Dimaro Folgarida - Continue chiusure inefficaci e controproducenti nella lotta al coronavirus, decisioni smentite nei fatti nel giro di pochi giorni, sostegno economico inadeguato e una mancanza totale di prospettiva per il futuro con altri mesi di incertezza: queste le accuse della maggior parte del mondo economico alla politica, col lockdown di Natale ad aggravare ulteriormente una situazione molto delicata. Anche i pubblici esercizi trentini si accodano alla protesta con l'ennesimo grido di allarme con una situazione che potrebbe diventare ancora più tragica nel caso di blocco alla stagione turistica almeno fino a febbraio come ipotizzato da membri del Governo nelle ultime ore.
GRIDO DI ALLARME
Il grido di allarme è lanciato da Fabia Roman, presidente dell’Associazione Pubblici esercizi del Trentino, aderente a Confcommercio. Le imprese hanno subito un nuovo stop in seguito al decreto Natale, che va ad aggiungersi alle numerose limitazioni degli ultimi mesi. "Il Governo con questa decisione, ha messo definitivamente in ginocchio un settore fondamentale per i valori economici che esprime. Il periodo Natalizio, autonomamente considerato, vale il 20% del nostro fatturato annuo. Il costo di questa chiusura rischia di essere irreversibile".
La presidente dell’Associazione Fabia Roman ritiene inadeguati i sussidi del governo messi a disposizione per i ristoranti e i bar nell’ultimo decreto: "La previsione di forme di ristoro è stata accolta con un cauto ottimismo dal nostro settore. A non convincerci sono i metodi e i tempi di erogazione del contributo. La riparazione del danno causato alle nostre aziende, dal blocco delle attività, deve avvenire integralmente. Non si può pensare che un assegno parametrato sui mancati incassi di aprile possa bilanciare le perdite delle festività Natalizie".
"La crisi di liquidità delle nostre attività non trova la propria causa nel lockdown, ma nell’assenza di misure adeguate a riparare le perdite e nella lentezza dei tempi di erogazione dei ristori. L’emergenza sanitaria ha stravolto un comparto che, già prima della pandemia, era in forte sofferenza.