BORGO VALSUGANA (Trento) - Alfredo Dall’Oglio diverrà beato. Riconosciuto il martirio del giovane operaio cattolico nativo di Borgo, emigrato in Francia e morto a 23 anni in un campo di lavoro a Berlino.
CHIESA TRENTINA
La Chiesa trentina avrà presto un nuovo beato. Si tratta di Alfredo Dall’oglio, emigrato da Borgo Valsugana in Francia nel 1924 all’età di tre anni insieme alla famiglia, cresciuto a Parigi, attivo nella Gioventù operaia cattolica, ritrovatosi tra i lavoratori forzati in Germania allo scoppio della Guerra e morto martire nel campo di concentramento di Wühleide a Berlino nel 1944.
Di Alfredo Dall’Oglio, così come di altri 174 europei, eliminanti in odio alla fede dai nazisti o uccisi durante la Guerra civile spagnola, papa Leone XIV ha riconosciuto nei giorni scorsi il martirio, autorizzando un decreto in tal senso del Dicastero per le Cause dei Santi.
Di Dall’Oglio ha fatto memoria nell’autunno scorso, nell’ottantesimo della sua morte, il Comune di Borgo Valsugana con la posa di una pietra d’inciampo davanti alla casa natale e un recital biografico su testo scritto da don Piero Rattin, replicato a Trento nel mese di maggio.
Alfredo Dall’Oglio, chiamato semplicemente Fredo, in Francia si era ben inserito nel mondo del lavoro, aderendo nello stesso tempo alla JOC – Gioventù Operaia Cattolica – di cui divenne ben presto uno dei dirigenti.
“Egli intuisce chiaramente la pericolosità dell’ideologia nazista e ne mette in guardia i gruppi di cui è responsabile”, commenta don Piero, appassionatosi alla figura di Dall’Oglio.
Costretto con molti altri coetanei al lavoro obbligatorio in Germania, nel 1943 si ritrova operaio in una fabbrica della zona di Berlino. Di quel periodo vi è traccia nella fitta corrispondenza con la sua famiglia, la fidanzata Odette, il suo padre spirituale. “Stupiscono – annota don Rattin sulle pagine di Vita Trentina nel numero scorso – lo spirito di fede, la serenità d’animo e la profondità dei sentimenti che traspaiono da quelle lettere. Si ritrova un carattere gioviale, un carisma da leader, capace di attrarre, stimolare, trascinare”. Egli anima e sostiene con opportune iniziative i compagni di lavoro suoi connazionali, dislocati in altre fabbriche della stessa regione.
Un’attività che non sfugge alla Gestapo: il 6 giugno 1944 Fredo è arrestato, primo di una serie di laici e preti, in particolare francesi, che finiscono internati in campi di rieducazione.
“A detta dei sopravvissuti, nonostante il lavoro massacrante, gli interrogatori e le torture, per Fredo rimangono inalterati – spiega don Piero – il suo coraggio di testimone cristiano e la capacità di infondere serenità e fiducia tra i compagni di prigionia”.
Il giovane di sangue borghesiano ne rimane inesorabilmente fiaccato nel fisico ma con grande fede – “i Martiri non hanno mai avuto paura di morire per Cristo” è solito ripetere – affronta coscientemente la sua fine, che sopraggiunge il 31 ottobre 1944, nel lager di Wühleide. Aveva solo 23 anni.
Il riconoscimento del suo martirio, comprovato dall’autorità della Santa Sede, apre la via alla beatificazione che ora non dovrebbe tardare.