Ora più che mai, a distanza di 8 mesi dall’iniziale insorgenza dell’epidemia sul nostro territorio, possiamo considerare la situazione purtroppo stabilizzata anche se l’andamento epidemico si manifesta “a picchi” misurati attraverso numero di cittadini contagiati, numero di cittadini positivi, di sintomatici, numeri di ricoveri ospedalieri, purtroppo numero di decessi e di relative ripercussioni sugli ambiti anche al di fuori di quello sanitario.
Inutile ribadire che tutt’oggi non può calare l’attenzione e che il tutto deve essere attentamente presidiato attraverso azioni specifiche e peculiari a seconda dell’ambito colpito (sanitario, economico, turistico, scolastico).
L’ambito delle RSA nei primi mesi dall’insorgenza ha occupato lo spazio decisionale del governo provinciale, non sempre condiviso da alcune forze politiche provinciali, delle istituzioni preposte e degli esperti coinvolti. Forte e denso è da sempre emerso l’effetto disumano che hanno avuto gli interventi definiti di protezione verso gli ospiti delle RSA in quanto popolazione fragile. L’aspetto che definiamo “disumano” ha avuto forte ripercussione in primis sugli ospiti che si sono visti isolati non solo dalla SARS ma anche dalle relazioni familiari e amicali che per anni sono state di sostegno agli interventi socio-assistenziali erogati dai professionisti che operano nelle strutture. Le ripercussioni hanno creato importanti ferite ,che non é detto che con il tempo guariranno ,anche sui familiari impossibilitati a ritornare ad ottenere una relazione di vicinanza con il residente. I familiari hanno accettato , non certamente in silenzio, di ottenere a piccole dosi la possibilità di rivedere il proprio caro attraverso una videochiamata inizialmente e attraverso il plexiglas successivamente. Una relazione sterile, distante, fredda , dove lo sguardo dell’uno verso l’altro era il veicolo di emozioni ma anche di disagio. Nemmeno la privacy é stata garantita perché ogni colloquio veniva presidiato dalla presenza di un operatore che doveva controllare che non vi fosse nessuna azione di vicinanza tra i due interlocutori.
I mesi estivi avrebbero potuto far recuperare quanto non si era potuto fare nei mesi primaverili attivando modalità di incontro tra familiare e ospite all’aperto , con l’utilizzo dei DPI ma a nulla sono servite le richieste pervenute dalla rete di familiari che in forma attiva sono stati promotori di interlocuzioni con l’Assessorato.
Dalla chiusura necessaria delle RSA sono passati ben 9 mesi , un lungo periodo per chi ha subito l’isolamento ma un lungo periodo anche per chi avrebbe dovuto programmare anche la ripresa di visite dei familiari pur nel rispetto della lotta alla pandemia.
Gli effetti dell’isolamento stanno quindi perdurando aggravati anche dal confinamento degli ospiti qual ora qualcuno di loro venga trovato positivo a Covid-19. Tale confinamento in molte strutture anziché attuarlo per compartimenti ( zona sporca e zona pulita) viene applicato impedendo agli ospiti di uscire dalle loro stanze inibendo quindi anche quelle poche attività di gruppo che in questi mesi hanno cercato di calmierare gli effetti dell’isolamento. Nelle stanze singole o doppie a seconda della situazione logistica della RSA gli ospiti devono rimanere nella loro stanza fino a quando il tampone non darà esito negativo con purtroppo tempi molto lunghi ( ben oltre i valore di 1,7 giorni che viene indicato dagli addetti ) per ottenerlo.
Ora é arrivato il tempo di occuparsi delle “persone” e non solo dei protocolli, delle linee guida, delle procedure, delle leggi e dei regolamenti. É il momento di ricordarsi che tutti questi atti stanno creando effetti sull’umore, il sonno, l’alimentazione dei nostri anziani e dei loro familiari", consigliera proviciale Patt, Paola Demagri (nella foto).