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Trento: in aula il progetto di modifica dello Statuto

Discussione in Consiglio provinciale

Trento - ​​​​I lavori del Consiglio Provinciale sono iniziati questa mattina con la discussione del progetto di modifica dello Statuto n. 1/XVII, sul disegno di legge costituzionale riguardante "Modifiche allo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol". Ad aprire i lavori, la relazione del presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti: “Sono consapevole che le nostre proposte iniziali fossero più incisive, ma sicuramente ci troviamo con un testo che richiama una tutela superiore rispetto a quella offerta dall’attuale articolo 103 dello Statuto. Ribadisco la convinzione sulla bontà della revisione ed escludo in modo radicale il rischio di un arretramento della nostra Autonomia”. A seguire gli interventi di minoranza di: Francesco Valduga (Campobase), Francesca Parolari (Pd), Lucia Coppola (AVS), Michela Calzà (Pd). Anticipando l’espressione di un voto favorevole, i consiglieri hanno rilevato diverse criticità: “peccato per la miopia da consenso immediato” (Francesco Valduga); “una riforma con le toppe” (Francesca Parolari); “c’è un forte accentramento in capo ai due presidenti delle Province Trento e Bolzano” (Lucia Coppola); “il cambio di Giunta del 2018 ha congelato il lavoro e il progetto che ci avrebbe portato a un Terzo Statuto” (Michela Calzà). Positivi i giudizi della consigliera Eleonora Angeli, “è un passo significativo nel percorso di rafforzamento di un'autonomia dinamica” e della consigliera Antonella Brunet, “quanto ottenuto è superiore alle aspettative. Le richieste di partenza erano ambiziose, come normale che fosse. La negoziazione è la ricerca del compromesso”. Osservazione condivisa anche dal consigliere Walter Kaswalder, “Se manca il consenso da parte del Governo si può fare tutto ciò che si vuole, ma non si porta a casa niente”. Nel pomeriggio riprenderà la discussione sul disegno di legge costituzionale e dovranno essere votate le osservazioni al testo depositate da Patt, Fassa, Minoranze, Avs, Noi Trentino.

​In aula
Ad aprire la discussione generale il presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti. Il Governatore ha ripercorso l’iter che ha portato al disegno costituzionale. “Non siamo di fronte al Terzo Statuto di Autonomia – ha voluto ribadire -. Sono consapevole che le nostre proposte iniziali fossero più incisive, ma sicuramente ci troviamo con un testo che richiama una tutela dell’Autonomia superiore rispetto a quella offerta dall’attuale articolo 103 dello Statuto. Ribadisco la convinzione sulla bontà della revisione”. Per Fugatti siamo di fronte a una tappa importante, in un percorso di sviluppo dell’Autonomia, con un ripristino delle competenze risultate compresse dalla riforma del Titolo V della Costituzione e a seguire dall’elevato contenzioso con la Corte Costituzionale. Si interviene su ulteriori temi, rispetto alle sole competenze acquisite, specifica il Governatore che aggiunge: “Resto convinto che va sfruttata al meglio questa riforma. Le proposte hanno una portata positiva, escludo in modo radicale il rischio di un arretramento della nostra Autonomia, una convinzione nata anche dal dibattito di analisi e discussione che è emerso”.

​Eleonora Angeli (NOI TRENTINO) - Un passo significativo nel percorso di rafforzamento di un'Autonomia dinamica
La consigliera ha messo in evidenza l’esigenza della riforma che non mira solo a innovare, ma anche a ripristinare ciò che è stato sottratto. “La riforma – dice Angeli - vuole garantire il pieno esercizio delle competenze non solo in termini astratti, ma concreti nelle azioni. Si tratta di una questione sociale e comunitaria che coinvolge la vita quotidiana dei cittadini”. E ancora: “Si tratta di un rafforzamento del ruolo. C’è una richiesta di responsabilità politica delle Camere. Questa riforma è un passo significativo nel percorso di rafforzamento di un'autonomia dinamica, capace di adattarsi ma anche consolidare le proprie fondamenta”.

Francesco Valduga (CAMPOBASE) – Peccato per la miopia da consenso immediato
Il Consigliere anticipa che il voto sarà favorevole “ma avrebbe potuto avere maggiore convinzione”. “Non ci sono dubbi che andremo verso un miglioramento di ciò che oggi abbiamo a disposizione - dice Valduga - Il tema è capire quanto miglioreremo e quanto tutti assieme potremmo migliorare. Spiace che non saranno accettate proposte emendative”. Valduga non condivide il metodo. “Sono già state fatte conferenze stampa di presentazione sulla riforma e i suoi contenuti. C’è una miopia da consenso immediato”. Valduga ricorda anche il ruolo predominante della Provincia di Bolzano nella trattativa e nelle proposte. Quanto alle criticità sulle competenze, il consigliere rileva dubbi in particolare su: commercio e gestione della fauna. “Resta la necessità di dimostrare l’essere autonomisti con la pratica”. Ancora, preoccupazioni emergono sulla “cultura autonomistica di chi è al Governo”. Il collegamento è riferito all’intesa e alla modifica “più estetica, che reale e di sostanza”. “Destra autonomista è un ossimoro”, ha quindi chiuso Valduga.

