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Obbligo defibrillatori negli impianti sportivi, Caparini: "Governo vuole scaricare costi su cittadini e associazioni"

Roma - "Prendiamo atto della volontà del governo di scaricare su cittadini ed associazioni i costi dell'adeguamento alla normativa che sancisce l’obbligo della dotazione dei defibrillatori semiautomatici negli impianti sportivi".


Lo afferma l'onorevole camuno della Lega Nord Davide Caparini commentando la risposta del Ministero della Salute all'interrogazione presentata nei giorni scorsi per sapere quali iniziative il Governo intendesse intraprendere per agevolare la formazione e l’acquisto dei defibrillatori, resi obbligatori per legge, senza pesare in alcun modo sulle associazioni volontarie che già tanto fanno per la promozione dello sport di base.caparini 1


Rispondendo a Caparini il sottosegretario alla Salute, Vito De Filippo, ha affermato che "l'onere della dotazione del defibrillatore e della sua manutenzione è a carico della società” che eventualmente potrebbe "demandare l'onere della dotazione e della manutenzione del defibrillatore al gestore dell'impianto sportivo".


"Nella sua "non risposta" - evidenzia Caparini - il ministero si è limitato a ribadire gli stessi concetti da me espressi, evitando però di entrare nel merito sulla questione economica. E' palese che il defibrillatore possa essere acquistato anche da chi gestisce l’impianto sportivo, ma quello che il governo non sa o finge di non sapere è che in molti casi, soprattutto nelle piccole realtà, il gestore dell'impianto è la stessa società sportiva, quindi il problema dell’esborso economico in capo a queste ultime rimane."


Di seguito il testo dell'interrogazione ed in allegato la risposta del ministero
Interrogazione a risposta scritta 4-11702


CAPARINI. – Al Ministro della salute .

– Per sapere – premesso che:
dal 20 gennaio 2016 tutte le società sportive, anche dilettantistiche, dovranno disporre di un defibrillatore semiautomatico (DAE o AED) e di personale adeguatamente formato durante le partite e gli allenamenti («decreto Balduzzi»);


l’adeguamento da parte delle associazioni sportive dilettantistiche al «decreto Balduzzi» in materia di «salvaguardia della salute dei cittadini che praticano attività sportiva agonistica, non agonistica o amatoriale…» rischia di generare notevoli difficoltà spingendo alla chiusura le realtà meno attrezzate dal punto di vista organizzativo;


in particolar modo la modifica alla normativa crea grossi problemi organizzativi alle piccole strutture tennistiche palesemente penalizzate e, al contrario, di conseguenza agevola i grossi circoli;


tutte le associazioni e società sportive, anche dilettantistiche, ad eccezione di quelle «che svolgono attività sportiva con ridotto impegno cardiocircolatorio, quali bocce (escluse bocce in volo), biliardo, golf, pesca sportiva di superficie, caccia sportiva, sport di tiro (lancio del piattello, tiro con l’arco, e altro), giochi da tavolo e sport assimilabili» saranno soggette agli obblighi del decreto;


la normativa non pone vincoli numerici, ma deve essere garantita la presenza di personale formato sia durante le partite, sia durante gli allenamenti;


ad esempio, potrebbe essere sufficiente, per assolvere agli obblighi di legge, formare solo l’allenatore (se la sua presenza fosse garantita durante tutte le attività) oppure gli assistenti, dirigenti e/o qualche giocatore, in modo da garantire sempre la presenza di almeno una persona preparata. Purtroppo, ci sono molti soggetti di formazione, più o meno seri, che propongono pacchetti di formazione che non hanno i requisiti previsti dalla legge per poterlo fare;


le strutture interessate finora gestite amatorialmente e grazie al supporto di associazioni sportive in genere dal 20 gennaio 2016 non sono più messe in grado di operare, con un evidente danno sociale ed economico per la collettività;
una delle contraddizioni si evince da come appaia impensabile prevedere la garanzia della incolumità fisica ad un podista, che pur tesserato FIDAL, da amatore si alleni al di fuori di strutture sportive e come non sia obbligatoria la presenza di DAE nelle scuole medie e superiori dove l’educazione fisica è una materia praticata come di fatto nelle associazioni sportive;


appare evidente quindi la inadeguatezza del sistema formativo che: 1), non segue le linee guida internazionali AHA o ERC; 2) non si basa su una didattica la cui qualità sia riconosciuta (come ad esempio l’American Heart Association, che ogni anno forma 13 milioni di persone in tutto il mondo); 3) non è accreditato nella regione o provincia autonoma dove si svolge l’attività sportiva; 4) non dispone di istruttori certificati e riconosciuti dalla regione /provincia autonoma (alcune regioni/province autonome – come quella di Trento – ad esempio, hanno un albo degli istruttori autorizzati, generalmente disponibile online);


dato che il defibrillatore deve essere presente e può essere acquistato dalla società sportiva, da un gruppo di società sportive o da chi gestisce l’impianto sportivo (in questi ultimi due casi, il defibrillatore può essere condiviso tra più società sportive che condividono gli stessi spazi per le proprie attività) e in ogni caso, ciascuna società sportiva deve assicurarsi (e ne è responsabile) della presenza del defibrillatore e di personale formato, si pone il problema dell’esborso economico –:


quali iniziative il Governo intenda intraprendere per la corretta applicazione della norma agevolando la formazione e l’acquisto delle attrezzature senza pesare in alcun modo sulle associazioni volontarie che già tanto fanno per la promozione dello sport di base.

Ultimo aggiornamento: 14/02/2016 16:42:05
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