TRENTO - La montagna come scrigno di valori in controtendenza: la fragilità come forza, la lentezza, il silenzio. Tanti gli stimoli emersi dal vivace incontro pubblico sul tema della sacralità della
montagna, che ha visto dialogare in piazza a
Canazei, nell’ambito della rassegna Ispirazioni d’estate, lo scrittore e alpinista piemontese
Enrico Camanni, promotore della "montagna sacra", e monsignor
Lauro Tisi, arcivescovo di Trento.

Al centro il rapporto tra l’uomo e l’ambiente montano, tra spiritualità e responsabilità, tra limiti e futuro. A partire dalla proposta lanciata da Camanni e descritta nell’omonimo libro (La montagna sacra, Laterza 2024) da lui firmato.
“Nel concreto – spiega – è stata scelta una cima, il Monveso di Forzo, tra la Val Soana e la Val di Cogne, ed è stata dichiarata ‘sacra’, impegnandosi a non salirla e non calpestarne più la vetta”. “Su quella montagna abbiamo deciso di non andare più: facciamo un passo indietro”, ha ribadito
Camanni a
Canazei, sottolineando il valore simbolico di una rinuncia come atto di consapevolezza, senza peraltro imporre alcuna sanzione. “L’uomo non può sempre dettare legge. Salvare l’ambiente significa salvare noi stessi.
Di qualcosa di sacro abbiamo bisogno tutti”, si appassiona l’autore davanti all’attento pubblico del centro fassano.
A oggi, la proposta della "montagna sacra" conta oltre 1.400 firmatari, ma, ha tenuto a precisare lo scrittore-alpinista, “non sono i numeri che contano, quanto l’apertura e la forza del messaggio”.
Monsignor Tisi ha colto con forza l’attualità dell’iniziativa, definendola “in controtendenza rispetto al proliferare, a cominciare dai grandi leader mondiali, di un umano egotico, violento e barbaro, che si crede padrone di tutto”. Ha richiamato il Discorso della Montagna di Gesù, dove “beati i poveri in spirito” può essere letto come “beati coloro che si sentono parte e non il tutto”. Una chiamata a riconoscere la propria finitudine e il proprio posto dentro un sistema complesso e fragile, come ben sottolineato anche da papa Francesco nella Laudato si’.
Nel dialogo, moderato da Elisa Salvi, non sono mancati riferimenti all’attualità, come le polemiche sulle code su sentieri e impianti di risalita, alimentate dai social. Entrambi gli ospiti hanno riflettuto sull’urgenza di recuperare un’educazione alla montagna, oggi spesso banalizzata da un turismo superficiale o da pratiche estreme che ne violano il senso profondo.
“La vera trasgressione è accettare che non siamo illimitati - ha aggiunto Camanni - Serve pazienza, rispetto dei tempi e dei luoghi. Non è un posto per tutti, pur senza essere elitario”.
“In montagna siamo frammenti che incontrano altri frammenti”, ha detto l’Arcivescovo. “Ed è da questa consapevolezza che può nascere una nuova comunità”. “La montagna – ha ribadito don Lauro – ti insegna che non si va da soli, ma insieme; che oltre certi limiti si torna indietro. È luogo di silenzio, di ascolto, di incontro profondo”.
Quanto al tema, legato alla sacralità, della collocazione delle croci in montagna, monsignor Tisi sottolinea: “La montagna, indipendentemente dalla presenza della croce, parla da sola e appartiene a tutti”. Camanni ricorda le parole dell’amico Derio Olivero, vescovo di Pinerolo: “Ma la croce la uso per asciugare la maglietta o è un simbolo autentico?”. “La montagna – conclude lo scrittore –, è già di per sé un santuario: a me piace dire che il mare è un pezzo di cielo in terra, la montagna un pezzo di terra in cielo. Ci proietta verso dimensioni già, a modo loro, sacre”.