Francesca Parolari (PD) – Una riforma con le toppe
Per la consigliera Parolari si è ottenuta una riforma piccola, “una riforma con le toppe, che nulla ha a che vedere con l’adeguamento sostanziale a cui si mirava quando si è partiti”. Da qui la necessità di accendere una luce sulle ombre “che non sono poche”. Per Parolari c’è stato “un percorso senza dialogo”. Le modifiche dello Statuto, ricorda, non sono sottoposte a referendum proprio perché basate su dialogo e confronto. “È un paradosso eclatante pretendere chiarezza dallo Stato e aver lavorato con cosi tante zone d’ombra”. Parolari rileva anche nella semantica “estetici esercizi di stile”. Ancora, nell’ambito dell’autonomia differenziata, la riforma è regressiva perché non si persegue la strada della negoziazione ma è “un prendere o lasciare”.

Lucia Coppola (ASV) - Forte accentramento in capo ai due presidenti delle Province autonome di Trento e Bolzano
Secondo la consigliera Coppola nel disegno di legge costituzionale c’è un forte accentramento in capo ai due presidenti delle Province autonome di Trento e Bolzano con un rispettivo depotenziamento del ruolo democratico dei rispettivi Consigli Provinciali. Discutibile in particolare la previsione di attribuzione alle due Province della competenza in materia di fauna selvatica “oltre a tutto con l’attribuzione della competenza ai Presidenti delle Province, anziché ai due Consigli Provinciali”. Nulla poi si prevede in merito a una più precisa definizione del ruolo della Regione; in riferimento al rapporto con l’Unione Europea e al ruolo del GECT; in merito alle funzioni delle Commissioni dei 12 e dei 6 per una loro maggiore trasparenza dei loro lavori istruttori.

​Michela Calzà (PD) ​- ll cambio di Giunta del 2018 ha congelato il lavoro e il progetto che ci avrebbe portato a un Terzo Statuto
La consigliera Calzà ripercorre le tappe che hanno portato alla nascita del primo e del secondo Statuto, soffermandosi su date e valori. “Questo doveva essere un percorso congiunto, un progetto che ci avrebbe portato a un Terzo Statuto. Il cambio di Giunta del 2018 ha congelato quel lavoro. Ci troviamo davanti a un testo di adeguamento fatto da tavoli tecnici. Dobbiamo esserne consapevoli per non avere aspettative sproporzionate. Oggi dibattiamo su in testo chiuso”. Ci sono nodi critici che vanno sciolti. Secondo Calzà con la Corte Costituzionale continueranno ad esserci contenziosi; c’è un’armonizzazione a senso unico; all’intesa manca una reale convergenza. Migliorare ora significa evitare controversie domani. Voterò si al parere ma chiede che le osservazioni siano allegate come “condizione politica essenziale”,

​Antonella Brunet (NOI TRENTINO) - Quanto ottenuto è superiore alle aspettative. Le richieste di partenza erano ambiziose, come normale che fosse. La negoziazione è la ricerca del compromesso
Per la consigliera Brunet, la riforma poggia su basi solide. “C’è stato un grande lavoro politico e istituzionale, i presidenti hanno portato avanti un lavoro non semplice, sono riusciti ad ottenere un risultato importante. Quanto ottenuto è superiore alle aspettative. Le richieste di partenza erano ambiziose, come normale che fosse. La negoziazione è la ricerca del compromesso”. Brunet richiama i dubbi sollevati dalla minoranza e dice “si sono concentrati sul metodo più che sul merito. Si sono concentrati su termini e formulazioni rivedibili, ma senza mettere in discussione il valore della riforma”.

Walter Kaswalder (PATT) – Se manca il consenso da parte del Governo, si può fare tutto ciòche si vuole, ma non si porta a casa niente
Così il consigliere del Patt: “Qualche perplessità c’è, ma stiamo andando nella direzione giusta. C’è stata la volontà della maggioranza in Parlamento nel voler portare avanti questa riforma. Se manca il consenso da parte del Governo, si può fare tutto quello che si vuole, ma non si porta a casa niente”. Kaswalder ha quindi illustrato le sue osservazioni.


I lavori della prima tornata d’Aula di maggio 2025 sono ripresi nel pomeriggio con la discussione sul progetto di modifica dello Statuto. A prendere la parola sono stati Walter Kaswalder (Patt), Luca Guglielmi (Fassa), Lucia Maestri (Pd), Andrea de Bertolini (Pd), Filippo Degasperi (Onda), Daniele Biada (FdI), Michele Malfer (Campobase), Carlo Daldoss, Paolo Zanella (Pd), Vanessa Masè (La Civica), Roberto Paccher (Lega), il presidente Maurizio Fugatti, Francesco Valduga (Campobase) e il presidente Claudio Soini. Di seguito si riporta una sintesi degli interventi. I lavori riprenderanno domani mattina con una Capigruppo per definire i testi da votare come osservazioni.

