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Ricerca delle Acli sui redditi nella provincia di Trento

Penalizzati anche coloro che vivono in montagna, ceto medio in progressivo declino

TRENTO - La seconda edizione dell’indagine sui redditi realizzata dalle Acli Trentine e da IREF (Istituto di Ricerche Educative e Formative) ha messo in evidenza il progressivo peggioramento delle condizioni sociali ed economiche di vasti strati della comunità locale. Il report statistico presenta i dati riferiti ai redditi famigliari ricavati all’interno delle 81.959 dichiarazioni dei redditi presentate per l’anno fiscale 2023 tramite la rete dei CAF Acli nella provincia di Trento all’interno dei quali è stato ricavato un panel di 36.101 famiglie che per cinque anni consecutivi hanno presentato la dichiarazione dei redditi presso i servizi delle Acli Trentine.

Il divario di reddito fra i nati in Italia e i nati all’estero

Un primo dato sottolineato dall’indagine riguarda la differenza nel reddito medio percepito fra la popolazione residente e coloro che sono nati all’estero. Calcolando il reddito medio, il dichiarante nato in Italia dichiara mediamente la cifra di 26.896 euro annui contro una media dello straniero di 19.825 euro: 7.071 euro in meno pari al 26% di differenza. Cifre che pongono una serie di interrogativi, quantomeno sulle cause di un tale divario: innanzitutto, la natura dei lavori effettuati dagli stranieri in Trentino (operai, collaboratori agricoli e famigliari, camerieri) determina anche lo stipendio mensile, contrattualmente inferiore a quello di lavori più qualificati; in secondo luogo, il minor importo medio potrebbe risentire di un minor potere contrattuale degli immigrati nei confronti degli italiani al momento della stipula del contratto; non sfugge inoltre la possibile presenza di un'economia grigia, con uno stipendio costruito in parte con un regolare contratto di lavoro e in parte con un ammontare non dichiarato. Quale che sia tale ragione, appare ben chiara la condizione degli immigrati rispetto agli italiani in termini di trattamento salariale.

Altro dato significativo riguarda i dichiaranti dei comuni centrali, dove si trovano i maggiori servizi di carattere sanitario, educativo e dei trasporti e quelli residenti nei comuni periferici (aree montane) e intermedi dove tali servizi sono meno presenti.

Dall’analisi dei dati si nota immediatamente come passando dai comuni centrali verso i comuni periferici il reddito medio familiare diminuisca. In particolare, si passa dai 42.000 € dei redditi familiari di chi è domiciliato nei comuni centrali, ai 37.000 € dei comuni intermedi - con un calo di 4.800 € annui circa (-11%); ai 33.000 € dei comuni periferici - con una differenza di quasi 9.000 € rispetto ai comuni centrali (-21%). Questa classificazione risulta particolarmente significativa per la provincia di Trento, giacché quasi il 50% dei comuni della provincia sono classificabili come aree montane.

Anche in Trentino il ceto medio si impoverisce
Dall’analisi dei redditi famigliari emerge un ulteriore dato economico: il valore dell’Autonomia speciale non si riflette più come un tempo sui redditi e sul potere di acquisto delle famiglie. La cifra emerge dalla comparazione del reddito medio familiare della provincia di Trento, pari come detto a 26.900 euro circa e quello rilevato dalla media nazionale, pari a 26.443 euro, con una differenza minima di appena 500 euro annui.
Un ulteriore conferma arriva dai dati riferiti al progressivo declino del ceto medio come si evince dal confronto fra le dichiarazioni dei redditi del 2020 e quelle del 2024. Nel modello 730/2020, il 62% dei dichiaranti rientrava all’interno del ceto medio, a fronte di un 31% di dichiaranti di famiglie appartenenti al ceto più basso; e di un 7% di appartenenti al ceto più benestante. Tali percentuali si sono modificate nel tempo. Nella dichiarazione mod.730/2024, le famiglie di contribuenti trentini appartenenti al ceto medio sono scese dal 62% al 58%, un calo del 4%. A questo dato si aggiunge il peggioramento del ceto più basso: il ceto inferiore, infatti, è passato dal 31% del 2020 al 36% del 2024, un incremento di cinque punti percentuali, incremento che ha assorbito sia il calo del ceto medio che il calo del ceto superiore (-1%).

Spese sanitarie contingentate per la popolazione straniera
Il divario sociale ed economico fra i residenti e la popolazione di origine straniera si riflette anche nelle spese sanitarie portate in detrazione. Mediamente, una famiglia trentina detrae per spese sanitarie 896 euro l’anno, mentre nelle famiglie dei nati all’estero tale cifra si ferma ai 445 euro, con 451 euro di differenza, pari al 50% delle spese dichiarate. Una prima spiegazione potrebbe risiedere nel fatto che molti immigrati giungono nel nostro Paese senza una famiglia e di conseguenza registrano minori spese sanitarie, essendo giovani e single; una seconda ragione potrebbe risiedere nella minore cultura fiscale di chi è nato all’estero e non conosce le regole della fiscalità italiana; un ultimo elemento, comune a tutti i contribuenti di basso reddito, italiani o stranieri che siano, riguarda il sistema delle esenzioni per ragioni economiche, grazie al quale il costo delle prestazioni sanitarie viene in parte assorbito dall’intervento della sanità pubblica. Rimane comunque il fatto di un divario che disegna una mappa caratterizzata da differenze ed ineguaglianze che pesano sia a livello economico, sia sul piano della convivenza e della mancata integrazione.

La caduta del potere di acquisto riguarda tutte le categorie sociali

L’indagine descrive una situazione sociale ed economica in progressivo peggioramento e che colpisce tutte le classi sociali anche se è evidente, come sottolineato dai recenti dati di ISPAT, che le condizioni peggiori riguardano le fasce più deboli, con ben 60.000 trentini a rischio di povertà. Di fronte a questa difficile congiuntura le Acli Trentine ritengono fondamentale stabilire forme di confronto e collaborazione fra le istituzioni e le rappresentanze sociali ed economiche al fine di definire politiche di intervento, specie nei confronti delle emergenze sociali più evidenti. Preme ribadire a riguardo la necessità di misure urgenti relative al processo di integrazione della popolazione immigrata occupata nei vari settori economici e produttivi, al problema della casa, supportando le politiche abitative ed il ruolo di mediazione fra proprietari ed affittuari, nonché la necessità di riconoscere adeguati stipendi e potenziare le politiche attive del lavoro. Per quanto riguarda gli interventi di supporto alle fasce di popolazione più deboli, non possiamo che rilanciare le misure di supporto ed accompagnamento ad iniziare dall’estensione dell’assegno unico provinciale per le famiglie con figli inoccupati o ancora studenti fino ai 21 anni.
Ultimo aggiornamento: 31/05/2025 12:00:11
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