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Trento: politiche per l’ambiente, fotovoltaico e sostenibilità al Festival dell’Economia

venerdì, 25 settembre 2020

Trento – Un tetto al consumo dei combustibili fossili che ponga un freno al riscaldamento globale, porre fine allo sfruttamento dei giacimenti petroliferi, usare tecnologie pulite, non penalizzare i Paesi poveri che sono costretti all’uso dell’energia per crescere, investire per combattere il cambiamento climatico: sono alcuni, fondati, suggerimenti che Rick van der Ploeg, Docente a Oxford con interessi di ricerca su macroeconomia e finanza pubblica (in particolare per l’economia delle risorse naturali) e con lunga esperienza in ambito politico ha presentato oggi al Festival dell’Economia di Trento.

vdSecondo l’economista, che è stato anche Ministro per la scienza e la cultura dei Paesi Bassi, sono molti gli ostacoli che impediscono di attuare politiche efficaci a contrasto del cambiamento climatico. Il tempo sta per scadere: abbiamo solo trent’anni a disposizione per impedire l’innalzamento della temperatura terrestre di due gradi, con le disastrose conseguenze che comporta, ha spiegato van der Ploeg: servono investimenti economici, ma anche un cambiamento sociale.

Oltre alla tassa sulle emissioni di anidride carbonica, che dovrebbe essere di gran lunga più alta di quella solitamente ipotizzata per funzionare efficacemente, sono necessari appunto maggiori investimenti (intorno all’1-2% del Pil di ogni Paese) e il fermo totale delle nuove estrazioni petrolifere: un terzo del petrolio dovrebbe rimanere nel sottosuolo, come l’80% del carbone. Le previsioni portano a un picco dei consumi di queste fonti energetiche nei prossimi 10 anni, per poi ipotizzare un crollo, legato a diversi fattori che l’attuale pandemia ha accelerato. La tendenza, però, nella politica di molti Paesi è quella di procrastinare le decisioni ambientali, inoltre non avrebbe senso intervenire solo in alcune aree del mondo, come ad esempio in Europa, mentre altri Paesi che non hanno intenzione di limitare le emissioni e i consumi ne trarrebbero solo vantaggio economico. Serve dunque una soluzione globale, politiche ambientali adottate con sufficiente rigore e la consapevolezza che i Paesi più poveri non possono pagare per i più ricchi. L’economista ha poi affrontato la grave questione della corruzione e delle lobby dello sfruttamento energetico, le problematiche dovute alla necessità di ampi spazi per lo sviluppo dell’eolico o del solare (suggerendo, ad esempio, all’Italia il posizionamento degli impianti eolici in mare), la negatività di certe politiche non risolutive di incentivazione, lo scetticismo riguardo ai cambiamenti climatici. Su questo punto, stimolato anche dalle domande arrivate dal pubblico che seguiva l’evento a distanza, van der Ploeg, si espresso chiaramente, mettendo in guardia dalle fake news: “Siamo in un mondo dove le narrazioni valgono moltissimo”, ha concluso, “ma la società deve cambiare perché il problema è planetario. Dovremmo chiederci cosa faremo quando vaste aree del nostro pianeta saranno desertificate”.

Il sole, vera energia del mondo: il fotovoltaico destinato a un forte sviluppo

terminiAmbiente e crescita, tema di questa edizione del Festival dell’Economia, si conciliano alla perfezione con le fonti rinnovabili e i loro modelli energetici. Lo hanno sostenuto con decisione gli ospiti all’incontro dal titolo “Il sole, vera energia del mondo”. Coordinati da Paola Pica, sono intervenuti Valeria Termini (professoressa ordinaria di Economia politica all’Università Roma Tre), Diego Percopo (amministratore delegato di EF Solare Italia) ed Edoardo Zanchini (vicepresidente nazionale di Legambiente). In un periodo storico segnato dalla transizione energetica verso un modello basato sulle fonti rinnovabili, il pianeta scopre potenzialità e sviluppi dell’energia solare.

Le fonti rinnovabili contribuiscono sia alla salvaguardia dell’ambiente che alla crescita economica dei paesi. È stata questa la stella polare che ha guidato l’appuntamento di questo pomeriggio sulla vera energia del mondo: il sole.

Ad aprire il dibattito è stata Valeria Termini, una delle massime esperte di energia in Italia. La coordinatrice dell’incontro Paola Pica ha posto la domanda chiave: stiamo veramente abbandonando il secolo del petrolio?