Kaswalder: riforma che riconosca gli enti delle comunità germanofone
Il consigliere Walter Kaswalder (Patt) ha completato l’intervento del mattino, ricordando la storia complessa della regione, i rapporti con Austria e Tirolo storico e la pluralità culturale e linguistica che andrebbero valorizzate come strumento di promozione turistica anche aumentando la consapevolezza delle giovani generazioni. La tutela delle minoranze linguistiche ladine, mochene e cimbre, in particolare, radicata nella storia amministrativa regionale si dovrebbe poi valorizzare con una modifica statutaria che riconoscesse gli enti rappresentativi politici delle comunità germanofone ed attuasse le competenze della Provincia di Trento in materia di tutela linguistica e culturale, rispondendo alle istanze di equità tra le comunità e rafforzando la protezione delle identità culturali, toponomastiche e linguistiche. Il consigliere vorrebbe inoltre il riconoscimento a livello statutario del Consiglio mocheno quale organo consultivo e la promozione della rappresentanza delle comunità germanofone mochene e cimbre con l’istituzione di un consigliere provinciale senza diritto di voto, eletto tramite un seggio speciale che includa il comune di Luserna e i comuni mocheno di Palù del Fersina, Fierozzo e Frassilongo. Sarebbe questa una misura concreta per garantire la partecipazione politica di quella comunità, riconosciuta come minoranza, ma priva di una rappresentanza politica strutturata nel Consiglio provinciale. Infine, il consigliere del Patt suggerisce l’inserimento nello Statuto speciale di una formula per favorire collaborazioni con i comuni di Pedemonte-Casotto, Magasa, Valvestino, Cortina d’Ampezzo, Livinallongo del col di Lana e Colle Santa Lucia, storicamente legati al Tirolo asburgico, che con referendum del 2007-2008 avevano espresso con percentuali favorevoli tra il 70 e l’83% la chiara volontà di aggregazione al Trentino Alto Adige. In chiusura Kaswalder ha ringraziato i presidenti delle due province per il lavoro svolto e ha preannunciato il parere favorevole per le modifiche in discussione.

Guglielmi: modificare l’articolo 102 dello Statuto, verso la Lia di Comuns Ladins
Luca Guglielmi (Fassa) ha parlato dell’importante lavoro portato avanti da Fugatti, Kompatscher e Calderoli, amico e forse anche un po’ geloso della particolare autonomia, grazie al quale oggi ci si confronta sul testo di modifica dello Statuto. Si parla di competenze che vengono riportate a casa, ha ricordato e ha affermato che in questo particolare momento storico è necessario poter incidere maggiormente, restando al passo con i tempi, nella tutela dei gruppi linguistici ladini, mocheni e cimbri, trovando strumenti riconosciuti che ne garantiscano le singole peculiarità linguistiche, storiche e culturali. Guglielmi ha ricordato la necessità di raccontare le minoranze linguistiche e l’autonomia (perché chi è invidioso capisca che non si tratta di un privilegio), anticipato la propria posizione favorevole sul progetto e ripetuto che le minoranze linguistiche sono presupposto e garanzia dell’autonomia: vanno valorizzate, ha detto e in favore di ciò ha proposto un rafforzamento dell’autonomia regionale nei confronti del gruppo linguistico ladino, come già fatto con la legge costituzionale 1 del 2017, che ha riconosciuto il Comun general de Fascia ente amministrativo al quale la Regione e la Provincia possono attribuire, trasferire o delegare, funzioni, compiti o attività proprie rilevanti per la valorizzazione della minoranza linguistica ladina. Il rafforzamento, ha suggerito, potrebbe passare con una proposta di modifica all’articolo 102 dello Statuto in un futuro processo di revisione normativa finalizzato a garantire l’armonizzazione con le disposizioni regionali, provinciali e statali, nonché con gli obblighi internazionali tra cui la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie. Una modifica all’articolo 102 al fine di riconoscere la “Lia di Comuns Ladins” prevista dalla legge regionale 3 del 2018 come strumento di collaborazione e coordinamento delle politiche di tutela della minoranza ladina dolomitica. Ha dato quindi lettura al documento di osservazioni sottoscritto assieme ad alcuni consiglieri di maggioranza (Brunet, Kaswalder, Masè, Segnana).

Maestri: ripristino competenze, operazione estetica, più che sostanziale
La consigliera Lucia Maestri (Pd) ha registrato in premessa la situazione surreale che evidenzia l’inutilità del dibattito in corso: viene infatti chiesto al Consiglio di esprimersi su un testo blindato passibile di osservazioni che però poco o nulla potranno incidere. Si tratta di mera manutenzione ordinaria, tuttalpiù straordinaria. Si dovrebbero invece poter accogliere osservazioni, riflessioni, se l’autonomia fosse davvero intesa come bene comune delle genti che la vivono e la abitano. Si tratta di una questione di metodo, ha spiegato. Un metodo che sconfessa il percorso fondato sul processo partecipativo dal basso e certifica l’abbandono della strada avviata nel 2016 con la consulta sul terzo Statuto. Questa è una partita diversa, è vero, ha ammesso Maestri, ma forse si sarebbe potuto fare di più. Forse sta tutto dentro la storia, ha aggiunto, il debole protagonismo del Trentino e del suo presidente: un ruolo al traino che ora ci viene proposto come una grande operazione di conquista. Un essere al traino che ha impedito il coinvolgimento del Consiglio sullo step by step, se non in qualche passaggio sollecitato dalle minoranze di quest’aula. In tutto questo abbiamo però apprezzato la valenza del Consiglio regionale ove il presidente Kompatscher non si è mai sottratto agli approfondimenti richiesti. Venendo alla riforma, il ripristino delle competenze sembra essere un’operazione estetica più che sostanziale. Porre mano ad una riforma è questione di enorme delicatezza che necessita una condivisione allargata, allo scopo di tutelare la fonte stessa della nostra autonomia. Abitiamo una fase storica in cui il termine autonomia ha assunto una portata ampia e di relativa indipendenza rispetto allo stato centrale, sia amministrativamente che politicamente. E’ questo che va salvaguardato, a suo parere, mettendo a fuoco i tre fattori costituenti: il territorio, la comunità e l’attribuzione della personalità giuridica derivata espressamente dallo Statuto. In un siffatto contesto si sarebbe potuto fare uno sforzo maggiore sull’istituto dell’intesa, ritenuta dai più come il vero elemento riformatore, mentre il principio esce fortemente indebolito e si è ottenuto un esito al ribasso. Maestri ha poi rimandato ad una serie di riflessioni apportate dal PD, che approfondiscono alcuni aspetti puntuali, che sarebbe importante tenere in considerazione. Consapevole dei limiti insiti nella proposta, ha concluso Maestri interpretando la posizione del PD, ritengo necessario non sottrarmi all’impegno, garantendo l’assenso a quella che è una “operazione di restyling vagamente riformatrice”, non certo la vagheggiata grande, storica vittoria.

