Sondrio - Il Prefetto di Sondrio ha presieduto in videoconferenza la riunione della II sezione della Conferenza provinciale Permanente, “Sviluppo economico e attività produttive”, alla quale hanno partecipato il Segretario Generale della Provincia di Sondrio in rappresentanza del Presidente, il Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco, il Direttore della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura, il Direttore dell’Agenzia delle Entrate, il Direttore dell’INPS, il Direttore dell’INAIL, i rappresentati della Banca Popolare di Sondrio e del Credito Valtellinese, i rappresentanti delle Associazioni imprenditoriali di categoria e delle Organizzazioni sindacali, il Presidente dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, nonché i rappresentanti del Nucleo di Supporto di cui al DPCM del 26 aprile scorso.
Per quanto concerne gli infortuni sul lavoro, il direttore dell’INAIL, nel comunicare che alla data del 27 maggio 2020 ha ricevuto 319 denunce di infortunio da COVID-19, di cui uno mortale, ha evidenziato che i datori di lavoro hanno sollevato alcuni dubbi circa la responsabilità civile degli stessi, ai sensi degli articoli 10 e 11 del T.U. n. 1124/1965 per gli infortuni da COVID-19 che, seppur indennizzati dall'INAIL, potrebbero essere richiesti a titolo di rimborso dallo stesso Ente. Tali incertezze permangono nonostante le indicazioni riportate dalla circolare esplicativa n. 20 del 21 maggio scorso dell’Istituto previdenziale, a mezzo della quale è stato chiarito che la predetta infezione, se contratta in occasione di attività lavorativa, è tutelata dall’INAIL quale infortunio sul lavoro, anche in caso di pandemia causata da un diffuso rischio di contagio per tutta la popolazione; pertanto, gli oneri degli eventi infortunistici del contagio non incidono sull’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico dell'azienda, ma sono posti a carico della gestione assicurativa nel suo complesso e conseguentemente non comportano maggiori aggravi economici per le imprese. L’attivazione dell’azione di regresso da parte dell’istituto non si basa sul semplice riconoscimento dell’infezione da Coronavirus; essa presuppone l’imputabilità a titolo, quanto meno di colpa, della condotta causativa del danno; in assenza di una comprovata violazione, da parte del datore di lavoro, delle misure di contenimento del rischio di contagio di cui ai protocolli o alle linee guida previste dall’art. 1, comma 14 del decreto legge 16 maggio 2020, n. 33, sarebbe molto arduo ipotizzare e dimostrare la colpa del datore di lavoro.