“Stiamo attraversando un periodo di transizione – ha affermato Valeria Termini – è un fatto epocale, si tratta della terza trasformazione energetica che ha trasformato l’umanità, dopo l’avvento del carbone e del petrolio. Quella a cui stiamo assistendo è una transizione verso un nuovo modello energetico che combina l’uso delle fonti rinnovabili con la rivoluzione digitale e il supporto del green gas. Il petrolio rimane un’importante fonte di energia, perché le transizioni durano molti anni. Questa è partita negli anni ’70, quando si è intuito la vulnerabilità economica del petrolio e il danno causato dalle emissioni di Co2”.

Valeria Termini spiega come le fonti rinnovabili abbiamo dimostrato una resilienza superiore rispetto alle altre fonti in seguito allo scoppio della pandemia da coronavirus, il che è un segnale positivo della tenuta del sistema delle fonti rinnovabili. “Attenzione, però – ammonisce Termini – dopo la pandemia si è visto che le emissioni sono crollate, ma allo stesso tempo sono crollati anche reddito e occupazione. Quindi la crescita che ricerchiamo deve essere sostenibile”.

Come in ogni cambiamento anche questa transizione presenta delle criticità (la professoressa cita il caso delle auto elettriche e la realizzazione delle batterie), ma questo modello ha il pregio di essere più democratico, riducendo ad esempio le entrate del petrolio che finiscono nelle tasche degli sceicchi, togliendo molto potere alle autocrazie locali.

Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente, ha parlato delle comunità energetiche: un territorio autosufficiente sotto il profilo energetico dove cittadini, imprese o enti pubblici si associano volontariamente per produrre e scambiare energia, partecipando alla gestione di impianti di produzione e rete di distribuzione. “Sono un’innovazione enorme. Le norme energetiche nel nostro paese stanno cambiando, grazie alla nuova direttiva europea che invita più soggetti a mettersi assieme creando comunità, producendo energia e distribuendola. In questo modo si mettono assieme fonti rinnovabili ed efficienza energetica. Si tratta di un modello distribuito, che mette al centro il territorio, ed è molto più democratico”.

Zanchini parla poi dell’applicazione del fotovoltaico in agricoltura, “una sfida che la transizione ci pone”, affermando come nei prossimi anni le installazioni dei pannelli solari dovranno quadruplicare, per raggiungere l’obiettivo di avere una produzione energetica proveniente da fonte rinnovabili superiore al 50% entro il 2030. “Servono regole chiare su dove realizzare questi impianti e capire che bisogna puntare sulla distribuzione di risorse per incentivarne la realizzazione” ha concluso il vicepresidente di Legambiente.

Diego Percopo, amministratore delegato di EF Solare Italia, ha spiegato in cosa consiste il lavoro della sua azienda. “Produciamo e vendiamo energia elettrica proveniente da fonti solari, operando in un settore che ha un potenziale di investimento enorme. L’Italia deve fare delle scelte molto coraggiose: dobbiamo investire su un’educazione culturale e civica verso le fonti rinnovabili, visto che su questo settore c’è ancora diffidenza. Dobbiamo superare l’immobilismo della pubblica amministrazione e porre l’attenzione sul tema delle autonomie delle regioni e delle loro responsabilità”.

Quanto spazio serve per l’installazione dei pannelli solari? “Serve uno spazio sempre più piccolo rispetto al passato – ha spiegato Percopo – una decina di anni fa avevamo dei pannelli che producevano 200 watt. Oggi, a parità di superficie occupata, abbiamo una potenza pari a 500 watt. Il problema rimane dove posizionarli, però abbiamo tante superfici utilizzabili e quindi la soluzione è dietro l’angolo”.

La sostenibilità che genera valore

Ne è passato di tempo da quel 1950 quando Milton Friedman indicava nella massimizzazione dei profitti l’unica responsabilità sociale. Negli anni tale definizione si è evoluta e oggi un’impresa che adotta un comportamento socialmente responsabile, che valuta e risponde alle aspettative economiche, ambientali e sociali di tutti i portatori d’interesse, coglie anche l’obiettivo di conseguire un vantaggio competitivo. Il mondo delle imprese e della finanza sembra aver correttamente interpretato questa prospettiva. Ed anche la tabella di marcia del Green Deal europeo pone al centro le problematiche climatiche e le sfide ambientali, che debbono trasformarsi in opportunità in tutti i settori politici così da rendere la transizione equa e inclusiva per tutti. A supporto naturalmente c’è anche la rapidissima evoluzione delle tecnologie. Al Festival dell’Economia di Trento un dibattito, moderato dal giornalista Massimo Gaggi, su tematiche tanto più attuali quanto lo sono le emergenze climatiche, ambientali e pandemiche che stiamo vivendo.