de Bertolini: non un parere, ma una ratifica. Non è nato e sorto un nuovo giorno
Andrea de Bertolini (Pd) ha detto che la parola “parere” sul progetto di modifica dello Statuto oggi viene interpretata come “ratifica”. Il passaggio odierno è diventato un passaggio vuoto, non può che concentrarsi su ciò che è accaduto: impossibile alcun altro tipo di aspettativa, ha affermato parlando di “eufemistico confronto” che porterà a un parere positivo con osservazioni. Bene è che queste ultime almeno vengano verbalizzate per poterle lasciare agli atti. Ha parlato del metodo: non c’è dubbio che il percorso è stato frutto di una precisa scelta politica, il ddl doveva essere governativo, presentato dal Governo romano. Un’indicazione politica precisa, ha detto de Bertolini, che ha come conseguenza il fatto che lo ha radicato come ddl a trazione governativa anche a livello provinciale. Svilito il significato necessario del dibattito consiliare che avrebbe dovuto esserci: il tema per de Bertolini è di metodo e ha connotato dall’inizio questo percorso. Sugli aggiornamenti sulla trattativa: sono stati momenti nati solo su sollecitazione delle minoranze trentine, altoatesine, provinciali e regionale. Vero è per il consigliere che l’origine delle istanze è provenuta dalle Aule consiliari e i due presidenti non hanno sentito la necessità in autonomia di portare momenti di aggiornamento. Il punto di caduta è in ogni caso quello che vede oggi non un’espressione di un parere, ma la ratifica. Un metodo per de Bertolini che stona con il significato dell’autonomia che si fonda sul riconoscimento delle minoranze, ne riconosce l’apporto ai processi di formazione democratica. Ha citato le parole del professor Palermo in Terza commissione regionale e la distinzione introdotta tra democrazia consociativa e democrazia politica: in quest’esperienza, ha detto il consigliere, si è posto il tema della democrazia consociativa, quale il mandato fosse quello di assumersi una delega in bianco. Si sono ascoltate riflessioni importanti di 7 persone competenti del mondo giuridico costituzionale e dell’autonomia, nelle diverse Commissioni, ha aggiunto, si è raccolto un buon materiale, ormai si è affermato in modo condiviso e trasversale il fatto che non si tratti del Terzo Statuto, che non si possa ritenere una riforma statutaria, ma che si tratti di un’operazione chirurgica nata da esigenze specifiche. Una proposta di modifica statutaria che funge da manutenzione del testo dello Statuto, ha spiegato. Bisogna sfatare una narrazione ostentata ed enfatizzata fatta di proclami roboanti. Luci ve ne sono, ha dichiarato, ma si tratta di comprenderne l’intensità: si può farlo usando tre setacci attraverso i quali far passare il testo della modifica, quello del raffronto tra l’attuale disciplina per le Regioni a Statuto ordinario e quello delle Speciali, saggiare il contenuto del testo con le fonti sovranazionali (principi comunitari), non azzardare scommesse sul futuro ma ragionevolmente confrontarsi in termini prognostici sulla tenuta. Ha riconosciuto uno sforzo importante dei presidenti, ma ha ricordato che se la matrice iniziale aveva l’urgenza di affrontare le questioni poste dalla Corte Costituzionale, il punto di caduta finale sarà quello di come le nuove norme saranno recepite dalla Corte Costituzionale. Luci ci sono, ma il numero di lumen non è elevato, non è nato e sorto un nuovo giorno, ha aggiunto. Ha presentato come il più rilevante l’invito al Governo a emendare la relazione illustrativa precisando che la proposta di modifica non possa essere intesa al sostanziare la condizione risolutiva posta dall’articolo 10 della legge costituzionale 3 del 2001. Cruciale poi aver eliminato il riferimento ai principi economico-sociali; Non si può poi per de Bertolini ignorare il tema dell’intesa: pur riconoscendo l’importanza dell’uso del termine, si è domandato se ha senso inserirlo snaturandone e depotenziandone il contenuto, quando per le Regioni a Statuto ordinario si è usato in maniera autentica.
Ha indicato il rischio, nell’uso della locuzione, di generare un caos interpretativo. Sull’armonizzazione: c’è un problema indicato dai professori Palermo e Toniatti, in sostanza si sostiene che le norme di attuazione avranno il ruolo di dirimere le controversie interpretative tra il modello nazionale e il modello territoriale.

