Preparare la moka del caffè, colorare una forma o afferrare un oggetto: gesti semplici e familiari che, grazie alla realtà virtuale, diventano parte di un percorso riabilitativo. Ha preso il via all’Istituto Clinico Quarenghi di San Pellegrino Terme la sperimentazione in collaborazione con l’Università degli studi di Bergamo che utilizza i videogiochi al fine di supportare i pazienti neurologici nel recupero della funzionalità di mano e braccio. La piattaforma permette di registrare le azioni svolte dal paziente durante il “gioco”: attraverso un computer dotato di software collegato a un dispositivo ottico a infrarossi, i movimenti vengono convertiti in dati clinici che permettono di monitorare il recupero e personalizzare gli esercizi in tempo reale.
La sperimentazione coinvolgerà complessivamente 34 persone con differenti patologie neurologiche: in particolare si concentrerà su pazienti che, a seguito di ictus, traumi cranici o lesioni midollari oppure nei casi di sclerosi multipla, Parkinson o malattie cerebellari, hanno perso la funzionalità dell’arto superiore.
La piattaforma è stata sviluppata da Ivana Mostachetti, dottoranda dell’Università degli studi di Bergamo, nell’ambito del dottorato di ricerca Health & Longevity coordinato dalla prof.ssa Caterina Rizzi. Il progetto è diretto in clinica da Giampietro Salvi, neurologo, con la collaborazione di Fabrizio Togni, fisioterapista, e Sabrina Frigerio, terapista occupazionale.
«La ricerca - commenta Ivana Mostachetti, 28 anni di Camerata Cornello - nasce dalla mia precedente tesi magistrale in Engineering and Management for Health. Ora si è evoluta in un percorso di ricerca in grado di unire ingegneria biomedica con analisi del movimento e riabilitazione clinica. Abbiamo sviluppato un software, installato su un normale computer, che interagisce con un dispositivo ottico a infrarossi (Leap Motion Controller). Quest’ultimo rileva i movimenti tridimensionali della mano e del braccio. Il paziente esegue le azioni richieste dal videogioco, interagendo con ambienti virtuali che riproducono azioni di vita quotidiana o situazioni ludiche: accendere un fornello, spostare oggetti, colorare figure o colpire bersagli, come il classico videogame “Acchiappa la talpa”».
Le azioni vengono registrate in tempo reale e tradotte in dati clinici (come velocità, precisione e ampiezza) consentendo al personale sanitario di monitorare l’andamento del recupero funzionale dell’arto e di adattare gli esercizi alle capacità individuali.
«Oltre alla fisioterapia, che costituisce la base del trattamento riabilitativo per pazienti con trauma cranico, ictus, sclerosi multipla e malattia di Parkinson - commenta il neurologo Giampietro Salvi - la tecnologia è una fonte aggiuntiva di stimolazione motoria, offrendo un ulteriore supporto a terapie manuali ed esercizi. Per quanto riguarda la stazione eretta e il cammino disponiamo già di diversi ausili validati. Al contrario, nell’ambito dell’arto superiore e della mano, le innovazioni disponibili sono ancora limitate. La sperimentazione che stiamo conducendo nasce proprio con l’obiettivo di colmare questo vuoto, con la finalità ultima di favorire il recupero del movimento di braccio e mano, creando le condizioni per un miglioramento reale nella qualità della vita quotidiana, attraverso un percorso che non si limiti al periodo trascorso in clinica, ma anche successivamente».
In prospettiva, la piattaforma potrà essere utilizzata anche per la teleriabilitazione, permettendo ai pazienti di proseguire il programma da casa sotto la supervisione dei professionisti dell’Istituto. In questo modo, la continuità terapeutica potrà essere mantenuta anche dopo la dimissione, con un controllo costante dei progressi e un miglioramento dell’aderenza al percorso di cura.
«La collaborazione con l’Istituto Clinico Quarenghi, più in generale, con gli operatori del settore sanitario, rappresenta per noi un’opportunità concreta per validare sul campo le tecnologie che sviluppiamo - afferma la prof.ssa Caterina Rizzi, coordinatrice del dottorato in Health and Longevity dell’Università degli studi di Bergamo - Queste sinergie consentono di integrare competenze complementari: da un lato il know-how tecnologico, dall’altro la conoscenza clinica. L’obiettivo comune è progettare soluzioni realmente orientate alla persona, sia come staff medico-riabilitativo, sia come utente finale, il paziente. La sperimentazione attualmente in corso va in questa direzione: insieme ai pazienti dell’Istituto Clinico Quarenghi stiamo sperimentando un dispositivo per la riabilitazione dell’arto superiore, con l’intento di valutare l’efficacia non solo durante il percorso riabilitativo in struttura, ma anche nella fase successiva alle dimissioni, giungendo a una tecnologia semplice da usare in autonomia e sostenibile anche economicamente».
Lo studio, che proseguirà fino a settembre 2026, permetterà di rapportare l’efficacia dei serious game rispetto ai metodi convenzionali, misurando in modo oggettivo la qualità e la velocità del recupero motorio. Oltre ai benefici clinici, ci si attende un impatto positivo sul coinvolgimento dei pazienti e sulla sostenibilità dei percorsi di cura, grazie alla possibilità di svolgere parte delle sedute in autonomia al domicilio e di ridurre gli spostamenti.
Questa attività si inserisce in un percorso di ricerca che l’Istituto Clinico Quarenghi porta avanti dal 1990: «In questi anni abbiamo pubblicato oltre 80 lavori scientifici - sottolinea Salvi - e collaborato con istituzioni accademiche e centri di ricerca di alto profilo, tra cui l’Università di Innsbruck, l’Université Paris Cité, l’ETH Zürich-Politecnico federale di Zurigo, l’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e ICS Maugeri di Pavia. Accanto alla ricerca di tipo tecnologico, sviluppiamo da tempo anche un filone dedicato agli aspetti umani della neuroriabilitazione, in collaborazione con EBIS - European Brain Injury Society di Bruxelles. È un ambito che approfondisce le difficoltà che il paziente incontra nel ritorno a domicilio: problematiche psicologiche, cognitive, comportamentali e sociali che possono persistere a lungo e avere un impatto significativo sulla vita della persona e della famiglia. Si tratta di problemi complessi, che durano nel tempo e richiedono un approccio multidisciplinare. Anche questa è ricerca, ed è una parte essenziale del nostro lavoro».
Ultimo aggiornamento:
11/12/2025 17:26:46