Stefano Pogutz – Ricercatore, Dipartimento di Managemet e Tecnologia, Università Bocconi di Milano – ha spiegato che il concetto Corporate Sustainability si muove all’interno degli organismi economici, e quindi anche delle imprese, prendendo a prestito dalle scienze ecologiche parametri come la resilienza, l’adattabilità e la sostenibilità. Ma se fino a qualche anno fa era costituito come un ambito a sé stante, oggigiorno i temi sociali e ambientali, così come il clima e la transazione energetica, diventano parte integrante, lo scopo e la strategia di numerose aziende, sempre più spesso al centro dello sviluppo di modelli innovativi e di successo. Sono concetti permeati anche negli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu, e compaiono nel linguaggio di manager che hanno grande appeal verso l’esterno (un esempio Francesco Starace, a.d. Enel Group) e sono in grado di dirottare le imprese verso nuove prospettive. Così come sempre più spesso le ONG lavorano a stretto contatto con le imprese in una condivisione di conoscenze e unità di intenti. Tutto questo perché a certe condizioni paga essere sostenibili: aumentano le opportunità, si rafforza la reputazione, le aziende attirano giovani talenti e migliorano l’efficienza dei processi, con riduzione di sprechi e costi, guadagnando l’attenzione del mondo finanziari più incline verso le imprese che dimostrano una migliore gestione del rischio (a lungo termine, ma anche del cosiddetto “rischio climatico”).

Innocenzo Cipolletta, intervenuto in qualità di Presidente ASSONIME (l’associazione fra le società italiane per azioni. Si occupa dello studio e della trattazione dei problemi che riguardano gli interessi e lo sviluppo dell’economia italiana) e di AIFI (l’Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt), ha posto l’accento sugli standard di misurazione della sostenibilità delle imprese. Dal 2021 – ha spiegato – tutte le società quotate in borsa hanno l’obbligo di presentare, accanto al bilancio finanziario, anche un rapporto “non finanziario” di sostenibilità. Ciò porterà ad una revisione del codice di comportamento che terrà conto del successo sostenibile nel lungo periodo dell’azienda. Una piccola rivoluzione che condurrà a un processo di convergenza su vari approcci, inclusa la capacità di dialogo con la clientela, gli investitori e la politica. Se le grandi imprese quotate sapranno adottare un comportamento di sostenibilità, questo a cascata si ripercuoterà sui fornitori e sul mondo della finanza. E poi le nuove generazioni e la comunità stessa. Tuttavia la convergenza di questi nuovi standard non potrà avvenire in un istante, ma servirà tempo per la standardizzazione e per la misurazione di un nuovo valore dell’impresa.

Elena Flor, Head of Corporate Social Responsibility Intesa Sanpaolo, ha dichiarato che “Le conseguenze della pandemia hanno reso ancora più evidente il significato che può assumere il ruolo di un’azienda privata a sostegno del bene comune. Il contributo di Intesa Sanpaolo ad una crescita sostenibile e inclusiva si esprime sia con programmi strategici di lungo periodo, sia con interventi puntuali e tempestivi come la donazione di 100 milioni alla sanità italiana durante l’emergenza Covid. La Dichiarazione consolidata non finanziaria, di cui tra pochi giorni pubblicheremo l’edizione semestrale redatta a titolo volontario, è uno dei documenti con cui diamo conto di questo impegno. Disegna un ritratto del Gruppo che accompagna e correda i risultati finanziari e che sottolinea la nostra attenzione ai temi di sostenibilità ESG” (l’engagement sugli aspetti ambientali, sociali e di governance).

Per Domenico Favuzzi – Presidente e Amministratore delegato di Exprivia (una società per azioni italiana che si occupa di progettazione e sviluppo di tecnologie software innovative e di prestazione di servizi IT per il mercato bancario, medicale, industriale, telecomunicazioni e Pubblica Amministrazione), la tecnologia è assolutamente a vantaggio della sostenibilità. Con una rapidità di evoluzione esponenziale, propria delle tecnologie. Su tutti la sanità digitale e la telemedicina, esplosa durante la fase di emergenza da Covid, ma anche la transazione energetica e l’espansione dell’elettrico e delle altre fonti rinnovabili, l’agricoltura di precisione, la robotica industriale a supporto della catena di fornitura e della riduzione di sprechi. I dispositivi IoT in questi ambiti di applicazione non vanno solo a vantaggio di una ottimizzazione di costi/benefici/energia, ma ottimizzano i processi grazie all’enorme quantità di dati raccolta. Anche la stessa tecnologia applicata allo smartworking, dopo una prima fase di adattamento, si sposterà sempre più su sulla qualità del lavoro da remoto. L’imprenditore che saprà cogliere questi vantaggi, avrà allora capito come impostare una strategia di sostenibilità ambientale a lungo termine e saprà continuare a generare valore, anche in periodi di emergenza com’è quello attuale.



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