Degasperi: testo che non ha nulla a che vedere con quanto sollecitato
Il punto di partenza per esprimere un parere, ha premesso Filippo Degasperi (Onda), deve tenere conto degli obiettivi che ci eravamo posti all’inizio del percorso. In tal senso il consigliere di Onda ha richiamato una risoluzione del settembre scorso in cui il Consiglio provinciale indicava delle direttrici verso cui tendere. La prima era quella che indicava il percorso condiviso. Il punto due riguardava l’importanza di introdurre il principio dell’intesa come elemento “qualificante ed essenziale”. Il coinvolgimento del Consiglio nell’approfondimento dei temi di modifica era il terzo punto, altrettanto qualificante ed essenziale: la partecipazione al processo è mancata, perché le informative sono sempre state a posteriori e si è spesso proceduto su richiesta delle minoranze, senza contare che informazione e partecipazione sono due cose ben distinte. Oggi ci troviamo a discutere un testo che non ha dunque nulla a che vedere con quanto avevamo sollecitato, ha commentato. Altri passaggi carenti: manca la definizione della funzione della regione, manca il riconoscimento del ruolo dell’Euregio, sono assenti i riferimenti all’Unione europea relativamente alle materie di nostra competenza, sono stati trascurati i rapporti finanziari che meritavano un riordino dentro lo Statuto. Nei lavori svolti sull’ipotesi di riforma dello Statuto, nell’ambito della Consulta, si era parlato dell’utilità di intervenire sui modelli di partecipazione, altro tema di cui qui non c’è traccia. Si dice che questo intervento ridurrà i margini di incertezza e il contenzioso, questo lo vedremo. Qualche passo in avanti c’è, ha aggiunto: la presidente del Consiglio ha dovuto riconoscere la bontà del nostro modello di autogoverno, tanto da lavorare a qualche seppur minima modifica. Degasperi ha infine concluso con un commento sulle Commissioni, organismi fondamentali, dove però tutto avviene nel buio più totale, mentre si potevano trasformare in qualcosa di “moderatamente democratico”.

Biada: momento storico
Daniele Biada (FdI) ha parlato di un momento storico, una sfida complessa, un risultato frutto di un impegno convinto e coerente. Vengono ripristinate le competenze, ha aggiunto, erose dalle riforme. Una manutenzione straordinaria che però, proprio in virtù della sua straordinarietà, molto può fare: bene che non si sia toccato l’impianto dello Statuto, ma che si sia fatta una bella ristrutturazione straordinaria. Si consolidano le competenze esistenti in date materie, ha affermato Biada, e si aggiungono tematiche di fondamentale importanza. Occorre ribadire l’impegno che i cittadini chiedono alla Provincia sul tema dei grandi carnivori, molto sentito nelle valli. Negli ultimi anni l’assenza di un riconoscimento chiaro nello Statuto del tema ha rappresentato un limite per il legislatore provinciale. Sull’intesa Biada ha detto che la formulazione ottenuta deve essere vista come una conquista: con la nuova formulazione i progetti sono sottoposti a intesa e approvati a maggioranza assoluta e solo in caso di mancanza di intesa in 60 giorni si può procedere senza intaccare i livelli di autonomia riconosciuti. Si passa dal concetto di parere a quello di intesa, ha sottolineato Biada, e non si potranno intaccare i livelli di autonomia riconosciuti, una garanzia non da poco. Il percorso serrato e continuo confronto tra i presidenti delle Province di Trento e di Bolzano, le Commissioni dei Dodici e dei Sei e il Governo nazionale: un dialogo intenso sviluppatosi in un clima di collaborazione. Una revisione che non rappresenta solo un adeguamento normativo, ma che testimonia la capacità delle istituzioni di lavorare assieme per il futuro.

Malfer: manca una sistematicità dell’intervento
Michele Malfer (Campobase) è intervenuto con alcune sollecitazioni sul progetto di modifica allo Statuto, a suo avviso nato certamente con uno spirito costruttivo. Tuttavia le intenzioni non bastano e le modalità, il metodo adottato e i contenuti prodotti su questa delicata materia sono limitati e non sono all’altezza di ragionevoli aspettative. L’autonomia è dinamica, non si può pensare ad essa come ad un contenitore statico, ma deve evolversi, deve interpretare i cambiamenti del tempo, con originalità, guardando oltre e senza uniformarsi, ha osservato. Avremmo meritato un intervento più coraggioso ed all’altezza della storia, dunque. Si sente dire che lo Statuto necessitava manutenzione in quanto in parte datato, che è meglio questa riforma che nessuna riforma. In parte questo è vero. Tuttavia il percorso, lo stile, ha presentato delle criticità a partire dall’esclusione degli organi istituzionali che non sono stati coinvolti. Gli aspetti positivi elencati da Malfer sono stati l’eliminazione al vincolo che ha storicamente limitato le norme provinciali; alcuni miglioramenti puntuali specifici, risposte tecniche attese da tempo, seppure non organizzate sistematicamente in tema di governo del territorio, pianificazione urbanistica, lavoro ecc.; l’introduzione di alcune nuove competenze; la modifica dell’intesa, per il valore semantico e politico che rappresenta; alcune modifiche estetiche che non cambiano la sostanza, ma la forma; la riduzione dei controlli, una sfida, ma anche un’opportunità. Le criticità elencate dal consigliere di Campobase sono la scarsa sistematicità dell’intervento “a macchia di leopardo”; la selezione delle modifiche a seguito di logiche reattive, in un approccio difensivo, con la citazione dell’Europa solo come limite, mai come opportunità; le modifiche pensate senza il coinvolgimento dei consigli provinciali che sono stati obiettivamente marginalizzati. Siamo di fronte ad una riforma “piccola per respiro, nel metodo e per ambizione”, ha aggiunto. E’ una manutenzione dello Statuto, non una sua rifondazione, un passaggio interlocutorio che lascia aperto l’obiettivo di un’autonomia capace di parlare al futuro, ha concluso, annunciando che il voto sarà positivo, “ma senza trionfalismi”.

