Peio (Trento) - Nella mattinata odierna i
carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di
Trento, unitamente a quelli del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di
Cles hanno fermato un
60enne solandro, con numerosi precedenti all’attivo, ritenuto responsabile, assieme ad un’altra persona, di porto e possesso di armi, incendio doloso e tentata estorsione commessa con il metodo mafioso.
L’indagine, ha preso avvio dall’episodio avvenuto nel
giugno 2023, quando venne recapitato un messaggio intimidatorio corredato da una testa mozzata di ovino davanti casa di un
imprenditore ortofrutticolo di
Dimaro, ha permesso di attribuire al fermato e al suo complice, un
56enne della
Val di Non, il gravissimo atto. Nella circostanza, nel messaggio scritto in dialetto “calabrese” i responsabili facevano riferimento a una “
famiglia” così da evocare l’esistenza di un
vincolo mafioso teso a rafforzare il carattere intimidatorio delle loro minacce e a ingenerare assoggettamento ed omertà nelle vittime, che fortunatamente si è rivolta ai Carabinieri.
Alla base del folle gesto estorsivo parrebbe esserci un movente economico atteso che l’odierno arrestato avrebbe voluto rifarsi economicamente di una sua proprietà ceduta anni addietro alla famiglia dell’imprenditore per far fronte ad un debito contratto da un suo congiunto.
I due però, non soddisfatti, nei mesi scorsi avevano addirittura iniziato a ipotizzare di aggravare la portata intimidatoria del primo gesto pensando di andare a “sparare alle gambe” alle loro vittime in modo tale da costringerli a consegnarli i soldi.
È proprio a seguito di conversazioni come queste che i carabinieri decidevano di effettuare una perquisizione in cerca di armi ed esplosivi che effettivamente risultava positiva considerato che nella disponibilità del complice, venivano trovate una pistola semiautomatica calibro 7,65 con silenziatore, una replica di pistola mitragliatrice Uzi ed un simulacro di fucile a tamburo più proiettili di vario calibro per le quali veniva arrestato in flagranza.
L'attività d’indagine coordinate dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia hanno permesso a distanza di un anno dal primo fatto di attribuire al duo criminale un altro gravissimo episodio intimidatorio avvenuto la notte del 6 giugno in danno del “Bicigrill” di Pellizzano (Trento) a cui veniva appiccato un incendio.
Il provvedimento odierno si è reso necessario considerata la grave pericolosità evidenziata dal soggetto e i propositi captati dagli investigatori di sottrarsi - anche reagendo in maniera violenta - a un suo eventuale arresto.
Al momento del fermo, il 60enne aveva, nascosta sotto il sellino della moto su cui viaggiava, una pistola calibro 22 carica e munita di silenziatore, con matricola abrasa.