Gli spacciatori, per evitare i controlli della polizia, comunicavano tra loro tramite Whatsapp ed avevano costituito una “rete”, di cui facevano parte anche italiani tossicodipendenti, capace di intercettare la maggior parte di tossicodipendenti provenienti dalla provincia, utilizzando, peraltro, donne incinte con a seguito i propri figli. In questo modo si erano assicurati quasi completamente il controllo dello smercio delle sostanze stupefacenti nelle zone più importanti di Trento, a danno degli spacciatori magrebini, costretti a zone più periferiche.
L’organizzazione aveva, anche, intuito che assoldando tossicodipendenti italiani, grazie alle conoscenze di quest’ultimi, si riusciva a consegnare la merce agli “amici” in luoghi diversi da quelli soggetti al controllo della polizia. Non solo, quindi, si fidelizzavano i tossicodipendenti, ma si permetteva a questi, se erano in cura al SER.D, di barattare il metadone con l’eroina. Metadone che poi veniva nuovamente immesso sul mercato e venduto a “fidati” amici residenti in provincia di Trento.
Il lavoro del personale della Polizia di Stato aveva preso spunto dalla prima indagine denominata “Mandinka 2”, conclusasi nel 2017, con l’arresto di circa 20 persone. Durante le fasi finali di quell’attività emerse una nuova “batteria” di richiedenti asilo che trafficava in stupefacenti. Proprio a seguito di quell’indagine, infatti, la Squadra Mobile di Trento scoprì come dietro alle richieste d’asilo si nascondessero alcune persone che avevano quale obiettivo quello di costituire delle organizzazioni criminali volte a favorire traffici illeciti.
Nel corso delle indagini erano stati, inoltre, sequestrati circa 7 chili di marijuana, 600 grammi di eroina diverse decine di grammi tra cocaina, hashish e circa 1 litro di metadone, nonché diverse migliaia di euro. Fondamentale, commenta il capo della Squadra Mobile Salvatore Ascione, è l’azione incessante di ricerca che viene esercitata nei confronti dei latitanti i quali, come dimostra anche quest’ultimo arresto, continuano, anche in latitanza, a delinquere inficiando, in questo modo, le precedenti attività di polizia giudiziaria.