Daldoss: non una riforma, una modificazione, ma non è poca cosa
Carlo Daldoss ha detto che non si tratta di una riforma dello Statuto: una modificazione, un restyling, un ripristino delle competenze, di iscrizione di nuove competenze interessanti, ma non una riforma. Il consigliere ha detto di credere, in questo senso, in termini generali, che le montagne si scalino gradualmente, passo dopo passo e questo della modifica è un passo importante e significativo che ripristina quanto eroso, crea qualcosa di nuovo e muove un piccolo passo verso il consolidamento dell’autonomia trentina. Ha preannunciato parere favorevole. Si poteva fare di più? Non si è agito in modo sufficientemente democratico? Come tutte le manutenzioni questa è figlia delle norme precedenti, contiene molta tecnica, ha precisato Daldoss rispondendo alle critiche. Certo, ci starebbe bene una nuova riforma dello Statuto con il coinvolgimento dell’Euregio, in ogni caso il lavoro fatto fino al 2018 non è da buttare, ha aggiunto. Daldoss ha citato la riforma del titolo V del 2001 e detto che quella odierna ne è figlia. Ha citato le minoranze e la loro tutela come fondamento dell’autonomia provinciale e regionale e indicato la necessità di un’attenzione alle stesse minoranze perché sono uno dei pilastri che giustificano il nostro essere Regione autonoma. Si è parlato di un’iniziativa del Governo, ha ricordato Daldoss, diversamente da quelle del passato che erano del Parlamento, ma ciò è anche una forma di garanzia perché se il Governo si impegna a modificare lo Statuto si presuppone che ci sia la forza per riuscire a completare la modifica. La proposta non va dipinta in maniera difensiva, ha detto ancora, si è fatto ciò che serviva per ripristinare e aggiungere ciò che si poteva. La politica, ha sottolineato, è anche l’arte del realismo. Si diceva che l’intesa era la barriera rispetto a cui non arretrare: qualcosa della proposta c’è, ma immaginarsi un’intesa che parifichi i Consigli provinciali e regionali e il Parlamento non è pensabile. Ancora: se mai un giorno maturerà l’ipotesi trasversale di qualche ragionamento sul Terzo Statuto se ne parlerà, ma non ci si meravigli se oggi non vengono trattati aspetti (quale l’Europa). Non si parla di poca cosa, ha aggiunto citando ad esempio la competenza più delimitata sulle piccole derivazioni, sul commercio, sull’urbanistica. Sapere in questi ambiti dove e come si può intervenire ha ricadute sui cittadini non di poco conto, ha aggiunto. Sulla competenza sui grandi carnivori: è stato ampliato e chiarito il ruolo di pubblica sicurezza del Presidente della Provincia. Evidente è che ciò che rimane in capo allo Stato rimane immutato. Tanti sono i temi, ma il giudizio è positivo come lo è il percorso di costruzione della proposta della modifica che è di Governo e che diversamente poteva avere un altro aspetto di comunicazione. Bene se si vorrà in futuro riprendere i temi di una riforma verso un Terzo Statuto.

Zanella: mini riforma
Citando la professoressa Depretis, Paolo Zanella (Pd) ha ricordato che l’autonomia è qualcosa di unico, che oggi ci apprestiamo a modificare molto limitatamente. Le modifiche sembrano infatti confinate ad arginare il contenzioso con il governo. L’iter è partito a seguito della promessa di Meloni, al momento dell’insediamento, del ripristino delle competenze: un impegno preso in particolare con la provincia di Bolzano e proseguito poi secondo un iter svolto in segreto da parte dei presidenti delle due province, che a Trento non è stato per nulla condiviso con il Consiglio provinciale. Se volessimo fare davvero il terzo Statuto di autonomia, ha notato, si dovrebbe blindare il più possibile la possibilità di modifiche e dunque introdurre l’istituto dirimente dell’intesa, mentre quello che qui viene inserito è un parere, non certo un’intesa. Con questa mini riforma otteniamo davvero molto poco, ha proseguito, ovvero la ridefinizione del perimetro delle competenze legislative esclusive e una maggiore perimetrazione dei principi cui è subordinata la nostra potestà legislativa. Che non si sia tolto l’interesse nazionale si fa fatica a comprenderlo, mentre tornando sulla questione dell’intesa Zanella ha commentato l’ambiguità della formulazione di quella che è stata venduta come una vittoria. Ci sono specificazioni su alcune questioni politiche (grandi carnivori, rifiuti, urbanistica, commercio ecc.) che andavano inserite in un quadro complessivo. Altra questione, quella delle norme di attuazione ove si parla di una “armonizzazione” che si potrebbe interpretare come un’”uniformazione” alle norme statali. Infine, la contropartita rispetto all’introduzione di questa riforma, ha commentato Zanella, sono la diminuzione degli anni di residenza per diritto di voto, e le modifiche sulla composizione della giunta regionale e provinciale.

