TRENTO - È stato firmato, presso il Dipartimento Salute e Politiche Sociali della Provincia autonoma di Trento, l’accordo sindacale che disciplina il passaggio del personale della Residenza Fersina dalla cooperativa Kaleidoscopio alla nuova affidataria Leone Rosso.

A sottoscriverlo, le organizzazioni sindacali FP CGIL, FISASCAT-CISL e UILTuCS del Trentino-Alto Adige/Südtirol, insieme alle due cooperative. L’intesa garantisce l’assunzione a tempo indeterminato per le lavoratrici e i lavoratori attualmente in forza, senza periodo di prova, con il pieno mantenimento di livello, orario, tipologia contrattuale e anzianità. Vengono inoltre salvaguardate la rappresentanza sindacale e le deleghe esistenti, ed è prevista la possibilità di assistenza da parte delle organizzazioni sindacali in fase di sottoscrizione dei nuovi contratti. I sindacati hanno infine rivendicato il mantenimento delle retribuzioni annue lorde (RAL) attualmente in godimento. «Abbiamo garantito stabilità e continuità. Ma non possiamo più accettare che il sistema venga gestito come un’emergenza perenne» dichiarano congiuntamente Stefano Picchetti (UILTuCS), Fabio Bertolissi (FISASCAT-CISL) e Alberto Bellini (FP CGIL).
«La Provincia continua ad affrontare il tema dell’accoglienza con superficialità e logiche a breve termine.
È una gestione pressapochista, che scarica le incertezze sulle spalle di chi lavora e di chi viene accolto.> Il percorso che ha portato alla firma di oggi è stato tutt’altro che lineare. Dal 3 aprile le lavoratrici e i lavoratori della Residenza Fersina, insieme a quelli delle strutture Adige e Brennero, avevano proclamato lo stato di agitazione, sospendendo prestazioni straordinarie e chiedendo attenzione istituzionale. Il 7 maggio una delegazione è stata ricevuta dal Consiglio provinciale, portando alla luce le profonde criticità operative e organizzative del sistema trentino «Rinchiudere oltre 250 persone in un’unica struttura è l’opposto dell’accoglienza» denunciano i tre segretari.
«La Fersina è diventata un hub di contenimento, non un luogo di accompagnamento. E questo è il cuore del problema: il cosiddetto “modello Trentino” non è un’eccellenza, è un’anomalia. Peggiore rispetto a quanto avviene nel resto d’Italia.» Se da un lato l’accordo odierno rappresenta una vittoria sindacale e un atto concreto di tutela dei diritti, dall’altro conferma la necessità urgente di un cambio di paradigma. Le organizzazioni sindacali continueranno a esercitare pressione politica e vigilanza costante. «Abbiamo fatto la nostra parte. Ora tocca alla Provincia fare la propria, uscendo dall’improvvisazione e assumendosi la responsabilità di costruire un’accoglienza giusta, dignitosa, diffusa e umana».