine del progetto di recupero volto ad allungare la vita delle cose “Dono Trentino”.

Comunità accoglienti: la proposta di un tavolo permanente
Claudio Bassetti, presidente della Federazione regionale del Trentino-Alto Adige Südtirol del Coordinamento nazionale comunità accoglienti (Cnca), ha dichiarato che il problema è multifattoriale, non è facile trovare soluzioni. Noi 20 Comunità accoglienti in regione lavoriamo quotidianamente a contatto con la povertà assoluta ma anche con quella meno visibile e rilevabile. Si costruisce così cultura dell’accoglienza, della solidarietà, dei diritti. Si abbattono i muri dell’indifferenza. Povertà minorile e povertà educativa sono due aspetti che ci stanno molto a cuore. L’ascensore sociale si è bloccato, ha detto, ed è grave. L'abbandono scolastico è rilevante (8,2% dato 2023), così come il dato del 32% di studenti con competenze alfabetiche inadeguate. Parliamo di carcere, l’istituzione dove confluiscono tanti poveri. E parliamo di gioco d'azzardo, fenomeno che genera povertà: il movimento vale circa un decimo dell’intera manovra finanziaria della Provincia. Molti minori sono attratti da questa deriva. Invitiamo al tavolo permanente che intendiamo animare su questi temi, le istituzioni, l’Università, tutti i soggetti che lavorano nel sociale.

Come sarà la povertà del futuro?
L’intervento di Roberto Poli, professore ordinario di Logica e filosofia della scienza dell’Università di Trento, ha concluso la Conferenza d’informazione con una riflessione sulla povertà di domani: come cambierà? E come possiamo provare a prepararci per le forme di povertà che arriveranno? ha chiesto il professore. Ha proposto un esempio: come saranno i settantenni tra 40 anni? Non saranno certo uguali a quelli di oggi, che sono diversi da quelli di 40 anni fa. Un discorso che si può estendere a tutte le dimensioni toccate: ad esempio al rapporto povertà-lavoro, dove ci sarà un problema di competenze. I giovani della generazione alpha presentano tratti psicologici diversi da quelli delle generazioni che li hanno preceduti: ci saranno effetti psicologici e comportamentali molto diversi. Domani il mondo sarà diverso e come istituzioni e organizzazioni abbiamo la responsabilità, oltre a gestire i problemi di oggi, di prepararci ai cambiamenti che sono in maturazione. Aprire gli occhi, usare metodi adeguati, lavorare per farsi trovare pronti, ha sintetizzato Poli. Non tanto sapere cosa succederà, ha precisato, ma essere pronti ai diversi modi in cui le cose possono cambiare. Una delle cause importanti della povertà è una mancanza di flessibilità, una certa rigidità. Quando e dove nasce la capacità delle persone di essere flessibili ed adattarsi ai contesti? In età pre-scolare, ha ricordato, perciò gli asili sono importanti per i ragazzi. Sulla povertà educativa: l’Unesco ha lanciato l’idea della future leadership, dell’alfabetizzazione ai futuri: alfabetizzazione è uno strumento di libertà, significa mettere le persone in grado di raccogliere le informazioni quando vogliono farlo. Significa dare a tutti un minimo di intuizione e comprensione della direzione in cui muovono le cose: una forma di cittadinanza attiva, una scelta fatta perché le decisioni che andranno prese nel futuro saranno molto importanti. Raccogliere dati sugli individui e sui gruppi a cui appartengono è critico perché molte decisioni dipendono da come queste realtà interagiscono tra loro, ha aggiunto Poli. Infine il tema della natura del welfare: quello europeo dipende da tre temi, famiglie stabili, un unico portatore di reddito e interventi ex post. Si è però entrati in una fase di sperimentazione dell’idea di famiglia: può piacere o no, ma se si vogliono fare politiche affettive bisogna partire dal comportamento delle persone. Per fortuna ci sono più donne al lavoro e dove ciò non accade il pericolo di povertà diventa più esplicito: servono politiche che tengano le donne nel mondo del lavoro. Una politica fatta di rincorsa a un problema è costosa e poco efficiente, l’ideale sarebbe riuscire a costruire una politica anticipante che metta in grado di gestire i problemi prima che esplodano. Bisogna per il professor Poli interrogarsi sui cambiamenti, capirli ci consente di prepararci al futuro.

Al termine dei lavori Paolo Zanella (Pd) ha sottolineato alcuni spunti della giornata. A partire dal rilievo sulla capacità di lungimiranza della politica. Zanella ha parlato del fenomeno della povertà come un fenomeno che ha una tale magnitudo per chi la vive (per fortuna una minoranza) che la politica dovrebbe farsene carico. Sull’emergenza abitativa: forse la più impattante oggi sulle condizioni di vita delle persone. Finanziare case a fondo perduto senza Icef non si può considerare un intervento a contrasto della povertà, ha affermato. Ha citato l’intervento di D’Urso: il numero di persone in Trentino che rinunciano alle cure è più basso che in Italia, ma chissà dove si arriverà. I richiedenti protezione internazionale sono persone povere che lavorano e non sanno dove vivere, di ciò si farà carico il Comune, anche se il tema dovrebbe essere provinciale, ha affermato.
Ultimo aggiornamento: 27/05/2025 07:49:21
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