Masè: passo necessario e significativo
Vanessa Masè (La Civica) ha detto che si è concordi nel non definire il testo come un Terzo Statuto: ma è un testo che segna, tuttavia, un passaggio significativo nella nostra evoluzione istituzionale. Non è solo un aggiornamento tecnico, ha detto, ma una proposta che va nella direzione di rafforzare l’autogoverno e di garantire maggiore autonomia alle nostre Province. Un passo che, pur con le dovute cautele e necessarie verifiche va comunque indubbiamente letto come un segnale positivo dopo un periodo storico in cui l’approccio alle autonomie, a livello statale, non sempre è stato semplice, e non può mancare in questo senso anche un accenno al ruolo giocato, in questi decenni, dalla Corte costituzionale. È quindi per Masè un’occasione importante nel percorso di rafforzamento della nostra autonomia, che è in continuo cammino e in continua evoluzione. In Aula, ha proseguito, abbiamo sentito più volte sminuito il ruolo che il presidente della Provincia autonoma di Trento avrebbe avuto, da parte delle minoranze: come già ricordato precedentemente sono affermazioni che non vogliono tenere conto di come è iniziata questa interlocuzione e quali siano stati i passaggi, e i ruoli formali, che il presidente Kompatscher ha avuto in questo percorso. Ma il presidente Fugatti è sempre stato al suo fianco in questo tortuoso cammino. Si tratta di un intervento che modifica il nostro Statuto speciale per migliorarne alcuni aspetti importanti, ha proseguito la consigliera. Un atto di equilibrio, che va nella direzione di valorizzare le peculiarità del nostro territorio e di potenziare la capacità di autogoverno in vari ambiti strategici. Lo facciamo in un contesto che non sempre è favorevole, ma che invece ci impone di essere proattivi e di non restare indifferenti a quanto accade nel resto del Paese. Quindi il riferimento ai temi: una delle modifiche che ha destato maggiore attenzione è la questione dell’intesa, la proposta va indissolubilmente letta con il fatto che le modificazioni dello Statuto non potranno intaccare i livelli di autonomia già riconosciuti alla Regione e alle province autonome (rimangono fermi i livelli di autonomia correlati alla quietanza liberatoria rilasciata nel 1992 dall’Austria). Non possiamo non notare, ha detto la consigliera, che, grazie a questa modifica, ogni iniziativa riformatrice proveniente dal Parlamento dovrà necessariamente rispettare i livelli di autonomia attuali. In altre parole, nessuna competenza che oggi appartiene alle Province autonome di Trento e Bolzano sarà ridotta o messa in discussione. Questo è un aspetto che ci permette di guardare con maggiore serenità al futuro, senza il timore che il nostro Statuto possa essere oggetto di un intervento centralista che danneggi la nostra autonomia. Un altro grande elemento che merita attenzione è per Masè il ripristino e il rafforzamento delle competenze, che in alcuni casi vengono estese o maggiormente dettagliate. Tra queste, spicca la gestione della fauna selvatica, in particolare per quanto riguarda le problematiche legate alla presenza di orsi e lupi sul nostro territorio. Questo tema è diventato sempre più rilevante negli ultimi anni, e la proposta di variarlo, legandolo alla modifica dell’articolo 20 dello Statuto, volto a porre in capo al Presidente della Provincia autonoma le attribuzioni spettanti all’autorità di pubblica sicurezza rafforza l’autonomia decisionale delle nostre Province in un settore particolarmente sensibile e che speriamo, in caso di bisogno, permetta al presidente di intervenire con quella tempestività ed efficacia fino ad ora difficilmente percorsa, anche se sappiamo benissimo quanto questo ambito sia una costante messa alla prova della nostra legislazione, della nostra autonomia, della agibilità realistica della nostra volontà, ha aggiunto. Ancora, ha citato le modifiche anche in tema di commercio, urbanistica, gestione dei rifiuti e piccole derivazioni idroelettriche che testimoniano un ampliamento delle competenze in settori cruciali per la nostra vita quotidiana. Ancora, significativa per Masè anche l’integrazione dell’articolo 107 sull’armonizzazione. Certo, come evidenziato durante le audizioni, temi rilevanti per la modifica o la revisione dello Statuto continuano a rimanere molti e significativi, ma va detto e ribadito che questa proposta di modifica, comunque, segna un rafforzamento dell’autonomia delle nostre Province. Non ci illudiamo che sia una soluzione definitiva, ha concluso: il percorso verso il Terzo Statuto è ancora lungo, ma questo disegno di legge costituzionale rappresenta un passo necessario e significativo. È l’occasione per ripartire, per difendere e per accrescere il nostro modello di Autonomia.

Paccher: soddisfazione
Roberto Paccher (Lega) ha svolto alcune considerazioni politiche di risposta alle critiche delle minoranze. Ha ricordato al centro sinistra che la riforma del 2001 era stata fatta dal governo Amato e anche la sottrazione delle competenze è da attribuire ad un governo di centrosinistra, mentre ora la riassegnazione delle numerose competenze su materie strategiche come i grandi carnivori, il commercio, l’urbanistica ecc. vengono da un governo di centro destra. Possiamo essere soddisfatti, ha concluso, per una riforma che chiarisce il perimetro nel quale possiamo legiferare ed esprimo sostegno, solidarietà e apprezzamento per gli obiettivi centrati a tutela della nostra autonomia che ci permettono di essere ancora più vicini ai cittadini.

Fugatti: ciò che si è ottenuto non è cosa da poco
Fugatti ha considerato un segno di serietà istituzionale e riconoscimento della validità del percorso l’annuncio di voto favorevole delle minoranze. Ha parlato di affermazioni di benaltrismo, condivisibile, ma bisogna calarsi nella realtà. Ha citato la definizione Treccani di riforma: nessuno ha mai detto che si sta parlando di Terzo Statuto, detto ciò va capito cosa è importante in una riforma. Si è sentito chiamare il percorso “operazione chirurgica”, “modificazione statutaria”, “maquillage”: in tutte queste definizioni bisogna capire cosa è importante. Dal 2013 su questi banchi ho sentito dire che nello Statuto sarebbe bello avere la competenza sull’ambiente, ha detto il presidente, che ha detto anche di ricordare l’attività della Consulta. Un percorso interessantissimo che ha visto decine di riunioni e che ha riempito scaffali di biblioteche, utili ancora oggi da andare a leggere. Interessantissimo, ma risultato zero, si sono riempiti gli archivi, che si sono comunque letti in questo percorso. In questa riforma, ha proseguito, di sostanzioso ci sono la ricomposizione delle nostre competenze (un impegno che Meloni si prese nel 2022 nel discorso di insediamento), in tema di urbanistica, servizi e lavori pubblici, contratti pubblici e collettivi: è ciò che si doveva fare e che è stato fatto. Cosa accadrà dopo? Si vedrà, ha detto il presidente. Ha citato le audizioni in Terza commissione regionale: non tutti hanno detto la stessa cosa. Ha ricordato che la Corte costituzionale ci sarà sempre, ma quello che si doveva fare per cercare di ripristinare le competenze è stato fatto. Con un di più: il tema dei rifiuti, del commercio. Rispondendo alle critiche Fugatti ha ricordato un incontro avuto con un cittadino che gli ha detto “Te ciaceri poc”: a volte comunico ed enfatizzo poco, ha affermato, ma perché preferisco arrivare alla fine e dire eventualmente come stanno le cose dopo. Il testo depositato a Bolzano non si sapeva fosse depositato, poi lo abbiamo depositato: è stata l’unica volta, poi ogni volta che è stata chiesta un’audizione o si poteva consegnare un documento è stato fatto, ha precisato. Sull’intesa: non ci sono state le condizioni per ottenerla, ma si è ottenuto tutto ciò che si è ottenuto e l’intesa così come è stata scritta non è un sinonimo del parere. In mancanza dell’intesa è un’opzione, una possibilità, quella che il Parlamento ha di procedere. E il fatto che per le competenze acquisite si possa tornare indietro è un tema innovativo, ha aggiunto, che sicuramente che chi fa il dogmatico ci dice che deve essere sottoposto al parere della Corte Costituzionale, ma che è di certo un obiettivo ottenuto. Si è ottenuto ciò che è utile per un’autonomia come la nostra, qualcosa in più c’è sempre, ma quello che si è ottenuto non è cosa da poco. Fugatti ha concluso parlando di una scelta importante per lo sviluppo dell’autonomia. L’alternativa? Era fermarsi, ha detto e invece si è accettato un mondo positivo, più importante.

Valduga: qualche annuncio viene fatto
Sulla riservatezza del presidente Francesco Valduga (Campobase) ha detto di riconoscersi nel non affidarsi ad annunci. La sensazione, però, ha detto, è che qualche annuncio venga fatto, ad esempio sulle grandi opere o sui rapporti con lo Stato o sul futuro dell’A22 prima di capire ancora se certe partite si portavano a casa. Sul benaltrismo Valduga ha ricordato, in Commissione, di aver detto di stare attenti a non passare dal benaltrismo al benoltrismo. Sul “ben oltre” si fa qualche considerazione: si vuole essere sicuri che si sia andati ben oltre, che così il voto favorevole a una modifica migliorativa sia ancora più convinto. Per andare oltre si sono proposte delle osservazioni, non con la logica del benaltrismo, ma con l’idea di muoversi tutti assieme. Con realismo della politica e uno slancio a sognare qualcosa in più.

Soini: una “manutenzione straordinaria” importante
Il presidente Claudio Soini è intervenuto brevemente prima di chiudere la seduta, per commentare le svariate definizioni date a questa riforma. Tra tutte -si è parlato di restyling, di maquillage- l’unica interpretazione a suo avviso azzeccata è stata quella di Maestri che l’ha definita “manutenzione straordinaria”. “Una manutenzione straordinaria importante”, ha aggiunto.
Ultimo aggiornamento: 07/05/2025 00:57:11
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